Andrea Paolella si è trasferito a vivere in Canada

Andrea Paolella si è trasferito a vivere in Canada

Andrea Paolella, reggiano, classe ’84, dopo la laurea in chimica e un dottorato non vedeva opportunità in Italia. Non trovava lavoro in nessuna Università italiana ed era scoraggiato. La determinazione l’ha portato alla ricerca di un post dottorato all’estero, per il quale aveva diverse scelte su dove andare a vivere . Oggi vive e lavora in Canada a Montreal, e ha da poco ricevuto il Premio Genio Vagante, un nuovo riconoscimento dedicato agli italiani all’estero che si sono distinti per carriera e intelligenza.

Ciao Andrea, ti va di presentarti ai nostri lettori?

Mi chiamo Andrea Paolella, sono originario di Reggio Emilia, e sono un chimico di formazione. Mi sono laureato all’Università di Bologna e poi ho svolto un dottorato di ricerca all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Come mai poi ti sei trasferito a vivere in Canada? C’era un motivo particolare?

Verso la fine del mio dottorato, nel 2013, mi sono sposato con Bernadett e ho avuto Rebecca, la mia prima figlia, ma in Italia non trovavo lavoro all’Università’.

Anche se non mi sento un genio comunque volevo continuare a fare ricerca e così sono arrivato a Montreal per un post dottorato su batterie agli ioni litio. Avevo anche possibilità di andare in Germania, ma parlando con mia moglie ci siamo detti: se proprio dobbiamo fare un salto tanto vale farlo grande e così abbiamo scelto il Canada.

Andrea Paolella si è trasferito a vivere in Canada

Sei partito solo o in compagnia? 

Sono arrivato a gennaio 2014 a Montreal. Faceva -20 gradi sotto zero. Una grande neve. Ero solo in un piccolo monolocale in Rue Durocher in centro a Montreal. A Laval viveva già mio zio Claudio Menni che mi ha fatto sentire a casa e ho una grande riconoscenza e affetto per lui e sua moglie Francine. Mia moglie e mia figlia mi hanno raggiunto solo dopo qualche mese. É stata una rivoluzione per tutti. Una rivoluzione che si è rivelata molto felice. Mio zio Claudio mi ha spiegato fin da subito come funziona il Canada: lavora forte e vedrai che qui ti troverai bene e così è stato.

Hai notato differenze culturali nel modo di vivere rispetto all’Italia? 

Non vedo delle vere differenze culturali. Tra Canada ed Europa non ci sono differenze a parte la lingua.  In Italia si vive tra gioia di vivere personale e una disperazione collettiva. Nessuno rinuncia a niente, anche a costo di dormire in garage perché l’italiano ama la vita disperatamente, ma a livello collettivo sente la fine vicina, anche se la fine che non arriva mai.

Il Canada ha molte più prospettive, molta più stabilità e forse per questo direi che e’ un paese molto più felice. Lo si vede già dall’attenzione che il governo ha verso le famiglie. Danno molti aiuti. Tra pochi mesi avrò una seconda figlia e vorrei averne una terza presto.

Andrea Paolella si è trasferito a vivere in Canada

E rispetto alla gestione della sicurezza e del mondo del lavoro? 

Incrociando le dita, direi che Montreal e’una città molto sicura. Nel 2017 poi la perfetta sicurezza non esiste manco alle Fiji. Un Paese perfetto per crescere una famiglia. Per quanto riguarda il lavoro poi qui non manca. Ma entrare in Canada non è semplice, e anche se si ha la fortuna di entrare non si diventa certo milionari. Il rapporto salario/costo della vita garantisce a tutti un vita molto più che dignitosa. Il Canada vuole persone molto specializzate nelle scienze tecniche e per loro c’è molto mercato.

Come emigrato europeo fuori UE, personalmente, cosa pensi della facilità per gli italiani di emigrare in Canada (ottenimento visto permanente e cittadinanza) rispetto alla alla medesima situazione per chi dall’estero emigra nella UE? 

Il Canada e’ un bellissimo paese. Sempre più gente vuole entrare. La cosa peggiore da fare è arrivare come turisti cercando lavoro. Così è impossibile. O si parte già con un’ offerta di lavoro (come è capitato a me), o si fa domanda di working holiday visa e si cerca lavoro, o si fa domanda di permanent residence, ma bisogna mettere in conto almeno due anni per il processo. Io ho avuto da poche settimane la residenza canadese permanente come lavoratore selezionato del Quebec. Dopo 3 anni come lavoratore.

Il Canada ti dice in pratica: vieni, se rispetti tutte le regole e i tempi, diventi sempre più uguale a un canadese. Un “permanent resident” ha gli stessi diritti di un canadese ma senza quello di voto. Non credo però che ci siano tanti canadesi che decidono di emigrare in Italia. Tutti quelli che conosco vedono l’Italia senza opportunità, se non quelle di un buon vino e un bel bagno al mare. Cerco di spiegare che l’Italia è di più di questo.

Andrea Paolella si è trasferito a vivere in CanadaDi cosa ti occupi oggi? 

Io ora sono ricercatore chimico nel gruppo di Karim Zaghib a “HydroQuebec”, che sarebbe un po’ l’Enel del Quebec.  Cerco di sviluppare nuovi materiali per le batterie litio-ione. Il mio è un lavoro che richiede molta creatività e spesso vado in crisi, ma mi difendo.

Senti la mancanza di qualcuno o qualcosa? Ritorneresti in Italia?

Dell’Italia, inutile dirlo, mi manca la mia famiglia che vive a Reggio Emilia. Mi manca girare nelle campagne verso il Po; Genova dove ho vissuto 4 anni; le passeggiate a Bologna. Mi mancano i miei libri. Ho ancora tanti buoni amici che sento con regolarità. Non lo avrei mai detto  prima di partire, ma io ora considero Montreal casa mia molto più di quanto possa considerare una qualsiasi altra città in Italia.

Il Canada mi ha dato tante opportunità e casa mia è la casa che mi accoglie. Ma io qui continuo a leggere libri in italiano e cercare italiani. Anche se amo l’Italia più di me stesso, in Italia mi sentirei però totalmente inutile e totalmente inascoltato. Anche se so che un piatto di minestra  lo rimedierei in un qualche modo.

Gli italiani che partono sono visti come dei temerari. In Italia fa molta più pena un ricercatore che va all’ estero di una famiglia di profughi che scappa dalla guerra, e la cosa non ha per niente senso. Non ha senso chiamare i ricercatori dei cervelli in fuga perché nessuno e’ in fuga. Non siamo in fuga da nessuna guerra. Io mi sento un viaggiatore. Viaggiando posso contribuire (nel mio piccolo) al Paese che mi ospita, imparando ogni giorno cose nuove. Prima o poi so che in Italia tornerò. Io davvero vorrei dare un contributo al mio Paese. Sto ancora pensando in quale modo. Forse portando il know-how che ho imparato qui.

Di Luisa Galati

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