Eleonora Mori: Aprire un ristorante a Dublino in Irlanda
Eleonora Mori, 37 anni, originaria della provincia di Brescia, un giorno si trova a fare i conti con un lavoro che non c’è più. Anche il compagno perde il lavoro. Ma a quel punto la disperazione diventa sfida: Eleonora la prova nell’”isola di smeraldo”, l’Irlanda. Oggi gestisce il suo locale e ha legato con gli irlandesi.
“…non e’ un ristorante, e’ entrare nella mia cucina, sedersi a tavola e sentire sapore di casa, chiunque entra lo sente e anche se il nome può creare smarrimento, vi assicuro che non e’ offensivo e non e’ rivolto ad altri che a me stessa: e’ riferito a chi ne ha viste talmente tante, da non aver paura di nulla, nemmeno delle critiche della gente. Non voglio dilungarmi molto raccontando del mio locale, ma preciso una cosa: a coloro che vedo fare le foto alla mia insegna, esco e ricambio il favore verso di loro..”
Ciao Eleonora, vuoi presentarti ai nostri lettori? Chi sei e cosa facevi prima di andare all’estero?
Come cominciare, vediamo, bhe.. ho (quasi) 37 anni, mi chiamo Eleonora, ma non ricordo da quando, tutti i miei amici e conoscenti mi chiamano Nora.
Ho vagato tanto prima di fermarmi e ancora, non sono certa di essere arrivata da qualche parte in modo definitivo.
Nasco da una famiglia di ristoratori, ho sempre lavorato in bar, osterie, per poi passare a ristoranti, con pausa per sposarmi, avere la mia prima figlia e pensare che il ruolo di casalinga non faceva per me, oltre che ad essere limitante a livello economico (sapete, quando lo stipendio si dimezza, e’ un po’ difficile mantenere un determinato standard), così ho iniziato a spostarmi su e giù dall’Italia stagionalmente, seguivo il sole, fino a quando un giorno, le sicurezze e la famiglia che mi ero costruita, si sono spezzate sotto il peso dei vari periodi di lontananza, la crisi economica che cresceva e io che ne sentivo tutto il peso.
Decisione drastica, dopo la fine del mio matrimonio, ricominciare.. da zero, partire, ma l’idea dell’estero a lungo termine non mi sfiorava, ero stata su navi, avevo vissuto in mare per tempo e avendo mia figlia al seguito, era una cosa da escludere.
Dopo aver traslocato a varie centinaia di km da dove sono nata e cresciuta (provincia di Brescia, sulle sponde del Lago Di Garda) in una città come Torino, mi sono ritrovata a fare i conti con datori di lavoro che sfruttavano, sottopagavano o peggio ancora, promettevano di pagare (e ovviamente, non avveniva), una sera, facendo i conti, ho calcolato che non ci avrei messo molto a finire i pochi risparmi che mi rimanevano.
Ero disposta a tutto pur di provvedere a me stessa e a quella che nel frattempo era diventata la mia famiglia: un nuovo compagno, una gravidanza non semplice che mi ha regalato il minore dei miei figli, una suocera dolcissima e la mia salute che ha richiesto extra tempo e denaro per rimettermi in piedi, dovevo rimettermi al lavoro, la situazione era quasi catastrofica dato che anche il mio compagno (che lavorava senza alcun tipo di contratto), perse il lavoro.
Quella sera, alla fine di agosto, lessi un articolo che parlava della vita nell’ “isola di smeraldo” e tra le varie cose, scorsi dei link che si collegavano a siti per la ricerca di personale nel settore della ristorazione, più’ per dire ” almeno non escludiamo ogni minima possibilità’ “, che per scelta oculata..
E cosa è avvenuto? È stato così che hai scelto l’Irlanda per espatriare?
Solo pochi giorni dopo, una mail (più di una in realtà) mi offriva un lavoro, un mese di prova, un ottimo stipendio, vitto e alloggio per tutto il mese di prova…
Ho pensato: ” mal che vada, ci perdo un mese, ma non torno a mani vuote”. Il mio piccolo non aveva nemmeno sei mesi, quell’11 ottobre in cui partii e ricordo bene lo sguardo di mia figlia che mi vedeva andare via l’ennesima volta.
Com’è stato l’impatto con l’isola di smeraldo?
Il mio arrivo a Dublino e’ stato caratterizzato da una serie di eventi non molto fortunati, il lavoro per cui ero venuta, si era rivelato un disastro, sia professionalmente, che a livello di retribuzione, infatti i miei primi due impieghi, furono il primo, retribuito per meta’ e fui messa a lavorare in una sorta di pallido ristorante, a una settimana dalla scadenza della prova, sono stata costretta ad andare via, vista la retribuzione e le condizioni di lavoro.
Il secondo invece (non essendomi bastata la lezione del primo), oltre a non essere retribuita con la scusa di detrazioni da parte dello stato (che ovviamente non sussistevano), quando ho comunicato le intenzioni di andare da chi di dovere per essere pagata, il titolare mi accuso’ di avergli rubato del denaro e di volergliene rubare altro.
Fu così’ che in 4 mesi, ho cambiato due lavori, entrambi per persone italiane, da li’ la decisione di evitare accuratamente i miei connazionali, sia per migliorare il mio inglese, che per evitare altri incidenti dello stesso tipo (che ahimè, sento accadere sempre spesso).
Dopo nemmeno 10 giorni, avevo trovato impiego in centro città e mi rendevo conto, che il detto che sentivo dire da alcune persone ” i casi sono due: o l’Irlanda ti abbraccia, o ti prende a calci nel c…” era vero e io, avevo preso i calci si, ma non dall’Irlanda! Mi sono rimboccata le maniche, mi sono resa disponibile, e dopo qualche mese, una posizione migliore e’ arrivata, assieme ad un riconoscimento a livello remunerativo.
Di cosa si trattava?
Un nuovo progetto che mi ha fatto volare un altro anno, dopo aver gestito la nascita di 3 ristoranti per la stessa compagnia, ho fatto trasferire qui con me i pezzi che mi mancavano: i miei bambini, ho affittato una casa normale, lasciando esperienze di condivisione, host families, e monolocali che sembravano cantine ai ricordi e pensavo di essere arrivata, di aver raggiunto tutto il raggiungibile, invece nella mia mente (che purtroppo e’ sempre in movimento e macina) ha iniziato a prendere forma un desiderio…
Quello di dare di più e differenziarmi dalla massa, così’ in 6 mesi, ho: lasciato il lavoro certo e sicuro che avevo, cercato tra le migliaia di annunci di immobili commerciali in centro e non a Dublino, preso contatti con le agenzie, il “city council”, trovato il locale che alla fine faceva per me (a 200 metri da casa, che non e’ da sottovalutare), ho registrato il nome della mia compagnia, preso i contatti che mi servivano per i prodotti che volevo proporre… e a fine luglio di quest’anno ho aperto il mio piccolo mondo, con la collaborazione di chi ha lavorato con me negli anni precedenti e con il sostegno dei miei bambini e del mio partner (che se non si fosse capito, e’ cambiato ancora).
Il tuo progetto è diventato realtà. Vuoi descrivercelo?
“Rottinculo” non e’ un ristorante, e’ entrare nella mia cucina, sedersi a tavola e sentire sapore di casa, chiunque entra lo sente e anche se il nome può creare smarrimento, vi assicuro che non e’ offensivo e non e’ rivolto ad altri che a me stessa: e’ riferito a chi ne ha viste talmente tante, da non aver paura di nulla, nemmeno delle critiche della gente.
Non voglio dilungarmi molto raccontando del mio locale, ma preciso una cosa: a coloro che vedo fare le foto alla mia insegna, esco e ricambio il favore verso di loro, ho iniziato giusto domenica a farlo e presto inizierò una campagna sulla pagina ufficiale del locale, tanto per far fare due risate ai miei clienti irlandesi, che al contrario dei miei connazionali, non mi hanno dato calci in c… ma lezioni, aperto le porte di casa e accolta come una di famiglia, insegnato a non correre troppo, a non strafare e a vedere le cose da una diversa angolazione.
Il mio viaggio si e’ concluso? non credo, penso che ci sara’ un nuovo viaggio da affrontare, chissà dove, chissà quando, ma ci sara’ e io mi preparo.
Parliamo di lavoro in Irlanda? Un italiano potrebbe seguire le tue orme nell’isola ?
Secondo me c’e’ ancora molta possibilità, in molti settori. Tutto sta a quanto si e’ disposti a mettersi in gioco, quanto si e’ flessibili, di certo comparando la situazione di certi amici che dopo anni di studi e lauree con lode, si trovano a lavorare in un call center per 400 euro al mese, il fatto che qui, per lo stesso lavoro vieni pagato il doppio, va calcolato, anche se il costo della vita e’ superiore rispetto al Bel Paese, secondo me ci sono più’ porte a cui bussare, con la consapevolezza che una su dieci non sara’ un no per forza, ma sara’ un: “vediamo che sai fare”.
Che differenze hai notato nella società irlandese, rispetto a quella italiana? Cultura, stile di vita, sicurezza, sanità…
Le differenze che ho notato tra la nostra cultura e la loro.. beh noi siamo “caciari”, ci piace schiamazzare, polemizziamo su molte cose, siamo un popolo che si lamenta e ci complichiamo le cose più semplici. Siamo di compagnia, ci piace uscire, condividere per ore un pasto.
Degli irish che ho incontrato, nessuno si mette a correre, per loro, il “no rush ” è all’ordine del giorno, sono pacati, a volte riservati, a tavola diventano come noi, anche se i loro tempi sono diversi, in un’ora mangiano, bevono e digeriscono e hanno il tempo di uscire a fumare e chiacchierare, non polemizzano su quasi nulla a parte la politica (e nemmeno molto su quella) prendono il tempo come una cosa che loro dedicano, come se si privassero di un pezzo fondamentale per dedicarsi al lavoro, piuttosto che alla famiglia o agli amici , quindi i ritardi non sono un dramma, a volte è tanto se arrivano.
Hanno una cortesia innata, dai fattorini agli autisti dei bus, ovvio poi, le giornate storte le hanno anche loro . Sono pacati, manifestano i loro sentimenti in modo molto diverso da noi. Poi abbiamo le versioni notturne dopo le varie pinte e si trasformano in esseri barcollanti che fanno pipì per strada , cantando “whisky in the jar” facendo casino come pochi.
La polizia (garda) è un organo pressoché inesistente sotto certi punti di vista, non perché qui non ci siano episodi di violenza o furti, ma perché hanno i loro “tempi” , figurati che da luglio, sto ancora aspettando che vengano a prendere i rilievi di quando mi è stato rubato il telefono . L’ordine pubblico tutto sommato è buono, ma come in ogni paese ci sono delle zone e persone poco raccomandabili, ci sono anche qui, il fatto che Dublino sia una delle città più video sorvegliate al mondo, fa da deterrente a molti atti vandalici.
La burocrazia è valida in quanto molte cose le si possono fare online, un po più intricata per quanto riguarda le regolamentazioni sulle attività, ogni funzionario, darà al richiedente la propria idea di cosa e come vada fatto.
La sanità, tasto dolente per quanto mi riguarda. In un ospedale, sono stata ricoverata alle 10 di sera, messa in uno stanzone misto tra uomini e donne di cui, alcuni ubriachi e visitata alle 12 del giorno successivo, ma altre persone che conosco invece, si sono trovate soddisfatte in molte strutture diverse da quella in cui sono stata io.
Altro tasto dolente per noi ospiti, è che ogni ricetta che il medico di base ci fa, costa in media 50 euro e 100, se andiamo in ospedale (anche al pronto soccorso).
Senti la mancanza di qualcuno o qualcosa? L’Italia?
Mi manca l’Italia? sarei ipocrita a dire di no, mi mancano certi sapori che qui non posso sentire, il sole caldo dell’estate, il lago, il mare e tutte le meraviglie che ci sono, ma non mi manca l’arroganza di certa gente, non mi manca di essere non pagata o sfruttata, non mi manca di avere delle possibilità precluse per burocrazia..
Un tuo pensiero Eleonora…
Sono arrivata per sopravvivere , pochi giorni più di due anni fa… ed ecco dove sono arrivata fino ad ora…fine del viaggio? No… ogni giorno e’ un nuovo viaggio.
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Di Luisa Galati