LA DEUTSCHE VITA: La Berlino Italiana
LA BERLINO ITALIANA IN UN DOCUMENTARIO: LA DEUTSCHE VITA
Alessandro ha lasciato l’Italia per Berlino 6 anni fa, e vive lì ancora oggi. Come migliaia di giovani e meno giovani partiti dall’Italia nell’ultimo periodo sulla propaganda dei media che dipingono la capitale tedesca come un luogo in cui tutto è facile…

LA BERLINO ITALIANA IN UN DOCUMENTARIO: LA DEUTSCHE VITA Cosa fai quando sei un underachiever a casa? Si va a Berlino per diventare un underachiever lì. Almeno questo è vero per le migliaia di “creativi” che affollano la capitale tedesca ogni anno.
Sono per lo più giovani italiani in cerca di successo in tempi di crisi e, insieme a coloro che è venuto come lavoratori ospiti nel 1970, formano la comunità terzo migrante. Uno di loro è Alessandro Cassigoli, che si unisce Tania Masi di Firenze e direttore della fotografia William Chicarelli dal Brasile in un viaggio italiano attraverso Berlino per far fronte con la sua nostalgia di casa. Questo almeno dovrebbe essere fatto con alla fine. Per quello che si potrebbe forse lungo per questo, in cui il formaggio originale mozzarella italiana è effettivamente prodotto a Berlino e il proprietario italiano della pizzeria dietro l’angolo viene dalla Bosnia.

La domanda più importante è come sopportare quei tedeschi che mangiano solo per riempirsi lo stomaco, sempre voglia di discutere di tutto, e andare in bicicletta per l’avvio. In una cavalcata selvaggia attraverso ogni stereotipo italiano e tedesco (è tutto vero!) Non ti senti che sei in un film di Fellini (in velocità), si trova anche il familiare rispecchiata nella estera. Le grandi questioni come la migrazione, identità, crisi e la globalizzazione sono ripresi quasi di passaggio. Italiani all’estero affrontare con loro a modo loro: “Questa è la stanza dove la mamma vivrà.”

Biografia dei registi
Alessandro Cassigoli (Direttore)

Quando era 20, si trasferisce a Roma dove frequenta la scuola di cinema “Professione Cinema” e ha iniziato a lavorare come assistente alla regia per molti film italiani e popolare serie televisiva. Dopo sette anni di lavoro sui set di altre persone, si sentiva pronto a imbarcarsi sui propri progetti. Insieme al regista italiano-israeliano Dalia Castel, ha fatto i suoi primi due documentari: “nella bolla” e “Good Times” che ha vinto premi in 15 diversi Festival Internazionale del Cinema. Nel 2005 frequenta il Berlinale Talent Campus e poi si trasferisce a Berlino (Germania) dopo aver vinto il Nipkow Programm Fellowship, una borsa di studio per i professionisti dei media. Dal 2007 ha diretto cinque documentari per il programma GEO 360¡ che va in onda su “ARTE” e il suo prodotto da Medienkontor GmbH. Oggi lavora su progetti commissionati per la televisione un documentario di creazione come “La Deustche Vita” e “A seguito di Casey”.
Tania Masi (Direttore)

Studi Sociologia Urbana presso l’Università Humboldt di Berlino e produzione cinematografica e sceneggiatura presso la Scuola Internazionale di cinema alla New York University. Dal 2006 Tania è stata una giornalista freelance con base a Berlino per la RAI TV, Globo News, giornali e riviste online. Allo stesso tempo, coltiva la sua passione per il cinema, lavorando come International Sales Assistant in festival come Cannes, Venezia e Berlino per la società di vendita Studio City Pictures. “La Deutsche Vita” è il suo primo documentario.

LA BERLINO ITALIANA IN UN DOCUMENTARIO: LA DEUTSCHE VITA

Immigrati e giovani creativi  in un film la Berlino «italiana»
La raccontano nel loro documentario Alessandro Cassigoli e Tania Masi, due 38enni fiorentini che vivono lì

Da qualche tempo Berlino è la terra promessa degli italiani: si trova lavoro, si viene pagati dignitosamente e gli affitti sono bassi. Tant’è che i media nostrani la portano spesso come esempio virtuoso, facendo risaltare il contrasto con il disastro italiano. E la città, beh quella si sa, è la più cool d’Europa. Ma com’è in realtà questa “deutsche vita”? Lo raccontano nel loro documentario Alessandro Cassigoli e Tania Masi, due 38enni fiorentini che dai banchi del Liceo Gobetti di Ponte a Ema si sono ritrovati molti anni dopo per le strade della capitale tedesca, dove entrambi vivono da diversi anni.

LA STORIA – «All’inizio gli italiani li evitavo, come si fa un po’ tutti quando si va a vivere all’estero», racconta Alessandro, regista di professione e collaboratore della tv francotedesca Arte. «Dopo un po’ invece mi sono ritrovato a frequentarli e a condividerne i soliti pensieri e i soliti discorsi: i paragoni con la vita in Italia, le analisi sociologiche dei tedeschi, le dissertazioni sul cibo… così ho iniziato a filmare in modo informale queste chiacchierate». Ne è nato un film di 70 minuti, presentato al Festival Dok di Lipsia l’ottobre scorso e in programma dal 6 marzo prossimo nelle sale berlinesi (e ad aprile probabilmente anche all’Alfieri Atelier di Firenze). Ciò che viene fuori è un piccolo affresco degli italiani a Berlino, dove trovano posto quelli arrivati quando l’aggettivo immigrato valeva anche per noi, e i giovanissimi che preferiscono definirsi “creativi in cerca dei giusti stimoli”.

IMMIGRATI E CREATIVI – Tra i primi c’è chi rincorre un pallone con la maglia del Club Italia e chi manifesta la sua nostalgia per la patria idealizzata con un laconico «se potessi da Berlino me ne andrei». I nuovi arrivati invece cercano un ruolo come attori, come Max, che si presenta a milioni di provini per italiani salvo essere scartato per le sue sembianze più russe che mediterranee, oppure tentano di investire nel mattone, arrivando a trattare su 35.800 euro per un appartamento di 50 mq a Neukölln, per la disperazione dell’agente immobiliare (italiano). Personaggi spesso tragicomici e sempre fuori dagli stereotipi, che ridimensionano quella deutsche vita tanto decantata nei programmi di attualità nostrani. Tuttavia non c’è alcun intento sociologico nel film, ma solo «la voglia di raccontare questi berlinesi d’adozione, persone spesso sradicate, che non sentono di appartenere completamente a nessuna realtà», spiega Tania. I due fiorentini li raccontano nell’unico modo che conoscono: rifuggendo i toni edulcorati e attingendo a piene mani all’ironia della vita vera.

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