IO NO SPICH INGLISC E L’ARTE DELLA MIMICA
Foto di Robin Higgins da Pixabay

IO NO SPICH INGLISC E L’ARTE DELLA MIMICA

Quando lo si dice a uno straniero bisogna pronunciarlo a voce molto alta, più volte e indicando prima la bocca e poi scuotendo vigorosamente l’indice a tergicristallo…

Tutti sanno della storica rivalità tra noi e i nostri cugini d’oltralpe.
Rivaleggiamo su tutti i fronti (cucina, moda, arte ecc..) e tendiamo a marcare con decisione le rispettive differenze.

Una cosa però accomuna i francesi agli italiani: nessuno dei due sa o vuole parlare una lingua diversa dalla propria.

Giusto per non essere lasciati soli, in questo percorso virtuoso, siamo accompagnati anche dagli spagnoli.

Di fatto costituiamo i “tre piccoli porcellin” dell’ignoranza linguistica; ma se Francia e Spagna hanno la scusante di parlare delle lingue comunque diffuse in ampie zone del mondo, dove sta la giustificazione italiana: Campione d’Italia? Il Canton Ticino Svizzero? Malindi in Kenia?

 

"IO NO SPICH INGLISC" e l'arte della mimica
Foto di Robin Higgins da Pixabay

È proprio partendo da quest’ultima località esotica che voglio raccontarvi il vero miracolo italiano: la nuova colonizzazione linguistica imposta dall’italico turismo.

Gli abitanti di Malindi e di molti altri posti sparsi nel mondo, mete preferite dai turisti nostrani, si sono arresi al fatto che per poter colloquiare con gli italiani debbano parlare l’italiano.
Pertanto possiamo notare come la lingua italiana attecchisca in varie località straniere più facilmente di quanto si verifichi con l’inglese nel nostro Paese.

Non crediate che chi vi scrive sia un eccellente conoscitore del verbo anglosassone, diciamo piuttosto che a furia di esercitarlo (vuoi per motivi lavorativi, vuoi per motivi di svago) ho raggiunto un livello appena accettabile,  il minimo indispensabile per capire e per comunicare con un interlocutore straniero.

In ogni caso ho rilevato come in diversi ambiti lavorativi fuori dai confini nazionali, ove comunque c’è una maggioranza di operatori italiani e una minoranza di stranieri, nel momento in cui è indispensabile partecipare a riunioni, spesso si inizia in inglese e si termina in italiano.

Vi assicuro che nonostante le imprese italiane si ingegnino a lavorare all’estero (e fin qui, tanto di cappello) i tecnici o comunque i rappresentanti di queste ditte difficilmente parlano inglese e se lo parlano, ti fanno
cadere le braccia per terra.

Fortunatamente però il vento sta cambiando e timidamente cominciano a comparire cartelli bilingue nelle località turistiche e negli edifici pubblici italiani.

Ecco alcuni esempi:

Anderground, cartello in una stazione ferroviaria che voleva indicare la metropolitana (che si tradurrebbe in Underground).

Sample visit, indicazione in un ospedale romano che voleva significare “sala visite” (che si tradurrebbe in Ambulatory).

When the permess is pront, cartello scritto a mano in un commissariato che immagino volesse indicare agli immigrati quando il permesso sarà pronto (che si tradurrebbe in When the permit will be ready)

Potremmo proseguire per diverse pagine ma, per darvi un’idea generale, ci basta segnalare che una facoltà universitaria ha tradotto un bando dal tema “Dalla pecora al pecorino” in From sheep to doggy style (dalla pecora alla pecorina, intesa come posizione del Kamasutra).

Tutto ciò sembrerebbe testimoniare una generale e diffusa ignoranza della lingua anglosassone, ma secondo una recente indagine del Censis emerge che il 66% degli italiani dichiara di conoscere le lingue.

Fortunatamente però la spiegazione ai cartelli “farlocchi” arriva da un altro quesito ove solo l’1,4% degli intervistati ritiene che l’inglese sia indispensabile in Italia.

A dire il vero nutro qualche dubbio anche sul 66% di eruditi linguisti nostrani dato che da una classifica stilata da Ef (azienda che si occupa di studio delle lingue straniere) sulla base di un indice legato ai test Proficiency è emerso che l’Italia raggiunge un punteggio classificato come “basso livello di competenza”, al pari di Taiwan, Cina, Brasile, Spagna e poco al di sopra di Perù, Venezuela, Turchia, Kazakistan, Colombia, Panama e Vietnam.
Italia e Spagna (con la Francia a breve distanza) hanno il punteggio più basso di conoscenza dell’inglese tra gli adulti in Europa.

Cari lettori, non ci sono santi! Se vogliamo vivere e/o lavorare fuori dall’Italia, in un posto che non sia Campione, il Canton Ticino o Malindi dovremo imparare questo stramaledetto inglese!

Il mio non è uno scherzoso consiglio ma un serioso grido d’allarme perché purtroppo da sempre (e oggi ancor di più) l’ignoranza si paga cara.

Chiunque pensi di buttarsi in un’avventura lavorativa estera senza conoscere la lingua locale o almeno l’inglese sappia che l’impiego migliore che troverà sarà sottopagato, al limite dello sfruttamento e ovviamente in
“nero”.

Come si suol dire «tutto il mondo è Paese» pertanto per capire cosa potrebbe accadervi, pensate a cosa succede in Italia.
Quanti sono gli stranieri, soprattutto extracomunitari, che pur avendo titoli di studio invidiabili sono relegati a lavori marginali e sottopagati?

Inoltre nel nostro civilissimo Paese il fatto che il malcapitato conosca l’inglese non aggiunge alcuna possibilità di miglioramento della propria posizione lavorativa.

In qualunque parte del mondo la scarsa conoscenza della lingua locale limita la comprensione delle leggi e dei diritti esponendoci contemporaneamente ai raggiri dei più scaltri (che il più delle volte sono nostri connazionali) e condannandoci a orari di lavoro pazzeschi e condizioni di vita umilianti.

Queste sono le esperienze che i nostri antenati hanno vissuto con le prime migrazioni di metà ’800; è mai possibile che a distanza di 150 anni le giovani forze lavoro debbano nuovamente rivivere le medesime vessazioni?

Comunque, al di là delle classifiche e delle difficoltà di vita fuori dal proprio Paese, direi che non è il caso di demoralizzarsi, prima o poi anche noi diventeremo più international e qualche segnale positivo sta già arrivando: dal 2014 al Politecnico di Milano l’inglese sarà l’unica lingua, nel biennio finale e nei dottorati, per studenti e docenti.

Sono convinto che, polemiche a parte (quelle scatenate dai soliti professori incartapecoriti che non hanno nessuna voglia di cambiare alcunché), le future forze lavoro nostrane saranno in grado di rendersi appetibili in tutto il mondo e, abbattendo la barriera linguistica, dimostrare per intero il proprio valore.

Nel frattempo continueremo ad arrangiarci con la solita mimica che tanto ci ha resi famosi nel modo.

Se avete intenzione di provare un’esperienza di vita fuori dall’Italia, portate con voi questo libro e nel caso non sappiate una parola d’inglese esercitatevi con la mimica.

Gesti indispensabili per sopravvivere fuori dall’Italia
Frase in italiano Frase in inglese Gesto italian style universalmente riconosciuto (o quasi)

  • Cosa vuoi? / What do you want? Muovere su e giù la mano
  • Cosa dici? / What are you saying? Mano raccolta a “carciofo”
  • Hai una sigaretta? / Do you have a cigarette? Muovere, avanti e indietro la bocca, la mano con l’indice e il medio a V
  • Chi se ne frega / I don’t care Strisciare il dorso della mano sotto il mento
  • Vorrei mangiare / I would like to eat Mano a “carciofo”diretta verso la bocca aperta.
  • Sono affamato  /I’m hungry Muovere avanti e indietro verso lo stomaco la mano a karate
  • Vorrei bere / I would like to drink Mano chiusa con il solo pollice aperto e direzionato verso la bocca aperta
  • Ho sonno / sono stanco I’m sleepy / I’m tired Appoggiare la guancia sulle mani giunte a preghiera in posizione orizzontale
  • Ho freddo / I feel cold – I’m cold Incrociare le braccia e sfregare i palmi delle mani sugli avambracci
  • Ho caldo I feel hot / I’m hot Sventolare la mano aperta vicino al viso
  • Quanto costa? / How much does it cost? Sfregare ripetutamente l’indice e il pollice tra di loro
  • Molto buono / Very good Muovere l’indice con avvitamento sulla guancia
  • Non lo sopporto / I hate it – I don’t like it Battere la mano a “carciofo” rivolto all’ingiù sul petto
  • Che ore sono? / What time is it? Toccare il dorso del polso sinistro con l’indice destro
  • Tie’ / Fuck off Gesto dell’ombrello (è inutile che lo descriva)

Se anche la mimica non riuscisse a risolvere i vostri problemi mostrate questa tabella al vostro interlocutore e indicategli la frase in inglese corrispondente.

Assodata la necessità di conoscenza della lingua inglese per poter sbarcare in un qualunque Paese c’è un’ultima considerazione da fare.

Se deciderete di risiedere in uno stato ove l’inglese è la lingua ufficiale, la vostra fatica sarà limitata, se invece la scelta cadrà su di un qualunque altro stato (Germania, Svezia, Danimarca, Norvegia ecc..), dovrete necessariamente imparare anche la lingua locale se vorrete davvero integrarvi nel Paese d’adozione.

Di Claudio Bosaia

Per approfondire l’argomento: DOVE SCAPPO di Claudio Bosaia



 

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