GASTONE SI E’ TRASFERITO CON LA FAMIGLIA IN BRASILE DOVE HA REALIZZATO LA SUA NUOVA IMPRESA
Gastone Avezzu’, 48enne piccolo imprenditore trevigiano, di tutti i paesi al mondo, non avrebbe mai pensato di andare a vivere in Brasile. Poi sopraggiunse la crisi e oggi, insieme alla famiglia, si è trasferito proprio in Brasile dove ha realizzato la sua nuova impresa.
“…Le prospettive per il Brasile si sono radicate nel tempo e si presentava l’opportunità che io portassi la famiglia. Un passo non facile, non per me, ma per i miei figli: paura che loro non affrontassero il cambiamento di vita, e per mia moglie, la stessa sensazione. Un grazie lo devo allo stato italiano che nel frattempo aveva talmente disgustato la mia famiglia che così mi ha seguito. Già mia moglie e mio figlio erano stati con me e l’ambiente era loro piaciuto, però il Brasile è uno stato dai mille volti e dalle mille realtà…”
Ciao Gastone, parlaci un pò di te… Dove vivevi e che facevi in Italia prima di partire?
Sono Gastone, 48 anni, ora impresario (con un mio amico brasiliano, che è vissuto 9 anni in Italia) di una società che si occupa di costruzioni.
Se 10 anni fa, qualcuno mi avesse detto che sarei andato in Brasile a lavorare, forse non ci avrei creduto.
Il mio passato?
È un passato che penso, non si distacchi molto da quello della grande massa di veneti che nella loro vita producono lavorando onestamente con i semplici desideri di farsi una casa, una famiglia, vedere i propri figli che un giorno non debbano chiedere a nessuno qualcosa.
I figli: forse per questo che sono qui?
Come è maturata l’idea di andare all’estero?
A 20 anni ero già un piccolo imprenditore, ma forse per questo, tanta voglia di fare e con poca conoscenza del mondo imprenditoriale, dopo circa due anni, sono riuscito a vendere quella piccola ditta di trasporti che avevo, rientrando sulle piccole perdite. Entrato in fabbrica, mi ritrovo papà a 23 anni, con quella moglie che mi ha sempre seguito nel bene e nel male e che ora si ritrova con me e la mia famiglia in Brasile.
Dopo avere trascorso 17 anni in tre fabbriche, e riuscendo sempre a fare strada, voglia la paura che dove lavoravo chiudesse (hanno tagliato 1.300 persone nel frattempo), e per il fatto che mia moglie lavorava anche lei nel mio stesso ambiente, esco dalla fabbrica per aprire società con altre due persone nell’ambito ristorativo.
E come andò con l’avventura nella ristorazione? Si rivelò una buona scelta?
Inizialmente le cose andavano bene, poi, come succede in molte società, ho scelto di uscire per incomprensioni. Apro così da solo nel settore della ristorazione da solo e lì dopo poco che le cose ingranavano, uscì la crisi che tuttora affligge l’Italia.
Ambito ristorativo perché io sono cuoco e l’ho imparato nei ristoranti senza essere pagato: esattamente, facevo otto, dieci ore di fabbrica per poi entrare in ristorante per apprendere a fare il cuoco, cosa che mi ha sempre appassionato.
Otto anni fa quando ebbi la mia ultima ditta, conobbi tramite mio figlio più piccolo- che ora ha 11 anni – un brasiliano che teneva suo figlio nello stesso asilo e da lì con l’inizio della crisi, si comincia a parlare del più e del meno di economia. Brasile paese emergente, fidarsi o no di un brasiliano?
Lui aveva l’intenzione di rientrare in Brasile, perché lì lavoro non manca e le possibilità d’investimento sono ottime: dopo 4 anni di chiacchiere e la chiusura della mia piccola ditta, restava solamente andare a vedere.
Come fu l’impatto con il Brasile? Sei partito solo?
Si da solo all’inizio. Sono entrato la mia prima volta in Brasile 5 anni fa e da lì mi sono deciso. Dopo analisi fatte su probabili investimenti, di investire in costruzioni.
Boom economico, costruzioni richieste moltissimo, visto i progetti a fondo perduto del governo federal do Brasil; fanno sì che le case, non fai a tempo a costruirle che già le vendi. Tassazione dal 6 al 12% per la mia “Santos&Avezzu incorporadora LTDA”.
Vado su e giù per il Brasile per 4 anni mentre nel frattempo mia figlia più grande non trova il lavoro, e mia moglie che, dopo che io avevo aperto l’ultima ditta in Italia, si era messa a lavorare con me, in quel momento non lavorava più e io ero con un lavoro saltuario senza garanzie.
Così hai fatto la prima esperienza all’estero. Come hai deciso di partire poi definitivamente per il Brasile?
Le prospettive per il Brasile si sono radicate nel tempo e si presentava l’opportunità che io portassi la famiglia. Un passo non facile, non per me, ma per i miei figli: paura che loro non affrontassero il cambiamento di vita, e per mia moglie, la stessa sensazione.
Un grazie lo devo allo stato italiano che nel frattempo aveva talmente disgustato la mia famiglia che così mi ha seguito. Già mia moglie e mio figlio erano stati con me e l’ambiente era loro piaciuto, però il Brasile è uno stato dai mille volti e dalle mille realtà. Cominciò così la prassi per richiedere i documenti, visto permanente che per me non ha dato problemi visto che sono entrato come investitore, mentre se adesso qualcuno volesse entrare per lavorare senza laurea penso che oggi sia quasi impossibile.
Che differenza hai notato nel modo di vivere brasiliano?
Dicevo: Brasile paese dai mille volti. Un Paese grande due volte e mezzo l’Europa del quale nessuno conosce la realtà vera, finché non lo vivi. Il Brasile per la tv italiana è Rio de Janeiro, samba, calcio e donne. Non è assolutamente solo questo. Sicuramente è un paese con grossi problemi che se non risolti causeranno molti danni, ma questa è un’altra storia.
Perché ho scelto il Brasile? Se avessi avuto più soldi sarei tornato in Canada che avevo visitato con mia moglie nel ’98, ma lì per gli investitori la quota d’ingresso è molto più alta. Se ho fatto una scelta giusta? Ho riscontrato molti problemi a lavorare con i brasiliani, qui non si spaccano per il lavoro e la professionalità non è molto alta, ci stiamo lavorando. In compenso, mia moglie, mia figlia e mio figlio ai quali tenevo non avessero paura per un cambiamento radicale, devo dire grazie, visto che si trovano bene; parlano già il portoghese brasiliano meglio di me, hanno conosciuto con me discendenti di italiani e cominciano una vita con buone prospettive.
Consigli ad altri italiani il trasferimento lì per lavorare?
Qui il lavoro non manca, consiglierei a molte persone di venire qui a lavorare, ma la politica per il lavoro non è come quella italiana: non si entra con il gommone e il lavoro è per i brasiliani per primo. Brasile e Italia, due mondi a confronto con molte differenze tutte da conoscere.
Hai nostalgia di qualcuno o qualcosa? Torneresti in Italia?
Nostalgia per me poca, solo per mia madre che è ancora viva, forse più da parte di mia moglie ma visto il motivo dell’emigrazione, vede che ne vale la pena. Il sacrificio non è da poco, in compenso respiro economicamente e guardo a fine mese con un’altra ottica e a un futuro per i miei figli più roseo.
Um abraç do Brasil
Email: gastoneavezzu@gmail.com
Di Luisa Galati