La Saudade Italiana
Foto di Adriano Gadini da Pixabay

LA SAUDADE ITALIANA

Quando nei primi anni del ’900 ci fu la massiccia emigrazione verso gli Stati Uniti, i nostri connazionali crearono una grande comunità a New York che ben presto prese il nome di Little Italy.

Data la quantità di immigrati nostrani, Little Italy occupò un intero quartiere della città.

Questa aggregazione nacque per esigenze di mutua assistenza e per colmare il forte sentimento di nostalgia che c’era nei confronti della patria e dei propri luoghi natali.

Per lenire questa mancanza si cercò di ricreare una Piccola Italia in terra straniera.
Se fossimo stati brasiliani avremmo chiamato questa nostalgia Saudade.

Infatti, la saudade è un termine di provenienza lusitano-brasiliana e indica una nostalgia malinconica che può essere riferita a un periodo temporale, a un affetto o alla propria terra d’origine.

L’abbiamo imparato a conoscere soprattutto dagli anni ’80 con la massiccia migrazione di calciatori brasiliani verso il nostro campionato.

Quando uno di essi non rendeva secondo le aspettative, i commentatori sportivi giustificavano il fatto dicendo: «Ha perso l’entusiasmo per il calcio perché è triste, gli è venuta la saudade di casa sua» e ancora «Non gioca bene ma è da capire perché ha la saudade del caldo e del sole delle spiagge brasiliane». Quest’ultima affermazione era la più gettonata quando la stagione si faceva fredda, grigia e umida.

Grazie al “veicolo calcistico” questo termine portoghese (nel senso della lingua) ha avuto una diffusione rapida ed estesa, soprattutto nel nostro Paese ove il concetto era già largamente condiviso seppur non condensato in un’unica parola.

Piccola precisazione: se in Italia si parla l’italiano, in Brasile non si parla il brasiliano ma il portoghese (mentre scrivevo mi tornava in mente un motivetto di Elio e le Storie Tese che suonava così: «Ditemi perchééé se la mucca fa “mu” il merlo non fa “meee”»).

Ho conosciuto diversi connazionali che vivono e lavorano all’estero.

Non si tratta di permanenze a tempo determinato, come nei lavori a contratto, ma di scelte di vita definitive (anche se nella vita di una personadi definitivo c’è ben poco).
Saudade Italiana dove-scappo

La prima evidenza è data dalla voglia dei miei interlocutori di dimostrare il benessere e i successi personali acquisiti in quel Paese.

La seconda è la grande nostalgia dell’Italia sino ad arrivare a dei paradossali eccessi.

Posso testimoniarvi di come un pavese trapiantato in Guatemala mi raccontasse la bellezza e la poesia della nebbia o di come un bergamasco in Ghana mi invidiasse il cappotto ogni qualvolta arrivavo da Milano (durante la stagione invernale) ad Accra per seguire un cantiere.

Chiaramente la differenza di clima tra il Paese natio e la patria acquisita gioca sempre un ruolo fondamentale (a vantaggio del primo) ma oltre ai motivi meteorologici esistono dei legami affettivi che per un italiano è impossibile dimenticare.

Questo mix di sentimenti, in cui il prevalente è la tristezza per la lontananza dal proprio Paese d’origine, è alla base del Dna di ogni italiano espatriato e molte volte può costituire un serio ostacolo a qualunque esperienza estera.

Credo che nessuno dei giovani italiani emigrati sia partito con l’idea di non tornare mai più nella madre patria e questa convinzione (ovvero il duro sacrificio per un futuro glorioso ritorno) pervade anche coloro che sono emigrati da molti anni, pur avendo creato importanti e solide attività e avendo costituito nuclei familiari in loco.

Avete presente la teoria del “cimitero degli elefanti”, ossia il luogo in cui i pachidermi fanno ritorno, guidati dall’istinto, per andarvi a morire?

La Saudade Italiana
Foto di Adriano Gadini da Pixabay

Noi italiani ne siamo la dimostrazione in versione “umana”.

Questo nostro attaccamento al territorio d’origine fa sì che ovunque si stabiliscano delle comunità di italiani il primo fenomeno a materializzarsi non sia la diluizione dell’italianità bensì l’italianizzazione del luogo conquistato, quasi a voler replicare un piccolo pezzo di Paese natio in terra straniera.

Una delle prove di questa consuetudine è costituita dal continuo drenaggio di termini in lingua italiana nel vocabolario inglese nonostante l’evidente sproporzione di forze in campo (720 milioni di cittadini madrelingua inglese con i 63 milioni di madrelingua italiana).
L’instancabile opera di italianizzazione del mondo ha portato a oggi, secondo lo studio Lingue del Mondo pubblicato da Ethnologue nel 2005, ad avere 200 milioni di persone nel mondo parlanti (madrelingua più seconda lingua) italiano.
Le Nazioni con più dell’1% di madrelingua italiana sono: Canada, Croazia, Eritrea, Francia, San Marino, Slovenia, Somalia e Svizzera.
Di fatto la nostra lingua risulta essere la decima più parlata al mondo nonostante l’Italia sia al ventitreesimo posto nella classifica dei Paesi più popolati.

Di Claudio Bosaia

Per approfondire l’argomento: DOVE SCAPPO di Claudio Bosaia

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