Francesco, bodyguard professionista operativo all’estero in Iraq
Francesco, bodyguard professionista operativo all’estero in Iraq ci parla del suo lavoro di grande rischio e responsabilità e delle diversità pratiche di questo lavoro in Italia e all’estero.
Il bodyguard si occupa della protezione del suo cliente e non ha niente a che fare con il mercenario, che viene pagato per fare la guerra, comunque per ovvie ragioni, il suo volto nelle foto è stato oscurato.
Francesco qual è stato il tuo percorso professionale?
Sono stato 15 anni nell’esercito e per 4 anni ho lavorato come Security Consultant, mentre da ragazzo, per un paio d’anni, ho svolto la mansione di buttafuori in una discoteca.
Dove stai lavorando attualmente?
In Iraq.
Qual è il percorso che ti ha portato a svolgere la tua professione di bodyguard all’estero?
I numerosi corsi e i progressi raggiunti in ambito militare. Infatti, la Compagnia estera che mi ha reclutato, mi ha assunto per le mie pregresse esperienze militari in ambienti ad alto rischio e per i corsi tecnici effettuati.
Quali sono le caratteristiche che dovrebbe possedere una guardia del corpo?
Un Background operativo (che comprovi le capacità di lavorare sotto stress/sforzo), un’età non inferiore ai 26-28 anni, aver svolto dei corsi in ambito professionale, tanta volontà di confrontarsi e, non ultimo, una grande umiltà.
Quanti anni occorrono per diventare bodyguard professionista?
Non basta una vita, ma sicuramente si deve “oltrepassare” il periodo in cui si pensa che col fisico si possano ottenere i migliori risultati, infatti ciò che fa l’esperienza è la maturità e l’addestramento mentale/fisico.
Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi del vostro mestiere?
Non ci sono vantaggi o svantaggi: o ci si crede o non lo si fa! Devi essere pronto a sacrificare la tua vita per il tuo cliente, chiunque esso sia.
Ci sono molte differenze tra l’operare in Italia e l’operare all’estero?
Assolutamente sì! In primis, all’estero la professione e quindi la professionalità sono riconosciute, di conseguenza il professionista è assunto e lavora per le sue reali e documentate capacità.
E da un punto di vista puramente economico?
Il salario è indubbiamente ottimale, ma la domanda alla base non è “quant’è la paga?”, perché chi lo fa solo per soldi non si prenderebbe mai un proiettile o non esploderebbe mai su di un IED (improvised explosive device n.d.r.) solo per proteggere il cliente!
A proposito di vantaggi, quali sono quelli dell’operare all’estero?
La legalità! Dove opero (Iraq), la guardia del corpo “civile ed armata” è totalmente riconosciuta, cosa che invece non accade in Italia.
Si tratta di un lavoro rischioso e pericoloso. La retribuzione è pari al rischio che si corre?
La retribuzione è più che buona, ma alla mia famiglia non interessano i soldi, interessa che io rientri a casa ad ogni fine turno.
Che tipo di leggi regolano il vostro mestiere?
Quelle nazionali irakene, quelle internazionali e fino al 31 Dicembre 2011 quelle stabilite nel S.O.F.A. tra Stati Uniti d’America ed Iraq.
C’è più libertà d’azione all’estero rispetto a quanta ce n’è in Italia?
Per il T.U.L.P.S. (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) in Italia la guardia del corpo può essere effettuata solo dai rappresentanti delle Forze dell’Ordine nell’adempimento del loro servizio. Invece, qui dove lavoro, anche i civili possono effettuare il servizio di guardia del corpo.
Quali sono i migliori bodyguard del mondo?
Quelli professionalmente più preparati e umili. Quindi non esiste una “nazionalità” prediletta di bodyguard.
Quale ruolo svolge effettivamente una guardia del corpo?
Ci sono diversi compiti e tutti fondamentali all’interno di un team di scorta, che vanno dalla pianificazione e dallo studio della missione alla valutazione informativa, per poi arrivare alla protezione fisica del cliente. Sono tutti importantissimi e vanno svolti con grande professionalità.
E’ un lavoro avvolto nel mistero, ma tale mistero c’è anche nella vita privata?
No. La mia famiglia deve sapere dove sono e cosa faccio, proprio perché lo faccio non come un mero “lavoro”.
E’ difficile creare dei legami familiari?
E’ difficilissimo, al giorno d’oggi, trovare una persona matura che sappia capire che ciò che si fa non è un mestiere, ma è una vera e propria vocazione.
Come si svolge una tua giornata lavorativa?
Lo svolgimento si diversifica a seconda dell’incarico che si svolge, capo scorta, secondo in comando, tutela, gregario, autista, ognuno a proprio modo fondamentale ed importantissimo e deve essere svolto in armonia con tutti gli altri ed in conformità alle SOPs (Standard Operating Procedures) della Compagnia.
Qual è l’aspetto più bello della tua professione?
Vedere che la persona (il cliente) che ha dato a te la sua vita è felice del tuo operato e riconosce la tua professionalità.
Qual è il compito che ti ha regalato maggiori soddisfazioni?
Ovviamente essere il capo scorta in teatro operativo.
Intervento del Cav. Massimiliano Fiorentini Direttore Nazionale I.B.A. Italia/Svizzera
Oltre a quanto detto dal nostro operatore, vorrei aggiungere alcuni punti che reputo fondamentali per chi voglia intraprendere questa professione:
1) Passare meno tempo al poligono e studiare le lingue straniere, fondamentale è la conoscenza della lingua inglese, visto che la maggior parte dei contratti sono in mano ad inglesi/americani.
2) Una formazione seria è data da diversi elementi teorico/pratici, che in questo lavoro fanno la differenza tra la vita e la morte (nostra e del cliente). Dove altri fanno tiro dinamico, noi facciamo tiro istintivo (operativo); al posto della guida sicura, che può servire alle casalinghe per portare l’auto quando piove, noi insegniamo la guida protettiva; dove altri si accontentano di far fare un corso di primo soccorso dove spesso non si parla nemmeno delle ferite d’arma da fuoco, noi insegniamo
medicina tattica e come si interviene in determinate situazioni di emergenza.
Naturalmente questa è una minima parte dei compiti del bodyguard, ma spero con questo di aver reso l’idea.
Ultima cosa che ci tengo a chiarire, il bodyguard si occupa di protezione e non ha niente a che fare con il mercenario, che viene pagato per fare la guerra”.
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Di Nicole Cascione 16/01/2013