Gian Luca “scelse” di trasferirsi per lavoro in Francia, partendo da zero in giovane età…
Ora ci vive da parecchi anni, assieme alla moglie marsigliese e ai loro due figli adolescenti.
Ciao Gian Luca, ti va di presentarti ai lettori?
Dove abitavi in Italia prima di partire per la Francia?
Di cosa ti occupavi prima?
Mi chiamo Gian Luca Cassanelli. Ho 55 anni e sono nato a Bologna, città nella quale ho vissuto non così tanti anni…
Ho sempre lavorato nell’ambito della meccanica di precisione e intorno ai vent’anni o poco più e, senza una reale volontà di scegliere un mestiere o una carriera specifica, ho cominciato ad operare come tecnico trasfertista nel settore macchine ed automazione industriale, quasi per caso.
È un settore particolarmente importante e tutt’ora fiorente dell’export italiano, specialmente nella zona di Bologna e del Nord Italia in generale.
Da quel momento ho iniziato a viaggiare intensamente e per lunghi periodi in molte parti del mondo, come mai avevo fatto prima.
Il viaggio, la scoperta di nuove città, Paesi e altri modi di vivere erano sicuramente gli elementi più motivanti e interessanti del lavoro; in quegli anni (Ottanta) ancora senza Internet, si era forse più ingenui ma tutto stupiva, tutto sembrava esotico e nuovo.
Questo lato del mestiere compensava ampiamente quelle che, solo in apparenza, erano le difficoltà del lavorare all’estero per lunghi periodi: la lontananza dai propri affetti, una certa solitudine, lingue e usi diversi, ecc…
In realtà avevo costantemente la forte sensazione di essere un previlegiato per potere vivere certe esperienze!
Sei partito da solo la prima volta all’estero?
Prima di trasferirti a Marsiglia in quali altri Paesi hai vissuto?
Sono sempre partito da solo viaggiando sempre per lavoro…
In alcuni Paesi, come Germania e Stati Uniti, per diverse ragioni mi é capitato di fermarmi anche per molti mesi o anni.
Tali periodi sono stati sempre intervallati da un ritorno (più o meno lungo) a Bologna.
Poi, all’inizio degli anni 2000, quello che inizialmente doveva essere una trasferta di qualche mese in Francia per un’azienda bolognese di macchine automatiche si é trasformata in una vera emigrazione, che dura ormai da vent’anni.
Quali sono stati i motivi che ti hanno indirizzato verso la Francia anzichè in un’altra nazione?
C’è un altro paese in cui ti piacerebbe vivere?
Si è semplicemente presentata un’opportunità che ho colto senza pormi tante domande.
Inizialmente non c’era nessun progetto preciso o motivazione specifica a venire a vivere in Francia, a parte la voglia di cambiare ancora e la curiosità di vivere cose nuove.
Allora non pensavo che sarebbe stato per un tempo così lungo…
Sicuramente avrei voluto provare a vivere in altri Paesi, come l’Australia, che ho conosciuto per lavoro in un paio di viaggi e che mi ha particolarmente affascinato.
Ma più invecchio e meno sento di avere l’energia e la flessibilità mentale necessaria…
Viaggiare, vivere e lavorare all’estero è una cosa da giovani! Alla mia età si comincia più che altro a pensare se e come si potrebbe ritornare (degnamente) all’ovile.
Da quanto tempo non vivi in Italia?
All’incirca, quante volte all’anno ci torni e per quali motivi?
In gioventù ho intervallato periodi a Bologna e periodi più o meno lunghi all’estero.
Adesso vivo stabilmente in Francia da quasi vent’anni.
Per lavoro, famiglia e vacanze vengo in Italia fino a una decina di volte l’anno.
Incontrasti difficoltà nel trasferimento?
Se sì, quali e come le superasti?
Avendo già un lavoro e rimanendo in ambito Schengen, la più grande difficoltà iniziale nel trasferimento in Francia fu la lingua: non sapevo una sola parola in francese! Ma in pochi mesi di vita reale sul posto e molte incomprensioni imbarazzanti, il problema fu presto risolto.
Anche se la mia pronuncia e la mia ortografia sono tutt’ora lontane dalla lingua di Moliere!
Per il resto la Francia presenta diverse analogie all’ Italia che hanno reso l’installazione relativamente facile.
Di cosa ti occupi in Francia?
Sapresti rapportare, a parità di mansioni svolte, stipendi e costo della vita a Marsiglia con stipendi e costo della vita a Bologna?
Dopo aver lavorato come dipendente per la filiale francese del gruppo che mi aveva inviato in Francia e dopo aver cambiato un paio di aziende, ho infine aperto, da una decina di anni, la mia piccola società tecnico-commerciale.
Mi occupo della commercializzazione di impianti e linee di produzione per l’industria farmaceutica. Macchine e impianti sono progettati e costruiti in Italia.
Il costo della vita in Francia è senza dubbio superiore a quello in Italia, soprattutto nelle grandi città. In linea di principio però gli stipendi sono abbastanza adattati al costo della vita, anche se negli ultimi tempi si comincia a sentire un po’ di tensione in questo senso…
In Francia esiste lo “SMIC”: è un salario minimo interprofessionale sotto il quale non è consentito scendere.
Ad oggi corrisponde, per i lavori meno qualificati, a € 1219,00 netti al mese per un tempo pieno (35 ore a settimana).
Quali sono i costi più alti della vita a Marsiglia? E quelli più bassi?
Un italiano potrebbe rimanere amaramente sorpreso anche dal semplice prezzo del carrello di una spesa al supermercato!
Il mercato immobiliare è teso e molto più caro (e spesso di bassa qualità) rispetto a quasi tutte le città italiane, sia negli acquisti che negli affitti.
L’accesso al credito bancario è però relativamente facile se si è dipendenti a tempo pieno.
La fiscalità è elevata, probabilmente più di quella italiana. In compenso il sistema sociale (cure mediche, disoccupazione, incentivi, assegni familiari, ecc..) è molto generoso ed estremamente efficace!
Dal punto di vista gastronomico ti sei abituato ai sapori provenzali?
A differenza del resto della Francia, Marsiglia non è proprio una culla di fine gastronomia: i gusti di terra e di mare sono, purtroppo, molto uniformizzati da un utilizzo esagerato dell’onnipresente aglio!
Nonostante il numero incredibile di ristoranti trovare una buona cucina è un esercizio complicato e spesso ingiustificatamente costoso.
Pro e contro: secondo te, in generale, si vive meglio in Provenza che in Emilia-Romagna?
Sotto quali aspetti (anche soggettivi!) ti trovavi meglio in Italia? E peggio?
È una domanda che mi pongo da anni a cui non ho mai saputo rispondere chiaramente!
Oserei dire che, per quanto riguarda gli aspetti pratici della vita, della protezione sociale e dei diritti di base, la Francia è probabilmente più rassicurante.
Ma mi mancano alcune cose (alcune eh, non tutte!) non altrettanto tangibili del modo di vivere italiano e bolognese…
Se ci limitiamo alla Provenza e a Marsiglia, il clima è veramente ottimo: secco e mite.
La pianura padana da questo punto di vista non è molto competitiva…! Anche se mi sembra che col passare degli anni stia un po’ migliorando…
Come hai vissuto la quarantena in Francia?
Piuttosto bene: Marsiglia era finalmente diventata una città pulita e silenziosa! Ma la magia è ormai rotta e tutto è tornato come prima: caos, rumore e sporco. Con buona pace di chi, me compreso, teorizzava (…o sperava) un nuovo mondo post-Covid…
Qual è la prima cosa che ti viene in mente pensando a Marsiglia?
E pensando a Bologna?
Marsiglia: il blu del cielo nei giorni di Mistral.
Bologna: la sensazione di essere a casa.
Credi che prima o poi tornerai in patria o rimarrai a vivere all’estero?
Non credo di voler terminare i miei giorni in Francia.
Quando i figli saranno grandi e indipendenti, nulla mi terrà legato alla Francia.
Perché la decisione di lasciare l’Italia?
Cosa vorresti dire a chi è indeciso sul trasferirsi in un paese estero?
Non ho mai deciso di lasciare l’Italia…
Però, a volte, quando ero giovane, mi sembrava di pedalare un po’ a vuoto e di non fare mai parte di quelli che “conoscono qualcuno”.
Non ero un fuggitivo, stavo bene a Bologna. Il motore principale era veramente la voglia di vedere e vivere altre cose.
Quando si è giovani (e anche un po’ meno giovani!) lavorare e vivere all’estero per un periodo significativo è un’esperienza che consiglio fortemente, anche se si ha l’intenzione di ritornare poi in Italia.
Va preparata bene nei dettagli ed oggi è possibile, in modo che sia piacevole, efficace e che rimanga un’esperienza positiva. Nella peggiore delle ipotesi, se non ci si trova tanto bene, alla fine si può ritornare… magari apprezzando ancora di più le qualità (che ci sono!) del vivere in Italia.
Credo comunque che un viaggio (per cominciare una vita in un altro Paese) possa avere maggiori possibilità di riuscita se lo si intraprende “leggeri”, cioè da soli e concentrati unicamente sui propri obbiettivi, riducendo al minimo i legami con le proprie origini. Questo almeno nella fase iniziale, quando le difficoltà di installazione sono le maggiori e le più demotivanti.
La natura umana tende sempre verso la soluzione di facilità, il che potrebbe tradursi con un ritorno prematuro al proprio Paese di origine all’apparire delle prime, inevitabili, piccole avversità.
Meglio tagliare subito ogni “corda di sicurezza” che ci tiene legati a casa per non contarci troppo nei momenti difficili! Inoltre se si è soli si sarà maggiormente costretti a comunicare con i locali nella loro lingua, nei modi e usi del posto, accelerando quella fase di integrazione iniziale che è indispensabile!
Di Francesca Neri