Antimo Cimino, trasferirsi nella nazione delle opportunità e delle possibilità

Antimo Cimino ha lasciato Manduria, il suo paese natale, le sue viti e le millenarie mura messapiche, per trasferirsi nella nazione delle opportunità e delle possibilità per eccellenza: gli Stati Uniti. Antimo vive oggi a Portland, nello stato dell’Oregon, sull’oceano Pacifico, una delle trenta città più popolose d’America. Dopo avervi raggiunto degli amici, nel 1996 la decisione di intraprendere qui gli studi universitari ed oggi il lavoro presso un’azienda che si occupa di Leadership Development. La ‘corrispondenza epistolare’ con lui avuta in questi giorni mi permette di definirlo uomo di raro garbo e spiccata affabilità, un grande acquisto per il suo nuovo paese che, pur avendone riconosciuto le doti, non ne ha cancellato le radici italiane!

Perché hai deciso di andar via dall’Italia?

Per una serie di motivi. Forse tra i più importanti il fatto che il sistema dell’educazione era e continua ad essere molto inadeguato ai tempi in cui viviamo. Non c’e’ un sistema d’educazione perfetto, ma io ho scelto quello Americano perché è più concreto è dà molte possibilità reali di lavoro e di applicazione. Così ho frequentato l’università interamente negli USA, mi sono laureato ed ho anche ottenuto un Master in Relazioni Interculturali.
Un’altro motivo per il quale ho lasciato l’Italia è anche la nostra natura di Italiani, molto negativa, poco altruista, afflitta da nepotismo continuo, incapace di esaltare i talenti altrui per paura di togliere qualcosa a se stessi. C’è tanto talento in Italia, ma abbiamo paura di usarlo e condividerlo. Non riusciamo a vedere, immaginare né a capire i benefici che esistono quando si collabora di più: si condividono le idee, si agevolano le persone con qualità e talenti particolari.
Un’atra ragione per la quale ho lasciato l’Italia è la preoccupazione continua della famosa “bella figura”. L’Italiano è troppo preoccupato degli aspetti esteriori della vita, che spesso lo inducono a giudicare le persone sulla base di pochissime informazioni. È il famoso effetto Iceberg: si nota la parte al di sopra della superficie senza badare alla grandezza che si sviluppa sottacqua e che fa da supporto a ciò che vediamo in superficie.


Cosa fai a Portland?

Al momento sono un Project Manager per una ditta globale che si occupa di Leadership Development per dirigenti d’azienda.

Quando hai deciso di trasferirti e perché proprio a Portland?

Mi sono trasferito nel maggio del 1996 dopo aver visitato lo stato dell’Oregon e la città di Portland. Avendo degli amici qui ho deciso di prendere informazioni sulle Università locali, cosi mi sono iscritto a Portland State University. Dopo la laurea in International Studies ho continuato i miei studi al Pacific of the Pacific in California dove ho completato in mio percorso di studi con un Master in Intercultural Relations.


Quali differenze hai trovato tra l’Italia e l’America?

Le differenze sono numerosissime e abissali.
Culturalmente bisogna accettare le differenze per quelle che sono riuscendo a capire le implicazioni storiche che le hanno create. Quindi, anche se è naturale fare il paragone, non è appropriato giudicarle. Culturalmente l’America è molto aperta alle differenze sociali, etniche ed economiche, questo lo si capisce solo dopo averci vissuto per anni. Dall’estero o venendo in visita per un paio di settimane, queste differenze non verranno mai notate. L’America è ancora la nazione delle possibilità e delle opportunità. I servizi sociali, privati e pubblici, sono ben gestiti, c’e’ pochissima burocrazia che comunque non ostacola i processi. Il customer service (che nasce proprio qui in America) o servizio clienti è incredibile, funziona perfettamente (anche se ci lamentiamo comunque!) e rende la vita molto più semplice. Quando la gente ha stabilito e capito quali sono i talenti di un individuo cerca di renderli noti a tutti ed in tutte le situazioni creando opportunità che generano altre opportunità sia per l’individuo che per la società intorno a quell’individuo. Forse in America la gente lavora troppo, ma in fin dei conti una vita professionale eccellente e soddisfacente ti abilita a fare di più con il tuo tempo libero e ad agire con più integrità nel resto degli aspetti quotidiani.

Pensi di ritornare in Italia un giorno?

Sono appena tornato dall’Inghilterra dove ho vissuto un anno per motivi di lavoro. Precedentemente avevo pensato di ritornare un giorno in Italia, o almeno in Europa, ma questa esperienza dopo 14 anni ha solidificato la mi decisione che NO, non tornerei per restare. La mia famiglia è in Italia, molte memorie sono in Italia, il mio migliore amico è in Italia, ma la mia vita è qui in America. Lo so che sembra strano e forse anche triste per alcuni, ma ognuno fa le sue scelte che, alla fine, sono le più giuste per se stessi. Non ho dimenticato la mia famiglia né mai lo farò, ma siamo tutti degli aquiloni, una volta preso il volo il vento ci cattura e vogliamo volare sempre più lontani. Non perderò mai di vista le mie radici, in fondo sono qui dove sono perché le mie radici mi ci hanno portato.


Com’è ritornare in Italia anche per brevi periodi?

Non bello come uno possa immaginare. Le difficoltà per la mancanza di customer service spesso per me iniziano in aeroporto, non sto ad elencare le ragioni, ma ci sarebbe tanto da imparare da altre culture riguardo all’accoglienza e all’assistenza viaggiatori. Comunque è sempre commovente rientrare, rivedere dal cielo la terra, il mare Ionio, gli ulivi, la vite, ma purtroppo le emozioni cambiano quanto più mi avvicino alla terra ed entro in contatto con la gente ed il sistema. Se ho da sbrigare faccende per me o per i miei familiari, per cui devo interagire con, ad esempio, l’ufficio anagrafe, le banche, compagnie varie per gli utenti, mi rovino la giornata e le vacanze. Purtroppo questo succede ogni volta. Questo è dovuto al fatto che rientrando ti accorgi che tu sei cambiato ma nel tuo paese la gente è sempre la stessa ed il sistema funziona come funzionava sempre, quindi il tutto sembra non funzionare affatto.


Qual è la tua giornata tipo?

Sono un tipo mattiniero e la mia compagnia consente di lavorare flessibilmente. Arrivo in ufficio alle 6:30 o 7 di mattina, sono spesso al telefono con clienti o in meeting vari, pausa pranzo e stacco verso le 3 o le 4. Religiosamente vado in palestra per eliminare un po’ di stress, a volte si esce per una birra con gli amici oppure rientro a casa per cucinare e rilassarmi leggendo o controllando la posta sul PC. Non ho TV da 4 anni e non ne sento la necessità perché riesco a fare tantissime altre cose. Nel weekend spesso faccio delle escursioni: qui siamo circondati da una naturale incredibile, varia e lussureggiante.


Cosa ti manca dell’Italia stando all’estero?

Il mare, il contatto con la famiglia e gli amici, il cibo, anche se qui ce ne è una varietà enorme, e forse quindi alla fine i sapori nostrani.


Consiglieresti ad un ragazzo di andar via dall’Italia?

Assolutissimamente sì. Se un individuo è destinato a tornare tornerà per motivi personali, come le nostalgie espresse sopra, o la certezza “personale” di appartenere al proprio paese, l’Italia o qualsiasi altro. Ma sì, perché vivere fuori dall’Italia apre la mente e gli orizzonti completandoci come persone.


Pensi che l’Italia abbia perso qualcosa con il tuo andar via?

Si, adesso che ho avuto modo di constatare quale sia il mio contributo qui (sia per la città di Portland che per la mia compagnia), mi rendo conto che se solo in Italia si dessero più possibilità, fiducia, spazio alle menti capaci ed ai talenti vari che ognuno ha, la gente sarebbe meno propensa a lasciare il paese. In fin dei conti, penso e sento che è l’Italia che caccia via i tipi come me. Non volontariamente ma per la mancanza di cambiamenti che creino opportunità, per la mancanza e la mancata applicazione di legislature che agevolino cambiamenti tanto desiderati e necessari nei vari settori, sociali, economici, industriali e civici.

Di Silvia Coco 17/01/2011

 

“yourevolution”
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