Chiara si è trasferita nel New Jersey con suo marito

La prima volta che sono partita dall’Italia sono andata in Francia, era il 2005, settembre. Sono partita grazie ad un contratto di un anno come insegnante d’italiano in una scuola elementare. Ero all’ultimo anno di università e la realtà del mio paesello mi stava un po’ stretta. In più studiavo lingue e non vedevo l’ora di fare un’esperienza all’estero (stranamente l’erasmus ancora non era così diffuso come adesso). Li ho conosciuto il mio ragazzo, ora mio marito, un ingegnere italiano che fa il ricercatore.
Alla fine del contratto di un anno in Francia sono tornata in Italia, mi sono laureata e ho cominciato a lavorare per un’istituto di lingua a Roma come insegnante di italiano agli stranieri. Lo stipendio era una miseria, ovviamente neanche l’ombra di un contratto, e nonostante avessi numerosi colloqui di lavoro (anche come segretaria) nessuno si permetteva di parlare di contratto o di stipendi che andassero al di sopra dei 900euro. Ti prendevano per sei mesi, “poi si vedrà”. Dopo sei mesi in Italia, ho raggiunto il mio ragazzo a Parigi. Li ho vissuto e lavorato per un anno e mezzo in un Istituto di cultura italiana, finalmente con dignità. Contratto a tempo indeterminato, tasse contributi trasporti e pasti, tutto compreso! In Francia il lavoro e’ sacro.
Abbiamo vissuto 3 anni in Francia tra Parigi e Costa Azzurra. Dopo il PhD di mio marito ci siamo trasferiti negli Stati Uniti, dove viviamo ormai da un anno e dove lui lavora in un laboratorio di ricerca.

Hai trovato molte difficoltà nell’ambientarti nel nuovo paese? Adesso cosa fai nella città dove ti sei trasferita? Che impressione hai?Cosa ti piace del paese dove ti trovi?

Gli Stati Uniti sono difficili da racchiudere in una semplice definizione. Gli stati sono molti diversi gli uni dagli altri, il territorio e’ vastissimo e tutto può cambiare da una costa all’altra. Quello che li accomuna, pero’, trovo sia il senso di accoglienza che hanno nei confronti di chi si trasferisce nel loro paese. Per quanto le leggi sull’immigrazione siano rigide e a volte stupide, loro (almeno per quanto riguarda la mia esperienza) sono molto aperti ad ascoltare la tua storia, a capire le tradizioni del tuo paese, a conoscere nuovi sapori, a non escluderti dalla società che ti sta accogliendo. In America e’ stato facilissimo farsi degli amici, molto più che in Francia. Qui le persone si parlano facilmente, sono spontanee e gentili, ci si saluta per strada con un sorriso, ci si fa una battuta in un bar, o si commenta il prezzo dei fagiolini al supermercato. tutto pur di comunicare! Sono dei bambinoni simpatici e il più delle volte grassottelli, che non hanno nessunissimo gusto nel vestire, ma sanno essere genuini e di cuore. non sanno esattamente la storia e la geografia, ma conoscono i loro diritti e doveri di cittadini e lavoratori. Sanno ridere, e sorridere. Ambientarmi qui e’ stato molto facile, l’importante e’ non voler vivere alla maniera “europea”: bisogna scordarsi l’espresso, il cibo genuino, e la passeggiata della domenica…gli americani vivono in macchina, e se non hai la macchina sei fregato! ho comprato la mia prima macchina quando mi sono trasferita qui e prima ero un tutt’uno con lo scooter…gli spazi sono immensi e niente e’ raggiungibile a piedi; vuoi andare sul lungomare dove tu possa passeggiare?…nel caso ci devi andare in macchina!
Unico neo, purtroppo qui non posso lavorare: ahimè, ho solo il permesso di soggiorno legato al visto di lavoro di mio marito, quindi per il momento passo le mie giornate a casa, con le mie amiche (che sono le mie vicine) che ovviamente sono tutte a casa con i pargoli mentre i mariti businessman fanno affari in città…questa cosa e’ così tipica che non mi sento più così frustrata come un tempo a stare a casa. non posso negare che mi sono fatta le mie dosi di pianto e di sangue amaro contro questa stupidissima legge, ma magari le cose cambieranno un giorno e potrò riprendere a diffondere la lingua italiana nel mondo. non perdo le speranze, se c’e una cosa che ho capito e che gli stati uniti sono un paese molto generoso, dove si offre a tutti una vera possibilità (se hai un visto di lavoro!)

Cosa pensano degli italiani nel paese dove sei?

Gli Italiani? Per loro sono tutti bellissimi, vestiti bene, eleganti…L’Italia fortunatamente e’ ancora il Bel Paese negli States; gli americani sanno che in Italia c’e’ cultura, arte, musica, poesia, sapori, bellezza, panorami a cui gli altri paesi neanche lontanamente possono avvicinarsi…
Ogni tanto si fa qualche battuta sulla mafia, ma fortunatamente sono abbastanza ignorantelli da non conoscere Berlusconi e company, quindi sorrido e faccio anche io qualche battuta sulla mafia: tutto sommato mi sembra il minimo!

Pensi di tornare in Italia?

No, mai. Non nei prossimi 40 anni. e cmq mi auguro che le cose siano drasticamente cambiate, e migliorate, per quel momento.

Cosa ti lega al paese dove ti trovi?

Il lavoro di mio marito, la speranza di un futuro migliore.

A livello di culturale, per esempio culinaria come ti trovi?

Sono una gran golosa, quindi non ho mai problemi con la cucina dei posti dove mi trovo. Inutile dire che la cucina italiana mi manca tantissimo, e quando sono in italia mi sembra che i sapori siano tutti genuini e autentici, qui negli usa mi sembra sempre un po tutto posticcio e plasticoso. Pero ho riscoperto la carne: la carne americana e’ saporita, succosa, gustosa… la mucca americana e’ speciale! Ho scoperto quanto può essere buono un burger “come si deve”. la cheescake, i pancake, i muffin, i cookies grandi quanto pizzette e burrosi che non e necessario masticarli…tutti i tipi di frappuccino possibili, smoothie, frullati… mi piace il modo in cui cucinano, loro che sono i più pragmatici del mondo che non perdono la testa con la bilancia ma che usano la mesuring cup per “pesare” gli ingredienti. Tendenzialmente mi piace tutto ciò che assaggio!

Vivendo all’estero la mia curiosità verso altre culture (culinarie e non) e’ aumentata, ma mi sono riscoperta anche molto legata al mio paese, alla mia terra (nonostante tutto!)
Cerco di rimanere sempre fedele a quelle che sono le mie tradizioni di donna del sud, di italiana, di cittadina europea; cerco di raccontare agli altri le cose belle del nostro paese, le cose che vanno al di la del cliché della mozzarella e della pizza. E nel mio modo di essere italiana cerco a volte di apportare “modifiche” prese in prestito dalle culture dei posti che mi ospitano, assumendo atteggiamenti a volte pragmatici e diretti (gli americani) a volte sofisticati e sicuri di se’ (i francesi) cercando di creare una “realtà globale” perfetta, dove ogni pese contribuisce al puzzle della società ideale portando il suo pezzo migliore…che utopia! spero di riuscire a collezionare quanti più pezzi potrò per il puzzle della società ideale e di continuare ad essere quello che ormai siamo tutti, nient’altro che cittadini del mondo!

Di Alessandra Fanciano 25/01/2011

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