In Italia non c'è futuro per i giovani

Elena Pala, da Cambridge un invito a partire: “In Italia non c’è futuro per i giovani”

“Non tornerei mai indietro, ogni giorno che passa sono sempre più convinta della mia scelta”.
Questa è la storia di Elena: un anno trascorso in Irlanda per un progetto Erasmus, un lavoro estivo alla Tour Eiffel e la consapevolezza che di lì in poi l’Italia sarebbe solo potuta starle stretta.
I passi che hanno portato questa 26enne della provincia pesarese a fare la scelta di una vita all’estero sono stati pochi e decisivi. Da Dublino, a Parigi e poi la Gran Bretagna. L’idea di non poter ormai più tornare indietro.
E infine Cambridge, a conclusione di un percorso di studi, ma soprattutto di vita, che ad oggi le dà la consapevolezza di essersi giocata bene le sue carte. Elena Pala ci racconta la sua vicenda di ‘expat’ e – senza troppi sentimentalismi – anche i motivi per i quali incita tanti altri giovani italiani a buttarsi e ‘correre il rischio’ di una scelta come la sua.

In Italia non c'è futuro per i giovani“Vivo e studio a Cambridge, in Gran Bretagna, ormai da tre anni, ma ho deciso di lasciare l’Italia un paio d’anni prima di trasferirmi qui.
La ‘svolta’ e’ arrivata con l’Erasmus al mio secondo anno di università, nel lontano (ahimè!) 2006/2007. Da sempre appassionata di lingue straniere, la scelta di trascorrere un anno all’estero era in programma da tempo, e quando vinsi la borsa per il Trinity College a Dublino in qualche modo intuivo già che sarebbe stata un’esperienza che mi avrebbe cambiato la vita. E così fu! Il contatto con una cultura diversa, con ragazzi provenienti da ogni angolo del mondo e soprattutto la scoperta di un sistema universitario che a mio avviso surclassa totalmente quello a cui ero abituata a Bologna mi hanno spinta verso una scelta radicale.

Tornata in Italia dopo la fine dell’Erasmus, sapevo di non poter rimanere. In sei mesi circa conclusi esami e tesi a tempo di record (tanta era la fretta di ripartire), e dopo essermi laureata a marzo del 2008, cominciai a fare domanda per master in svariate università in Gran Bretagna. Mentre aspettavo di sapere se sarei stata presa, la rete di amicizie sviluppate durante l’Erasmus si dimostrò ancora una volta decisiva: quasi per scherzo, feci domanda per un lavoro estivo alla Tour Eiffel sapendo di poter contare su tante conoscenze per l’alloggio, e quei quattro mesi trascorsi a Parigi sicuramente rafforzarono la mia convinzione di lasciare l’Italia. Nel frattempo, avevo ricevuto risposta dall’Università di Cambridge, ed eccomi approdata qui nell’ottobre del 2008 per un master in linguistica.

In Italia non c'è futuro per i giovaniDopo il master, mi sono trovata così bene che ho deciso di continuare con un dottorato di ricerca, sempre in linguistica. È stata dura competere per ottenere il posto e soprattutto i finanziamenti, e anche se ora so che non continuerò la carriera accademica, posso sempre andare fiera di un titolo di studio ottenuto in una delle più prestigiose università a livello mondiale. Questo è il mio terzo ed ultimo anno di dottorato, conto di consegnare la tesi a giugno e poi trasferirmi a Londra e cercare lavoro nel campo dell’editoria, o delle pubbliche relazioni. La crisi si fa sentire anche qua, e la competizione per posti di lavoro qualificati è sempre dura, ma devo dire che da quello che ho potuto constatare dalle esperienze di amici e conoscenti, non è impossibile trovare posti ben retribuiti, ovviamente dopo tanta gavetta. Tutto sommato, sono fiduciosa e nutro ragionevoli speranze nel mio immediato futuro e nella possibilità di essere economicamente indipendente di qui a un paio d’anni.

Ma arrivare qui non è stato facile. Come dicevo, la mia prima vera ‘prova del fuoco’ all’estero è stata quella a Dublino. Dio, che settimane orribili che passai in quel miserando ostello mentre cercavo casa… tutto era una sfida, niente era dato per scontato. A cominciare dalla lingua: gli irlandesi hanno un accento molto caratteristico che col tempo ho imparato ad amare, ma all’inizio la lingua che avevo studiato per quasi dieci anni mi sembrava un fluire continuo e rapidissimo di suoni senza senso. Poi ovviamente mi perdevo in continuazione, pioveva sempre, non conoscevo nessuno, mangiavo solo panini per non dover sedere al ristorante da sola, e mi mancava casa…insomma le solite difficoltà, anche se io rispetto ad altri che partono cercando lavoro almeno avevo una struttura di riferimento come l’università alle spalle, che mi ha aiutato non solo nella scelta dell’alloggio ma anche e soprattutto nella socializzazione con altri studenti. La differenza tra prima e dopo l’inizio dei corsi, in termini di organizzazione e soprattutto in termini di umore, è stata abissale.

In Italia non c'è futuro per i giovaniUn giorno mi sarei buttata nel Liffey (il fiume di Dublino) e quello dopo avevo trovato casa, conosciuto un sacco di gente e provato quella che si sarebbe poi rivelata la mia droga: la Guinness!
Anche se all’inizio è stata dura, ad oggi posso dire che non tornerei mai indietro: ogni giorno che passa sono sempre più convinta della mia scelta. Quando mi sento giù, penso a quanta strada ho percorso e quante sfide ho affrontato per arrivare dove sono, e ritrovo la carica per andare avanti. Penso a quanto avrei perso se in quelle prime settimane a Dublino avessi dato retta alla paura e alla nostalgia e fossi tornata a casa. Sono così grata per tutte le opportunità che questa esperienza mi ha offerto e continua ad offrirmi, e mi auguro che tanti altri come me trovino la stimolo giusto per rifarsi una vita altrove.

Questa è stata la ragione principale per cui ho scelto di fare questa intervista. Se posso rivolgermi direttamente ai lettori: ragazzi, gambe in spalla e partite, da noi non c’è futuro.
E lo dico senza rancore e senza autocommiserazione, è semplicemente una constatazione, un dato di fatto. Mi rifaccio a una delle domande precedenti, dove affermavo di essere fiduciosa nel mio futuro.
Quanti giovani in Italia possono dire lo stesso? Quanti coetanei conoscete che possono dirsi soddisfatti del proprio lavoro, se sono così fortunati da averne uno? Quanti laureati si accontentano di stipendi da fame in posti per cui sono over-qualified, come si dice qua, ossia che richiedono competenze irrisorie rispetto a quelle per cui si è studiato?

In Italia non c'è futuro per i giovaniE vogliamo parlare di salari?
In Inghilterra, dove pure il costo della vita è più elevato rispetto all’Italia, un salario medio è di circa 25-30 mila sterline l’anno, ossia circa 35 mila euro all’anno, ossia quasi tremila euro al mese. E il mio ragazzo, fresco di università, ne prende già 35 mila, ossia più della media. L’anno scorso, facendo lezione per una settimana nella mia università a studenti del primo anno, ho guadagnato circa 800 sterline, quasi 900 euro. Quasi uno stipendio mensile italiano, in una settimana, a sole cinque ore al giorno, non otto. Proprio non ci sono paragoni.

Non è certo questo il posto per analizzare il problema della disoccupazione giovanile, della non valorizzazione del merito, del sistema malato.
Ce ne sono stati che mi hanno chiamato codarda, perché partire è facile, perché bisogna restare e combattere per cambiare le cose. Ma io dico, chi me lo fa fare, chi CE lo fa fare, di sacrificare le nostre carriere e le nostre vite? E per cosa poi? Si è giovani una volta sola, e prima che ce ne rendiamo conto siamo troppo scoraggiati e ci sentiamo troppo vecchi per dare una svolta alla nostra vita, per mollare tutto e ricominciare daccapo o quasi. Ne ho tanti di amici che chiamo ‘i fossili’, delusi ma immobili, in perenne polemica contro il sistema, contro le ingiustizie sociali, ma che non fanno niente per migliorare la propria condizione, figuriamoci quella generale. E allora basta, non raccontiamoci storie. Parafrasando Dante, direi:”‘lasciate ogni speranza o voi che restate!”.

Di Silvia Mammarella 03/01/2012

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