Stefano Lodola, 28 anni, ingegnere e manager di formazione, vive a Tokyo dove canta lirica come tenore.

Stefano, 28 anni di Carrara, ingegnere e manager di formazione, risiede a Tokyo in Giappone dove ora si occupa di cose che per niente hanno a che fare con quello che prevedevano i suoi studi, studi che tuttavia sono responsabili di averlo condotto proprio in Giappone.
Ora canta lirica come tenore e fa spettacoli per il pubblico giapponese.

Ciao Stefano, di dove sei e cosa facevi quando eri in Italia?

Sono di Carrara, in Toscana. La città è famosa per il marmo che si estrae dalle montagne vicine.
Sono stato in Italia fino al 2004, quando ho preso la prima laurea in ingegneria gestionale all’università di Pisa.

Ho letto del MENSA e della tua formazione… ti consideri un “cervello” in fuga?

Da un lato mi piace immergermi in culture diverse e confrontarmi con persone nuove e da molto tempo avevo interesse per il Giappone; dall’altro, credo che le condizioni socio-economiche dell’Italia degli ultimi 20 anni non siano attraenti per nessuno.
Comunque non ho mai provato ad affermarmi in Italia, né in azienda né con il canto, quindi non posso commentare l’ambiente di lavoro italiano. Invece, in quanto all’università, posso testimoniare che le tre borse di studio che ho avuto sono venute tutte dal Giappone…

Quando e perchè è arrivata la voglia o la necessità di lasciare l’Italia?

Ho sempre avuto poco in comune con l’ambiente del posto, mentre ho studiavo avidamente le lingue e facevo amici stranieri a Pisa, dove studiavo, e su internet. Già dal liceo avevo in mente di studiare all’estero ma per la mia famiglia era troppo presto, così mi sono imposto solo una volta all’univeristà.

Avevi già vissuto all’estero per lunghi periodi prima?

No, solo qualche settimana di viaggio in Europa. Mi pento di non avere passato almeno un semestre in Europa con l’Erasmus.

Perché proprio in Giappone?

Dal 1999 mi interessavo al Giappone, prima per i manga poi per gli
amici giapponesi che ho fatto a Carrara (lavoravano nell’esportazione
di marmo). Quando ho saputo che c’era un accordo di scambio tra
l’università di Pisa e l’università Waseda di Tokyo, mi sono lanciato
senza esitazioni.

In che cosa consiste la tua attività?

Principalmente canto come tenore. Poi, siccome in Giappone i personaggi stranieri attirano facilmente attenzione, mi capita anche di apparire in TV per piccole parti da attore o per presentare la cultura italiana.
Nelle mie esibizioni parlo anche dell’Italia e del Giappone visto da un italiano.
Ho vinto qualche concorso di scrittura con saggi sulla società giapponese, che vorrei pubblicare in un libro. Aspetto di diventare famoso per sperare di venderlo!
Ho fatto anche qualche piccolo business online rivolto al Giappone, anche se sono le attività culturali che mi danno soddisfazione.

Oltre a questo per cosa altro si distingue la tua attività?

In Giappone ci sono tanti stranieri più o meno famosi che giocano sul
ruolo di “straniero”. Io stesso cerco di valorizzare il mio stato di italiano, che è molto comodo perché qui l’Italia è il Paese più apprezzato, ma propongo sempre qualcosa oltre al semplice straniero simpatico e basta. L’impegno che ho profuso nel canto lirico negli scorsi cinque anni serve anche a identificarmi come professionista in un campo, per poi spaziare. Altrimenti si è facilmente rimpiazzabili da un altro straniero.

Quali differenze sostanziali riscontri a livello lavorativo rispetto all’Italia?

Nella scala di valori in Giappone il lavoro viene molto prima che in Italia, dove teniamo più alla famiglia e a noi stessi. L’appartenenza e l’armonia del gruppo è prioritaria rispetto alla realizzazione degli individui che lo compongono. Questo rende molto difficile l’integrazione di un occidentale, e ancora di più un italiano, in un ambiente di lavoro giapponese. E’ anche per evitarmi la vita “da giapponese” che sono rifuggito dalle aziende e mi sono ritagliato un
posto sul palco.

Com’è avvenuta la tua integrazione in una realtà locale così differente da quella italiana?

Fin dall’inizio, il sincero interesse per la cultura e una buona conoscenza della lingua mi hanno permesso di farmi le amicizie che volevo. Poi gli italiani sono i più stimati qui, quindi si desta facilmente interesse.
Lavorativamente, sono fortunato a non appartenere a un ambiente convenzionale come un’azienda, perché sarebbe asfissiante! A un creativo, tantopiù se straniero, si perdona qualche strappo ai costumi.

L’Italia oramai è per te un ricordo, hai nostalgia, cosa ti manca?

Mi ha sempre attirato la vita all’estero e ho sempre teso a orizzonti
ampi, quindi mi trovo bene. Comunque negli ultimi anno sono tornato più volte in Italia per studiare canto lirico.

Vivere in Giappone sotto quali aspetti è meglio che in Italia ? E sotto quali aspetti è peggio?

In Giappone, lo “straniero” (soprattutto se occidentale) è una categoria a sé: incuriosisce, affascina, fa simpatia; d’altra parte non si è mai recepiti come uno del posto e questo pone limiti, specialmente per uno come me che canta, parla in pubblico e scrive, quando ci s’impone di trasmettere qualcosa che superi la semplice simpatia e faccia riflettere. I giapponesi sono ossessionati dalle convenzioni e lo spirito critico di un occidentale si scontra spesso contro educate risposte evasive di convenienza.
Materialmente parlando, il Giappone è infinitamente più confortevole,
puntuale, efficiente, affidabile dell’Italia per quanto riguarda qualunque servizio. Essere cliente in Giappone è molto comodo.

Cosa consiglieresti ad altri italiani che desiderassero seguire le tue orme?

Il Giappone, rispetto ad altri Paesi asiatici, si è occidentalizzato relativamente presto: ci sono già molti italiani e molto dell’Italia già è presente e conosciuto. Per distinguersi, oltre che per godersi appieno l’esperienza, consiglio di cimentarsi con il giapponese, con la rassegnazione ad impiegare per impararlo un tempo 3-4 volte superiore rispetto a una lingua europea. Tenetevi anche ben aperti ad altri modi di pensare, perché vi scontrerete con scale di valori molto diverse dalla nostre.

Che tipo di lavoro/attività/investimento è conveniente praticare per un italiano in Giappone?

Il mercato del Giappone in generale è saturo di merci italiane, ci sono molte scuole di lingua italiana e ristoranti. Ma c’è sempre posto per una propria nicchia personale.

Pensi che ci siano molti italiani che vivono in Giappone?

Tokyo ospita molti italiani e ancora di più vengono per studio con il
sogno di stabilirsi.
L’Istituto Italiano di Cultura è molto frequentato e ospita spesso
eventi sull’Italia.

Consiglieresti il Giappone come meta per espatriare o più per una vacanza?

A meno di interessi particolari (manga etc.) non lo consiglio per una
vacanza, perché ci sono mete più esotiche a distanze e costi inferiori. Se però uno ha già in mente il Giappone e vuole stabilirsi, può stare sicuro che sarà benvoluto dai giapponesi.

Visto il particolare “tragico” momento che ha vissuto il Giappone di recente: il sisma, lo tzunami e il problema delle centrali nucleari, desideri commentare a proposito?

Non mi sono mai opposto particolarmente all’energia nucleare, se non altro per non dipendere solo dal petrolio. Tuttavia il Giappone, che produce un terzo della sua energia elettrica con il nucleare, ha costruito impianti per definizione così critici in siti ad alto rischio di disastri naturali (come del resto è la maggior parte del suo territorio).
Alla luce di questo disastro, spero che il Giappone si accorga di quale rischio fa correre alla sua popolazione in cambio dello “sviluppo” e corra a sostituire il nucleare con altre fonti, possibilmente rinnovabili. Proprio due mesi fa ho partecipato ad una manifestazione contro il nucleare, peraltro organizzata da un altro italiano, impostata ironicamente con il titolo “vogliamo una centrale nucleare a Tokyo”.

www.stefanolodola.com

Di Massimo Dallaglio 19/12/2011

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