Alessia Bianciardi ha trovato la sua libertà di “osare” a Tokyo

Alessia, nata e cresciuta in un paesino ligure in cui aveva poche possibilità di trovare un lavoro “normale” … Dopo la laurea, affascinata da sempre dal Giappone e dalla sua cultura, ha preso la decisione di trasferirsi a vivere a Tokyo dove oggi lavora come insegnante di lingua italiana, occupa di interpretariato e traduzioni, a volte organizzo anche tour guidati per turisti. Ci racconta com’è vivere in Giappone.

Hai mollato tutto e sei partita per Tokyo. Com’è cominciato tutto?

Tutto è cominciato molto tempo fa, da bambina. Avevo circa nove anni quando grazie ad un documentario sul Giappone. I templi antichi, lo sguardo ammaliante delle geisha mi hanno rapito il cuore, affermando in me la certezza assoluta di dove sarei voluta essere “da grande”. 
Dopo la laurea in Lingua e Letteratura Giapponese ho fatto una breve vacanza-studio di tre mesi a Tokyo per poter provare come fosse la vita in Giappone. Sono rimasta conquistata dalla qualità della vita e dall’efficienza del servizio pubblico, oltre che dai paesaggi mozzafiato. Così al mio ritorno, dopo una parentesi lavorativa di un anno nel Principato di Monaco e in Italia, ho messo da parte i soldi necessari ad affrontare un trasferimento nel Paese del Sol Levante e, con non pochi dubbi e perplessità dei miei cari, mi sono tuffata in questa nuova avventura.

Il Giappone è un universo molto differente dal nostro. Non hai riscontrato delle difficoltà, per esempio culturali?

Moltissime. In Giappone serpeggia un razzismo sottile, molto diverso da quello che possiamo trovare ad esempio in Italia. Non si tratta di essere presi a male parole, ma di essere ostacolati nella burocrazia, e soprattutto di essere messi continuamente alla prova per dimostrare quello che si è veramente. Una bella sfida insomma.

Ho dato un’occhiata al tuo blog. Nel primo post scrivi che per te la vera vita è cominciata a Tokyo. Che cosa mancava in Italia che invece hai trovato in Giappone?

Mi mancava la libertà di osare. Sono nata e cresciuta in un paesino ligure in cui avrei avuto poche possibilità non solo di trovare un lavoro che mi piacesse ma addirittura un lavoro “normale” (se ripenso al periodo buio in cui i miei curriculum venivano rifiutati persino dai supermercati mi sento male!). Mi mancava il potermi mettere una gonna (non una gonna corta ma una qualsiasi) senza la paura di venire infastidita o molestata. Mi mancava la possibilità di vivere in una città che è una e molteplice, in continua crescita e mutamento.

Di che cosa ti occupi?

Insegno Italiano in alcune delle maggiori scuole private della città questo anche grazie alla mia esperienza come insegnante per stranieri in Italia. Il lavoro è abbastanza instabile in quanto dopo la crisi economica l’insegnamento della lingua italiana ha subito un calo drastico nella domanda e anche perché i proprietari delle scuole preferiscono (probabilmente per ragioni “fiscali”) distribuire le lezioni tra tanti insegnanti, spesso non in possesso di permesso di lavoro e spesso non esattamente portati per questo lavoro. Per tali motivi mi occupo anche di interpretariato e traduzioni, a volte organizzo tour guidati per turisti, tutto questo privatamente, per arrotondare.

Un’esperienza così radicali non ti ha fatto sentire un po’ senza radici? Non ti sei mai sentita “perduta nel mondo”?

A volte il carattere chiuso dei giapponesi e le loro regole rigide ti fanno sentire veramente “straniero”. Però sono ben conscia delle mie radici, so chi sono e da dove sono venuta, e questo mi aiuta ad affrontare la vita all’estero, anche nei suoi lati negativi.

Hai contatti con altri italiani o preferisci non averli?

Durante il mio primo anno di soggiorno ho unito il lavoro al perfezionamento del giapponese in una scuola di lingua. Lì ho conosciuto molti italiani, alcuni dei quali sono diventati miei carissimi amici, proprio in virtù della vita tokyota si sono creati legami direi indissolubili. Nel mio secondo anno a Tokyo, con l’inevitabile separazione da queste persone che o sono tornate in Italia o si sono spostate in altre prefetture, ho preferito isolarmi dalla comunità italiana, per poter usare il Giapponese il più possibile e anche perché la tipologia media dell’italiano in Giappone non è molto in sintonia con i miei hobby e i miei interessi. Intendo il tipo “otaku”, fanatico di manga e anime, un lato della cultura giapponese che rispetto ma che mi interessa relativamente poco.

Ti informi mai su cosa accade in Italia? Come la vedi, dall’altra parte del mondo?

Mi informo tramite internet, e seguo le vicende italiane con crescente preoccupazione. Forse in cuor mio spero che la situazione politica ed economica del nostro Bel Paese migliori, così che anch’io possa ritornare a casa. Ma penso proprio che rimarrò a Tokyo ancora per un bel po’!

Se un italiano, stanco della sua vita, volesse espatriare per costruirsene un’altra gli consiglieresti Tokyo?

Gli consiglierei Tokyo solo se amasse veramente il Giappone e fosse pronto a capire una cultura così diversa dalla nostra. Per vivere a Tokyo bisogna veramente essere flessibili ma anche decisi. L’ufficio immigrazione è un osso duro, quindi se non si hanno le idee chiare su cosa si vuole fare e come lo si vuole fare, è veramente dura ottenere un visto.

Di Sante Cantuti 08/01/2011

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