TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELE

Federica Marino, trent’anni, va e viene da qualche anno da Tel Aviv. ‘Collina della Primavera’. È questo che vuol dire ‘Tel Aviv’.
Federica Marino, trent’anni, foggiana doc, da questa ‘collina’ va e viene da qualche anno, ormai. Ecco com’è lavorare in Israele.

Da quando, laureatasi in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Bari nel 2007, è entrata a far parte di una della più grandi realtà economiche italiane, l’Alenia Aeronautica, nel settore logistica.
Per il ruolo che ricopre gira per il mondo con curiosità e ambizione, approdando spesso in Israele, dove la società per cui lavora intrattiene fitti rapporti commerciali.

E a Tel Aviv la realtà davanti alla quale viene a trovarsi di volta in volta la affascina e le suscita rimprovero

Per la forza con cui la tradizione ebraica si radica nella vita e negli animi di ogni persona e per l’ostinazione con cui si porta avanti uno stile di vita che non di rado cozza con la velocità con cui si muove il resto del mondo.

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELEHo completato i miei studi di Ingegneria Gestionale nel 2007 (laurea triennale e, poi, specialistica) e devo dire che sono stata molto fortunata nel trovare il lavoro che tutt’oggi svolgo. Lavoro per Alenia Aeronautica, una società parastatale che si occupa della costruzione di velivoli civili e militari.
Sono stata assunta quasi quattro anni fa e lavoro da allora nel settore Supply Chain, nel settore logistico, continuando ad avere lo stesso entusiasmo del primo giorno.

In particolare mi occupo di tutto quanto concerne la subfornitura. E, a seconda del fornitore che mi viene “assegnato”, mi reco presso di lui per verificare lo stato dei lavori, gli aspetti qualitativi, per aiutare il fornitore stesso a pianificare la propria attività. Affinché tutto vada come deve e vengano rispettati piani e consegne.

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELECome si può ben capire non si tratta di un lavoro facile

Perché è come se ogni volta andassi a “controllare” il lavoro altrui, a giudicarlo, a dire cosa si debba fare e cosa, invece, non si debba fare. Spesso anche a dover dare voti e punteggi al lavoro degli altri.

In situazioni come queste è richiesta molta diplomazia. Ma sopratutto è richiesto un buon parlare. E quando sei all’estero esprimersi non è per niente facile! Soprattutto quando dall’altra parte ti trovi persone molto molto diverse che parlano un inglese poco universale e ben diverso dal tuo.

Mi reco spessissimo fuori per lavoro, con permanenze anche di tre settimane o un mese. Alle volte conosco solo la data della partenza e non quella di ritorno!

Il posto che più di tutti mi sorprende ogni volta, nonostante siano ormai tre anni che ci vado, è Tel Aviv, in Israele.

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELEOrmai lì conosco un sacco di persone anche fuori dal mio ambiente di lavoro e quindi ho avuto modo di conoscere il loro stile di vita.
Sicuramente la prima cosa di cui ci si rende conto è che la Religione è una parte fondamentale della vita degli abitanti di Tel Aviv. Credo che circa il 80% della popolazione sia credente e attivamente praticamente.

Per esempio lo shabatt, ovvero il weekend Ebraico.

Innanzitutto inizia il venerdì al tramonto e si conclude con il tramonto del sabato, quindi la domenica si lavora. Sembra una sciocchezza. Ma quando ci lavori ti rendi conto che mentre tutto il mondo il venerdì lavora, a Tel Aviv, secondo quanto dice la loro religione. Non possono neanche rispondere al telefono, per cui se hai un imprevisto devi aspettare tre giorni per poterlo risolvere!

Durante lo shabatt, secondo i libri sacri «nulla si crea e nulla si distrugge, ma si prega soltanto». E quindi non puoi dare “vita” o far funzionare o spegnere o distruggere qualsiasi cosa. Non puoi scartare un regalo perché romperesti la carta. E non puoi cucinare (si prepara tutto il giorno prima). Non puoi accendere la luce (si lasciano le luci accese in tutta la casa). Non puoi regalare dei fiori perché si tratterebbe di reciderli da una pianta.

Una volta mi capitò di essere invitata da un collega e amico a una cena durante il venerdì di shabatt. In un paesino alla periferia di Gerusalemme.

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELEUn altro amico durante il viaggio ci aveva avvisati di tutte le precauzioni da adoperare (non spegnere la luce, non dare la mano agli uomini, non sedersi vicino al padre nella cena) e ci consigliò di scartare tutti i pacchi regalo che avevamo preparato per figli e capi famiglia.
Una volta arrivati, il paese sembrava un villaggio vacanze estivo in autunno: per entrare in paese si passava attraverso un cancello e la macchina ovviamente si doveva lasciare fuori.

Non c’era nessuno per strada, non c’era nessun negozio aperto né un bar. Nulla di aperto, insomma, ed erano solo le 18! Ad un certo punto, mentre vagavamo nel paese deserto, dalla sinagoga vedemmo uscire praticamente tutti gli uomini del paese!

Scoprimmo che erano tutti nelle sinagoghe

A prendere dal rabbino gli insegnamenti e i messaggi da dare agli altri membri della propria famiglia all’inizio della cena. Ma la moglie dove era? Era a casa a preparare la cena da buona massaia, completamente vestita di nero. Una gonna lunga nera e maglioncino nero a maniche lunghe (a marzo e con 38° C alla sera!). Con un fazzoletto in testa nero a coprire capo e capelli come da tradizione.

Trovato il nostro uomo e arrivati a casa, conoscemmo la numerosissima famiglia e ci sedemmo a tavola. Una preghiera molto lunga prima della cena e la disposizione delle persone a tavola. Un po’, a parere mio, “antifemminista”: a capotavola il padre di famiglia, alla sua destra e sinistra i primogeniti maschi (in quel caso la primogenita era donna, quindi destra e sinistra andavano il secondo e il terzogenito). Poi la figlia e infine la moglie. Dall’altra parte noi e tutti gli altri figli.

Tel Aviv è sicuramente una città che sta cercando di occidentalizzarsi

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELEMa le radici della loro religione la costringono a rispettare una serie di regole che mi appaiono in antitesi con il tempo ed il mondo di oggi dove se devi fare un viaggio lo fai il finesettimana, ma lì gli aeroporti sono quasi tutti chiusi; se devi fare la spesa, perché magari in settimana lavori, ci vai nel finesettimana. Lì, invece, al venerdì i negozi sono tutti chiusi e non riaprono che alla domenica.

All’inizio della mia permanenza avevo delle opinioni molto positive su Israele e Tel Aviv. Contrariamente a noi italiani di religione cristiana, gli israeliti di religione ebraica conoscono la religione perfettamente. Sono praticanti, sono rispettosi del prossimo, sono quelle che noi diremmo «brave persone di chiesa». Credono nei valori della famiglia e della vita. La cena dello shabatt è un momento per ritrovarsi. Dedicarsi alla cura della famiglia e dei figli, alla vita spirituale. È veramente bellissimo vedere il padre che chiama i suoi figli uno alla volta per sussurrargli nelle orecchie un messaggio di pace e di amore…

Ma poi ti guardi intorno e ti accorgi che al lavoro se sei donna hai difficoltà a farti ascoltare

TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN ISRAELEPerché è ancora inconcepibile l’idea di una “donna capo”, ma il ruolo femminile è per loro solo quello di fare figli e badare alla famiglia. Avere una donna che va lì, viaggiando tutti i mesi e con un ruolo da leader non è cosa ben vista a Tel Aviv!
La domanda che tutti mi fanno e frequentemente è «Ma non ti sposi? Non vuoi avere figli? Ma perché?».

Una delle ragioni principali per cui (almeno per ora!) non cambierei il mio lavoro è che mi consente di viaggiare molto, di scoprire ogni giorno nuove realtà nuovi mondi. Di interfacciarmi continuamente con persone di culture così tanto diverse dalla mia (dalla nostra!). Alla fine di ogni viaggio ti senti sempre più ricco.
Ma quando sono lì per tanto tempo sento la mancanza dell’Italia e delle tradizioni della mia famiglia.

Quindi da un lato, stando all’estero, ho imparato ad apprezzare ancora di più la mia cultura

Perché è bello essere speciali e particolari per quello che si è. Tornare a casa per me è come un premio.

Se dovessi trasferirmi stabilmente in una città come Tel Aviv, non credo mi troverei bene. Sono ancora troppo ribelle per poter vivere quella vita tutti i giorni! Tel Aviv è una città bellissima e con una cultura meravigliosa. Persone affascinanti e cocciute con cui lavorare tutti i giorni e di cui rispetto e ammiro le tradizioni. Ma non potrei condividerle e viverci per sempre.
Quale sia la prossima tappa non so, ma vorrei andare in California o in Taiwan dove credo che potrei trovare più libertà! E se poi mi trovassi bene, perché no?, chiedere lì un bel trasferimento!.

Di Silvia Coco 14/02/2012

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