Un promettente e ben avviato lavoro da imprenditore nel campo della grafica pubblicitaria, fidanzata e casa – per dedicarsi solo a ciò che gli piace veramente: l’adrenalina! Attualmente è uno dei più promettenti sportivi degli sport estremi nel base jump.
Il suo avvicinamento al base jump e agli sport estremi è cominciato in seguito ad una serie di esperienze nell’arrampicata sportiva
Disciplina nella quale Alex ha raggiunto ottimi risultati partecipando alla coppa Europa e alla coppa del Mondo. A soli 15 anni di età Alex è già in grado di arrampicare su pareti di difficoltà 8a e la cosa ancor più incredibile è che comincia a dedicarsi alla scalata completamente in solitaria dei più diffìcili itinerari italiani.
Proprio nell’intraprendere queste avventure estreme nasce e si sviluppa in Alex l’idea di dedicarsi a qualcosa di ancor più radicale. Guardando una serie di filmati televisivi sugli sport estremi, scopre e si innamora del base jump, disciplina che in molti stati era considerata fino a qualche anno fa illegale, non tanto per la pericolosità, quanto per il fatto che quasi tutte le zone d’atterraggio e gli oggetti da cui si saltava erano di proprietà privata.
Alex Stecchezzini si iscrive ad un corso di paracadutismo
Nel giro di tre anni, dopo aver acquisito tutte le informazioni necessarie su quel misterioso ed affascinante mondo degli sport estremi si costruisce un paracadute da base jump, con materiale normalissimo da paracadutismo e si lancia da un ponte di 119 metri d’altezza.
Da quel giorno Alex pratica base jump quasi tutti i giorni dalla pietra di Bismantova e, durante i suoi viaggi, dalle più alte pareti Europee. Nei suoi progetti futuri ci sono una serie di spedizioni sulle Dolomiti per saltare da un’infinità di pareti ancora inviolate e un viaggio in INDIA nella valle del Gange per praticare base jump da una parete chiamata GADIRAGHI 3, a 6500 metri di quota con ben 2500 metri di Salto. Alex è un ragazzo davvero molto determinato e simpatico una di quelle promesse che sarebbe unopeccato lasciare sfuggire.
“Quando arrampico e salto concludo ogni volta un ciclo che sprigiona dentro me una energia indescrivibile e che alla fine esplode in relax e in soddisfazione personale.”
Alex
20 DOMANDE AD ALEX STECCHEZZINI
Giornalista:
1. Da dove origina e in che cosa consiste il base jump?
Alex Stecchezzini:
Il Base Jump è nato dalla mente pazzoide di qualche americano un pochino fuori di testa che, all’inizio degli anni ’70, saltava con paracaduti classici modificati. Consiste nel buttarsi da fermi, cioè da “basi fisse” come ponti, antenne, dighe, palazzi,… tutto quello che supera i 60 metri.
Giornalista:
2. Che cosa significa Base jump?
Alex Stecchezzini:
Il significato preciso del nome “B.A.S.E.” è: B. Building (Palazzo) – A. Antenna – S. Span (Ponte) – E. Earth (Terra, Montagna)
Giornalista:
3. Quali sono le caratteristiche tecniche principali del base jump?
Alex Stecchezzini:
Ogni salto ha caratteristiche che variano nel giro di pochi secondi, non si possono identificare, tranne una: è meglio non buttarsi da un parete con sotto una bella placca appoggiata… !
Giornalista:
4. Chi lo pratica, quali sono le origini sportive dei praticanti?
Alex Stecchezzini:
Il B.A.S.E. Jumper ha origini quasi obbligatorie nel paracadutismo anche se questo con il Base jump non ha niente in comune, tranne un paracadute molto simile sulla schiena. I più fortunati sono quelli come me che hanno praticato anche l’alpinismo, poiché molte volte si utilizzano manovre di corda o si percorrono tratti in arrampicata.
Giornalista:
5. Chi e quanti lo praticano in Italia?
Alex Stecchezzini:
In Italia siamo tre saltatori effettivi (con salti ogni fine settimana), uno è in America, poi ci sono dei ragazzi molto in gamba che saltano di rado.
Giornalista:
6. Pochissime sono le notizie che circolano sul Base jump: i jumpers sono silenziosi.
Esistono regole di comportamento, una sorta di manuale cui il B.A.S.E. jumper deve attenersi?
Alex Stecchezzini:
I B.A.S.E Jumper non sono silenziosi, anzi sono dei casinisti a cui piace trasgredire in qualsiasi situazione, a volte troppo ! ! ! L’unica cosa che il nostro regolamento dice è di non svelare mai le uscite, le “EXIT” dei salti, perché non ci arrivino persone non competenti, che sicuramente andrebbero ad ammazzarsi, e di non accompagnare a saltare persone con particolari capacità, cioè voglia di intraprendere il base Jump.
Giornalista:
7. Pochi anni fa venivate chiamati nell’ambiente americano: clan degli angeli.
E’ ancora attuale questa immagine un po’ spirituale? Siete veramente un clan? C’è una iniziazione tecnica?
Alex Stecchezzini:
Questo “clan degli angeli” non esiste più perché, anche se siamo in pochi, qualcuno di noi rende tutto agonistico, cioè: “io ho saltato per primo da quel punto….” e così via, altri invece se ne sbattono delle gare, saltano e sfogano nel salto tutta l’energia, per poi riacquistarla all’atterraggio; non badano a chi ha saltato per primo. Io sono un solitario perché ho un bellissimo posto dove saltare ma sono sempre da solo, rare volte, sempre da solo, vado in montagna a scovare nuovi EXIT, anche se è molto bello saltare in compagnia.
Giornalista:
8. Tu quando e come hai cominciato a praticare il base jump?
Alex Stecchezzini:
Ho cominciato esattamente due anni fa, era già un paio di anni che mi informavo sul base jump ma senza avere successo. Era il sogno della mia vita, poter arrampicare su una enorme parete e avere la possibilità di potervi scendere, in questo modo. Arrivò il giorno che aspettavo, modificai il paracadute che utilizzavo a saltare dall’aereo e mi precipitai su un ponte di 119 metri dopo aver parcheggiato in doppia fila.
Ebbi un pochino…o…o di esitazione nel buttarmi, ma ero sicuro che tutto quello che avevo letto, guardato, e tentato nei salti dagli ultra leggeri sarebbe servito perfettamente… Ready… Set… Go !… Un gran salto, posizione perfetta, apertura un po’ lenta ma immediata, atterraggio nel letto del fiumicello e poi… non sapevo più se ridere o piangere, mi sdraiai per terra per circa un’ora, e poi a casa felice e contento, ma mi promisi che la volta successiva avrei usato materiale da Base Jump.
Giornalista:
9. Quale è il base jump che prediligi, palazzi, antenne, ponti o montagne?
Alex Stecchezzini:
Preferisco le pareti di roccia perché ho sempre abbinato il Base jump all’arrampicata, ma i palazzi sono le cose che mi fanno arrapare di più, perché c’è l’incognita di come salirvi, bisogna pensare a tutto e a tutti, perché sembra di essere soli ma qualcuno che vede c’è sempre… anche se mi deve prendere!!!!Invece i ponti sono un salto in relax, poi un po’ particolari gru, dighe e per ultime le antenne visto che mi ci sono appena fulminato ! ! !
Giornalista:
10. La tua origine sportiva è la scalata: il vuoto è sicuramente un elemento che accomuna scalata e Base jump. Come stanno assieme?
Alex Stecchezzini:
Stanno insieme in me fin da quando ero piccolo, pensa che in giardino avevo un pino che sovrastava di almeno due metri la mia casa di tre piani. Avevo appena incominciato ad arrampicare (14 anni), avevo attrezzato il pino con dei fittoni da 15 cm piantati a martellate dopo aver fatto un piccolo buco con un trapano a mano, poi salivo in autosicura fino ad arrivare in cima e da li saltavo dall’albero sopra al tetto, a 12 metri da terra. Gli elementi di allora sono gli stessi che incontro quando sono sono sull’EXIT, dialogo con loro e realizzo il mio sogno.
Giornalista:
11. Quanti altri scalatori praticano il Base jump in Italia e in Europa?
Alex Stecchezzini:
In Italia sono solo io, altri una volta arrampicavano o hanno provato, ma mai con regolarità. In Europa ho conosciuto dei francesi, personaggi importanti, che hanno fatto le origini del Base jump e arrampicano ad alto livello. Uno in particolare ha saltato dalle Cime di Lavaredo nel 1985 con un paracadute tondo militare modificato, dopo essersi arrampicato con tutto il materiale; un primo inizio di Base jump in Europa.
Giornalista:
12. Racconta il contrasto di emozioni fra salita al punto di lancio, anche per sentiero, e il salto.
Alex Stecchezzini:
Per saltare ho arrampicato slegato su una via di cui non ho mai saputo il nome vicino a Briancon, non superava il quarto, quinto grado ma non l’ho gustata come quando arrampico per arrampicare, perché lo scopo principale era dopo, era scaraventarmi nel vuoto da un punto ben preciso. Dopo quattro tiri molto appoggiati incominciai a traversare verso sinistra, arrivando così al di sopra di una immensa pancia strapiombante.
La reazione che ebbi quando mi girai di schiena, faccia a valle fu: Ok… pilota a posto….. relax…. ready… set… go!!!! Dopo due secondi di caduta libera, lo shock… vela aperta, ok… atterraggio vicino all’auto sotto alla parete in un campeggio, poi via la fuga… Diversamente a volte provo la più grande tensione salendo da solo i sentieri, o mentre mi avvicino all’ EXIT, ma poi, quando sono sul bordo, no problem.
Giornalista:
13. Quale è la parete più frequentata dai B.A.S.E. jumpers? Descrivine le caratteristiche.
Alex Stecchezzini:
La parete più frequentata si trova a Pietra Murata in provincia di Trento, è una parete che permette un salto di 14 secondi senza problemi data la sua altezza ed esposizione, anche se per fare un salto occorre camminare un’ora e mezza. Il mio record è di tre salti in un giorno perché il dislivello è di circa settecento metri a volta…
Giornalista:
14. Ho sentito che il pensiero di un B.A.S.E. jumper in volo è: non aprire la vela! Racconta il dialogo con il vuoto.
Alex Stecchezzini:
Un paracadutista non vorrebbe mai aprire il paracadute perché in volo vive una sensazione di relax e leggerezza allo stato puro, nessun problema, un immenso che ti circonda in tutte le direzioni, immaginate di essere sott’acqua in piscina, i movimenti sono gli stessi che fate a una velocità di duecentocinquanta all’ora, senza aver problemi di respirare e che il bagnino vi venga a prendere..
Nel Base jump il dialogo con il vuoto è diverso che da un aereoplano perché le incognite sono maggiori – il vento, la parete, la zona atterraggio, il primo punto di impatto – quindi il dialogo è solo nei primi secondi dopo lo stacco, tutto il resto è un mix tra paura, adrenalina e testa.
Giornalista:
15. Oltre a fornire emozioni, il base jump è una prestazione sportiva e tecnica che punta a prestazioni limite. Penso a ambiente ostile per vento, asperità, difficoltà d’atterraggio o, più di tutto, al volo più breve possibile.
Quale è la prestazione che ricerchi, quale il tuo obbiettivo massimo? E’ condiviso dagli altri praticanti, cioè vi è una specie di gara?
Alex Stecchezzini:
Come ho già detto un minimo di competizione c’è, ma per me il Base jump non è competizione, a me piace saltare per primo da un oggetto per quella sensazione fortissima, che se salti da secondo perdi, e la cosa importante è aver saltato da qualsiasi cosa che sia più alta di 80 metri, sempre usando la testa, perché ci sono dei valori da rispettare…
Giornalista:
16. Nell’ambito del volo breve, quali sono i salti più importanti che hai fatto?
Alex Stecchezzini:
Ho saltato da monumenti più di una volta !!… e ho fatto un secondo di caduta libera, quella volta non superava gli 80 metri, poi anche da qualche parete di 60 metri sempre con un secondo circa di caduta libera. Gli altri salti superano generalmente i 90 metri e quindi riesco a fare più di due secondi.
Giornalista:
17. So che negli Stati Uniti il Base jump è vietato: quali sono le norme europee?
Alex Stecchezzini:
In Italia e in Europa, ma specialmente in Italia, il Base jump non è illegale, sempre che non si vada a saltare all’interno di proprietà private…. proprietà statali….ecc..
Comunque finché si salta da pareti e non si fanno morti per arresto cardiaco non ci sono problemi. Altrimenti si potrebbero ricevere denunce per “spettacolo abusivo”.
In qualche stato d’Europa, a causa di incidenti capitati per il troppo affollamento da B.A.S.E jumpers, la denuncia passibile è quella di: “istigazione al suicidio”, come anche in America.
Giornalista:
18. Raccontami dei salti da due altopiani molto sentiti dagli scalatori: Verdon e Bismantova.
Alex Stecchezzini:
Io sono di Reggio Emilia e sono dieci anni che arrampico, quindi ho passato tutta la mia giovinezza in Pietra di Bismantova, una falesia nel bei mezzo dell’Appennino Reggiano. Un conglomerato roccioso di 130 metri di altezza con pareti che si snodano per un chilometro. La sensazione che provo nel buttarmi dalla Pietra non l’ho mai provata da nessuna altra parte, tranne che nel canyon del Verdon.
Il desiderio di saltare nel canyon era grande, ma non essendo di casa non conoscevo gli EXIT. Poi avrei dovuto seguire la regola di farsi accompagnare dai protagonisti del posto.
Tornando alla senzazione verdoniana. Precipitare per sette secondi dentro al canyon paga tutte le sensazioni offerte da qualsiasi altro oggetto.
Ho un buon dialogo con il Verdon e la Pietra perché sono due pareti con cui sono stato in contatto duraturo.
Giornalista:
19. E in montagna? Cosa mi dici delle grandi pareti delle Alpi?
Alex Stecchezzini:
Il mio sogno più grande di montagna è di saltare dalle “Cime di Lavaredo”. Ma per ora ho perso l’occasione quando, l’estate scorsa, gli amici sono andati a saltarle senza di me, impegnato in 28 salti nel canyon del Verdon.
Ci sarebbero tante altre pareti (tutte) da cui saltare, il problema è che di saltatori che arrampicano ci sono solo io, e non tutte le pareti si salgono camminando per cui bisogna rassegnarsi. A meno che qualcuno non offra un bellissimo elicottero tutto spesato….
Giornalista:
20. Farai scuola? Porterai altri con te? Cosa ti trattiene, il rischio da non far correre ad altri o la voglia di restare in pochi?
Alex Stecchezzini:
Io penso che se qualcuno vuole realmente fare Base jump e non avvicinarvisi solo per dire “ho fatto Base jump e sono forte”, riesce a fare come ho fatto io: piano piano, un passo alla volta preparandosi bene su tutto quello che richiede il Base jump, che non è paracadutismo, oppure quello con l’elastico come lo chiamano tutti, ma è uno sfogo psichico personale che racchiude una gran voglia di espellere quell’energia che si ha dentro dialogando con il vuoto, la parete, e le proprie capacità acquisite nel tempo…
Io ho portato solo una persona a saltare, pensate che io sono paracadutista civile da cinque anni, e in cinque anni ho fatto solo 60 salti dall’aereo, molti altri in cinque anni adesso hanno 2000 salti, questa persona ne aveva 50 però sembrava che gli interessasse veramente fare Base jump, ha fatto un salto che molti altri Base jumper pur avendo più salti di lui non avrebbero mai fatto, ma dopo il suo primo base jump ho capito che era inadatto.
Da allora mi sono ripromesso che non avrei mai portato più nessuno senza la certezza delle sue intenzioni.