Mollare Tutto e trasferirsi a vivere a Capo Verde: la testimonianza di Carmen Vurchio
Carmen ha mollato un lavoro sicuro con contratto a tempo indeterminato da giornalista professionista:
“… non era piacevole assistere inerte al licenziamento di chi, invece, avrebbe meritato promozioni. Per questo e per altri motivi ho preferito fare la valigia e fuggire da una situazione in fase di peggioramento…”
Ora si è trasferita a vivere a Capo Verde dove ha aperto una piccola lavanderia self-service e ha scritto un libro dove racconta la sua storia: FUGA DALL’ITALIA.
“…Ho scelto Cabo Verde, o meglio l’Ilha do Sal, isola del sale, perché in soli 15 giorni, complice il mio stato di insoddisfazione, ha fatto nascere in me il desiderio di disintossicarmi da consumismo e arrivismo, per provare a lasciar spazio alla semplicità, che oggi definisco un lusso.”
Ciao Carmen, raccontaci un po’ di te… di dove sei e cosa facevi quando eri in Italia?
Sono una giornalista professionista torinese che dopo 14 anni di tv, ha lasciato il lavoro, rinunciando a un contratto a tempo indeterminato di coordinatore di redazione, e ha salutato il suo Paese, l’Italia, stufa di respirare aria di crisi.
Lavoravo per il Gruppo Mediapason, conducevo trasmissioni politiche, tra Torino e Milano, sotto la supervisione del direttore Fabio Ravezzani.
Il mio posto non era a rischio ma quello dei miei colleghi, anche di altre testate, sì e… non era piacevole assistere inerte al licenziamento di chi, invece, avrebbe meritato promozioni.
Per questo e per altri motivi ho preferito fare la valigia e fuggire da una situazione in fase di peggioramento.
Quando e perché è arrivata la voglia o la necessità di lasciare l’Italia?
Nell’agosto del 2010, complice una vacanza a Sal (una delle dieci isole di Cabo Verde) ho iniziato a pensare alla fuga, che ho studiato nel dettaglio per un lungo anno. Una scelta radicale, non priva di difficoltà.
Perché hai scelto proprio Capo Verde e in quale località vivi?
Amo definirmi “la ragazza con la valigia” perché mi piace viaggiare, conoscere il mondo, aprire la mente a nuove culture. Ho sempre pensato di trasferirmi, prima o poi, in un posto caldo, magari una volta raggiunta l’età pensionabile. Solo che la pensione oggi è un’utopia e così, ho accelerato i tempi.
Ho scelto Cabo Verde, o meglio l’Ilha do Sal, isola del sale, perché in soli 15 giorni, complice il mio stato di insoddisfazione, ha fatto nascere in me il desiderio di disintossicarmi da consumismo e arrivismo, per provare a lasciar spazio alla semplicità, che oggi definisco un lusso.
Avevi già vissuto all’estero per lunghi periodi prima?
Dopo gli studi ho lasciato Torino per trasferirmi cinque anni a Roma, preferendo l’Italia al resto del mondo. La capitale mi ha dato tanto, è lì che ho mosso i primi passi da giornalista nella moda e nel cinema. Ho conosciuto persone stupende che mi hanno aiutato a crescere: fotografi, stilisti e attori.
Poi però è nato il mio primo nipotino, Enrico; la voglia di vederlo crescere era tanta, così ho deciso di far rientro nel capoluogo subalpino. In breve ho iniziato una nuova avventura, quella del giornalismo televisivo e dallo spettacolo sono passata a occuparmi di politica, altra mia grande passione.
Se potessi tornare indietro? Sceglierei un lungo periodo di vita a New York, il posto adatto ai giovani di quell’età, specie se talentuosi. Lo dico perché l’America è fondata sulla meritocrazia, mentre in Italia questo concetto, secondo me, è da sempre confuso, quanto ignorato.
Sei partita da sola o con la famiglia o partner?
Sono partita da sola, il 2 ottobre 2011 ma non sono rimasta sola per molto, dato che a Sal ho trovato l’amore.
Max è un bresciano di 43 anni (io ne ho 42), che vive a Cabo Verde da quando di anni ne aveva 23. Ha lavorato per un lungo periodo con l’ing. Andrea Stefanina, proprietario di mezza isola.
Oggi opera in proprio ed è felice di fare il costruttore lontano dall’Italia, perché qui le tasse non ti strozzano e la burocrazia non blocca la voglia di fare.
Come ti sei organizzata riguardo al problema del visto permanente?
Il Console di Cabo Verde a Torino mi ha concesso un visto di “multiplas entrada”, rinnovabile annualmente al costo di 90 euro.
Ora sono in attesa della residenza ma ci vuole tempo.
Ho consegnato tutti i documenti e resto in fiduciosa attesa. Quelli più importanti?
Certificato penale e carichi pendenti.
In che cosa consiste la tua attività?
Continuo a svolgere la mia attività giornalistica e ho appena pubblicato un libro: FUGA DALL’ITALIA, destinazione Cabo Verde – Daniela Piazza Editore – diario di una storia vera, la mia.
Quali differenze sostanziali hai avuto modo di riscontrare a livello lavorativo e di stile di vita rispetto all’Italia?
In Italia l’aria che si respira è pesante, a Cabo Verde sà di libertà. Io vivo in un paese che si chiama Santa Maria: piccolo, semplice, accogliente, turistico. Oltre ai caboverdiani, ci sono anche tanti europei.
C’è poca disoccupazione, anche se lo stipendio medio della gente locale è di 20mila escudos (poco meno di 200euro), e quello degli stranieri (che in questo caso siamo noi), varia dai 500 ai 1000euro.
Chi lavora in proprio guadagna un po’ di più, ma chi sbaglia attività chiude qui come altrove. Si lavora tanto in alta stagione, da ottobre ad aprile, e un po’ meno il resto dell’anno ma non si fa mai la fame.
Cos’altro hai notato della società capoverdiana?
Sal è un’isola turistica, meta di appassionati di sport acquatici (surf, windsurf, immersioni) e degli amanti del sole che qui splende tutto l’anno, con una temperatura media di 25°.
Raggiungere l’isola non è stremante, vista la vicinanza con l’Europa e la distanza aerea di sole 6 ore dall’Italia, con voli diretti la domenica da Bergamo e il mercoledì da Malpensa. La crisi per ora non ha sconvolto gli equilibri dell’isola, anche se ha frenato il mercato immobiliare.
Per quanto riguarda la sicurezza, devo dire che mi aspettavo molta più criminalità, fenomeno che invece è quasi inesistente, se si escludono i piccoli furti negli appartamenti e qualche ladro di biciclette.
Il concetto di famiglia? Quella caboverdiana è una società matriarcale, dove spesso è la donna a pensare al sostentamento dei figli, dato che l’uomo, a volte straniero, altre no, è solito darsi alla latitanza. Esistono anche famiglie tradizionali, volutamente numerose.
Cabo Verde è una Repubblica Democratica, dove la politica c’è ma non si sente, o meglio non si sente padrona della vita della gente ed è un Paese prettamente cattolico.
Cultura. La più diffusa è quella musicale, la cui anima gira intorno alla parola “sodade”: nostalgia. Quella che provano i caboverdiani costretti a lasciare la propria terra, alla ricerca di una vita migliore ma anche dolore, legato al ricordo del periodo della schiavitù.
Sono pochi, in percentuale, coloro che possono permettersi di studiare, quelli che ci riescono raggiungono grandi livelli professionali e sono stimati dalla collettività, come ad esempio gli avvocati.
Come è avvenuta la tua integrazione in una realtà locale sostanzialmente differente da quella italiana?
All’inizio è stato complicato. Passare dal consumismo alla semplicità è facile solo a parole. Mentre sto scrivendo, ad esempio, è andata via la luce e non c’è acqua. All’inizio la cosa mi sconvolgeva, ora so che basta aver pazienza e, prima o poi, tutto tornerà alla normalità.
Vivere a Capo Verde sotto quali aspetti è meglio che in Italia? E sotto quali aspetti è peggio?
Ormai faccio fatica a sopportare il traffico italiano, il caos, la nevrosi della gente, causata spesso da una classe politica che vive ai confini della realtà, le sempre nuove tasse, la troppa burocrazia, la giustizia lenta.
Ci sono però anche tante cose che mi piacciono e che rendono il mio Paese unico, così come la mia Torino: musei, monumenti, cinema, teatri, librerie, biblioteche, ipermercati, mercati, cultura enogastronomica, turismo attento e soprattutto un sistema sanitario invidiabile.
L’Italia ha un petrolio che Cabo Verde non potrà mai avere e su questo non ci sono dubbi. A Sal, in compenso, non c’è Equitalia, le tasse sono poche e basse, la giustizia funziona, non ci sono semafori, code, c’è un sole stupendo, la spiaggia, l’oceano, il pesce fresco tutti i giorni, che si compra direttamente dai pescatori sul pontile (un chilo di tonno costa in media 4 euro).
Cosa manca? Tante cose. Ad esempio c’è un unico ospedale, anche se ci sono due cliniche private, niente cinema, librerie, ipermercati, il teatro è quello dei villaggi… Diciamo che in Italia l’offerta supera la domanda e a Sal la domanda, supera l’offerta. Basta imparare ad accontentarsi.
Consideri l’Italia un ricordo, hai nostalgia, cosa ti manca quando sei via?
Io non ho detto addio all’Italia, ma solo arrivederci. Sono andata via perché soffrivo nell’immaginarla in mutande e mi fa ancor più male vedere che non ha più neanche quelle!
Ciò nonostante, sono sicura che si rialzerà, grazie alla forza della nostra gente, quella che ha avuto il coraggio di restare.
Cosa consiglieresti ad altri italiani che desiderassero seguire le tue orme?
Cabo Verde è un posto turistico, si vive di poco ma non con poco. Per fortuna si risparmia su abbigliamento e riscaldamento, perché acqua e luce costano uno sproposito; il giusto prezzo da pagare, a mio avviso, per un diverso stile di vita, all’insegna del No Stress.
Che tipo di lavoro, attività o investimento pensi sia conveniente praticare per un italiano a Capo Verde?
L’ideale è trasferirsi qui per circa sei mesi e guardarsi attorno, prima di decidere qualsiasi cosa. Quello che posso dire è che ci sono già tanti ristoranti e anche i bar non mancano. Sul resto ci si può pensare.
Io ad esempio, oltre a scrivere, gestisco una piccola lavanderia self-service. Attività che mi permette di restare sull’isola, dato che il lavoro è un requisito fondamentale per poter risiedere a lungo sul territorio e mi fa incassare i soldi necessari a mantenermi, senza dover dipendere da nessuno.
Inoltre mi fornisce su un piatto d’argento, la possibilità di frequentare gente nella propria quotidianità. Persone che, nel bene o nel male, sono fonte d’ispirazioni per il mio vero lavoro, quello giornalistico.
Pensi che ci siano molti italiani che vivono a Capo Verde, li frequenti?
Ci sono tanti italiani che vivono a Cabo Verde ma, ne frequento pochi. Colpa di un nostro grande difetto: non ragioniamo in termini di comunità.
A che profilo di persone consiglieresti Capo Verde come meta per espatriare?
Per amare Cabo Verde, occorre amare la tranquillità e non odiare il vento. Se si hanno questi requisiti, si può partire, portando in valigia anche il cuore. Sono tanti, infatti, quelli che a Sal trovano l’amore, di una settimana, un mese o della vita.
Sicuramente quasi tutti trovano il relax. C’è anche chi ci prova ma non ci riesce e, spesso suo malgrado, si vede costretto a tornare a casa. E’ sbagliato definirlo un fallito, perché almeno ci ha provato.
Email: carmen.vurchio@libero.it
Facebook: Carmen Vurchio
Di Massimo Dallaglio