Cinzia, lasciare l'Italia per trasferirsi a vivere in Svezia

Cinzia Oggi è docente di lingue straniere in un liceo svedese

Cinzia, lasciare l'Italia per trasferirsi a vivere in SveziaLa storia di Cinzia comincia con un Erasmus e con le difficoltà dei -25°.
Difficoltà che si dissolvono in senso di libertà con l’estate e che affiorano di nuovo con la precarietà della vita lavorativa dopo il ritorno in Italia. Ma la grande passione e la sua forza di volontà la riportano verso il nord per riuscire anche nella “missione impossibile” di laurearsi con il massimo dei voti accanto a svedesi madrelingua.
Oggi è docente di lingue straniere in un liceo svedese e le è stato rinnovato un bel contratto a tempo indeterminato.
“Cerco ogni giorno di fare del mio meglio, di essere corretta e di tenere alta la bandiera, chi critica gratuitamente la nostra meravigliosa terra se la deve vedere con me. A volte mi sento sola, mi sale la malinconia e quando é così, salgo sul primo a aereo e torno a casa a farmi coccolare.”

L’Erasmus

Non ho “mollato tutto” e fatto la valigia in un giorno, ho seguito il corso degli eventi e dopo ben nove anni eccomi qua.
Tutto ebbe inizio nel 2002 con il progetto Erasmus, io ero studente di Lingue e Letterature Straniere a Torino. Vinsi la borsa di studio Erasmus e partii alla volta della Svezia. Essendo stata fondamentalista d’Inglese, la Svezia faceva proprio al caso mio, avendo tutti i corsi in lingua inglese che avrei dovuto seguire a casa. Non scelsi l’Inghilterra, perché ci avevo già trascorso parecchio tempo. Non nego di aver sempre subito un certo fascino per i paesi nordici e vidi questa come un’ottima occasione per visitare finalmente il Nord Europa, conoscere una nuova cultura e magari studiarne la lingua.

Il primo impatto con la Svezia

Cinzia, lasciare l'Italia per trasferirsi a vivere in SveziaIl primo periodo fu abbastanza duro, io che ho sempre vissuto nel centro di Torino, città di circa un milione di abitanti, ho avuto molta difficoltà ad ambientarmi in una realtà di 50.000 anime.
Il campus si trovava in mezzo ad un bosco, la gente mi sembrava fredda e chiusa, per non dire provinciale, e a parte con i docenti universitari, non trovavo argomenti di dialogo con nessuno intorno a me. Sentii la totale mancanza della mia famiglia, dei miei amici, del mio ambiente. Mi guardavo intorno, mi sembrava di essere finita in un mondo che stava a metà tra quello di Nonna Papera e Bambi. Poi, per aumentare il mio entusiasmo, arrivò il primo inverno; oltre ad essere freddissimo, la media quell’inverno fu di meno venticinque, era anche molto buio, a dicembre c´erano poche ore di luce al giorno. Allegria!

Lo studio: Italia vs Svezia

Arrivai ad un punto in cui pensai di doverla smettere di angosciarmi e che, volente o nolente, avrei dovuto rimanere in Svezia per otto mesi. Mi buttai sullo studio, (beh sí dai, andai anche a qualche festa…), e nel giro di due semestri, diedi più esami che in due anni di Torino, oltre tutto imparai tre lingue straniere, essendo tutti i corsi in lingua. A Torino benché la facoltà si chiamasse Lingue e Lett. Straniere, sia esami che lezioni erano tenuti in italiano. E a dirla tutta, l´arroganza e la supponenza dei docenti italiani non mi mancava affatto.

Destinazione: Italy

Cinzia, lasciare l'Italia per trasferirsi a vivere in SveziaArrivata l´estate, l’angoscia iniziale era stata sostituita da un sentimento di libertà e di leggerezza, mi sentivo quasi un’altra persona, tranquilla ed in pace col mondo e l’idea di ritornare in Italia, di riaffilare gli artigli mi soffocava. Tornata a Torino lavorai tutta l´estate, mi misi da parte un gruzzoletto per tornare al Nord, e ripartii. Per farla breve decisi di continuare il mio corso di studi in Svezia, e nel frattempo incontrai il mio attuale fidanzato. Dopo tre anni trascorsi in Svezia, presi un Master Degree with a major in English (Laurea quadriennale), mi feci tradurre la laura e tornai a casa, ma in compagnia. Il mio ragazzo decise di seguirmi, destinazione: Italy.


Storie di ordinarie precarietà italiana e l’insegnamento svedese

Prima di partire con il progetto Erasmus, lavoravo come giornalista per alcune testate locali, avevo collaborato per sei mesi per l´Ufficio Stampa del Comune di Torino e credevo che quello fosse il mio futuro. Tuttavia una cosa che la Svezia mi ha insegnato é che un lavoro ha la presunzione di essere considerato tale solo se retribuito. In Italia mi facevano cadere il lavoro dall’alto dicendomi: “se non accetti a queste condizioni, ne troviamo altri cento che lavorano gratis al posto tuo!” Nella redazione di un settimanale locale “Sport Piemonte”, prendevo sí e no un centinaio di euro al mese che mi valevano per versare le ritenute d´acconto per diventare pubblicista. 
Comunque questa volta, avevo bisogno di un vero e proprio lavoro per potermi pagare le spese. A differenza di tanti miei conoscenti, il fatto di gravare sulla mia famiglia mi pesava, e non lo ritenevo affatto giusto. Decisi che non avrei mai più lavorato gratis e che il mio obbiettivo era l’indipendenza economica, per potermi costruire una famiglia.

Vi sto a risparmiare tutte le peripezie lavorative che intercorsero tra 2005 e 2008, di queste storie ne avrete già sentite a centinaia nell’Italia dell’ultimo quinquennio; ma tra Olimpiadi invernali del 2006, tra vari lavori interinali e cattedre volanti, trascorsero tre anni.
Alla volta del 2008 il mio fidanzato, mi comunicò che il suo capo svedese, benché fosse stato tre anni a Torino, gli proponeva di ritornare a lavorare per lui, godendo di tutti i benefici che avrebbe acquisito se non se ne fosse mai andato. Lui accettò. Stava a me decidere se ripartire per le fredde lande o se continuare a inviare curricula in giro per Torino. Voi cos’avreste fatto?
Decisi di tenermi almeno il fidanzato e ripartii dalla mia amata città..

La forza della disperazione

Cinzia, lasciare l'Italia per trasferirsi a vivere in SveziaMi iscrissi di nuovo all’università, questa volta a Scienze dell’Educazione. Seguire tutti i corsi in mezzo a svedesi madrelingua, senza aver mai spiccicato una sola parola della loro lingua “ostrogota”, era quasi una “missione impossibile”. Vi basti sapere che per sei mesi non riuscii a pranzare a causa dell’ansia che mi divorava la bocca dello stomaco, ma passai i corsi col massimo dei voti. Più che al mio talento, adduco questi successi, alla forza della disperazione. Dopo un anno e mezzo presi la seconda laurea, necessaria per poter diventare insegnante di ruolo. Appena finito di dare la tesi, trovai lavoro come docente di lingue straniere nel secondo triennio di un bel liceo della zona. Ad oggi ho passato il periodo di prova di un anno, mi é stato rinnovato il contratto a tempo indeterminato. Insegno italiano, inglese e francese e parlo ovviamente anche svedese.

La vita oggi

Ho raggiunto in due anni molti degli obbiettivi che mi ero preposta e mi sento sicura e serena. Non credo di essere ancora arrivata dove vorrei, ma vedo tutto questo come un punto di partenza per costruire la mia vita e la mia famiglia. Torno in Italia almeno quattro o cinque volte all´anno. Amo viaggiare. Durante le mie lunghe vacanze mi prendo la libertà di partire e andarmene in giro per l´Europa.


La passione italiana

Trovo che la Svezia sia una nazione civile, che abbia rispetto per la dignità di ogni singola persona e soprattutto per il loro benessere. Credo che alcuni di loro, ma non tutti, manchino di fantasia e di personalità. Sono spesso troppo cauti e ripetono sempre i soliti quattro concetti lapalissiani, comunemente accettati, per timore di sbagliare, di essere giudicati. Noi italiani d´altro canto sappiamo ascoltare le nostre passioni e non abbiamo paura ad esprimerle, a volte senza mezze misure. Quello che manca a molti di noi, ma non a tutti, è senso civico, rispetto per il nostro prossimo, e un pizzico di onestà. Gli svedesi d’altra parte hanno imparato la lezioncina e ne vanno orgogliosi. Si dice che noi italiani rispettiamo i paesi del nord ma non li amiamo, vice versa loro ci amano ma non ci rispettano.

Le mie radici

Continuo ad amare la mia città e a sentirmi più torinese che mai. Leggendo le notizie, seguendo il telegiornale, ascoltando i racconti di amici e conoscenti, mi arrabbio incredibilmente di fronte alle tante ingiustizie e alle tante incoerenze che sono all’ordine del giorno. Ho incominciato prima a vedere e poi a capire i difetti di noi Italiani. Se fossi rimasta in Italia forse non sarei riuscita a comprendere la situazione in maniera obiettiva. Stando all´estero ho preso ancora più coscienza della mia identità. Rispetto ed accetto quelle che sono le mie radici. Cerco ogni giorno di fare del mio meglio, di essere corretta e di tenere alta la bandiera, chi critica gratuitamente la nostra meravigliosa terra se la deve vedere con me. A volte mi sento sola, mi sale la malinconia e quando é cosí, salgo sul primo a aereo e torno a casa a farmi coccolare.
Ma ci vuole uno stomaco d’acciaio.

Di Emiliana Pistillo 02/11/2011

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