Niccolò ha scelto di trasferirsi negli Stati Uniti a Los Angeles per studiare musica al Musicians Institute di Hollywood
Il sogno americano è la speranza che con il duro lavoro, il coraggio e la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita. Un’utopia per molti ma non per Niccolò, 29 anni di Pistoia, che dopo aver speso buona parte della sua vita di artista misurando la distanza tra il sogno e la realtà ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti a Santa Monica per frequentare uno dei migliori istituti musicali del mondo.
“Canzoni, band e chitarre inevitabilmente portano la tua mente ad attraversare l’oceano” afferma e invita anche chi non è musicista a riflettere sull’ottimismo, il patriottismo e la voglia di fare degli statunitensi: poche chiacchiere, molta sostanza e una determinazione che certe volte a noi può sembrare eccessiva, ma lì vale il detto “l’importante è essere convinti”.
Ciao Niccolò… presentati ai lettori del sito.
Mi chiamo Niccolò Menichini, anche se tutti mi chiamano Nikko. Sono nato e cresciuto a Pistoia, ho 29 anni e mi sono trasferito negli Stati Uniti per perseguire il mio obiettivo di studiare musica e diventare un musicista professionista.
Quando hai deciso di partire?
Ho lasciato l’Italia all’inizio del 2009, ma prima di allora avevo già visitato la California un paio di volte (come una ricognizione). Alla fine mi sono trasferito definitivamente per frequentare il Musicians Institute a Hollywood, uno dei college musicali più importanti del mondo, dove mi sono diplomato l’anno scorso.
Lasciare l’Italia e trasferirsi negli Stati Uniti per te è stata più una voglia o una necessità?
Direi entrambe. Come tutti noi chitarristi, ma anche musicisti in generale, cresciamo con il mito americano: canzoni, band, cantanti, chitarre che inevitabilmente portano la tua mente ad attraversare l’oceano. All’inizio nasce come una voglia che poi si trasforma in una necessità in quanto le possibilità di lavorare o anche di esprimersi in America, soprattutto negli Stati Uniti, sono decisamente più numerose.
Quindi nessun rimorso di aver lasciato l’Italia… o ti capita di pensare di salire su un aereo e tornare a casa? Pensi di rimanere lì per sempre?
Per scaramanzia non mi piace dire niente. Anche perché, un po’ come tutti gli italiani che hanno scelto di trasferirsi negli Stati Uniti o all’estero, combatto quotidianamente con due sensazioni: una di voler tornare a casa, l’altra di restare qua.
Qual è stata la reazione dei tuoi familiari e dei tuoi amici quando hai detto che saresti partito per gli States?
Ho sempre avuto totale appoggio dalla mia famiglia. Sia dal punto di vista morale sia economico. Anche perché quando sono partito ero già abbastanza grande… Erano già molti anni che sbattevo la testa su quelle “6 corde”. Quindi sapevano che non era un capriccio ma una decisione premeditata. Per quanto il desiderio di partire fosse grande comunque non è stato facile lasciare la famiglia e nemmeno gli amici. Anche se gran parte di loro hanno fatto come me e si sono trasferiti per studi o lavoro all’estero.
Di cosa ti occupavi quando abitavi a Pistoia? È una città che offre possibilità a chi vuole esprimersi con l’arte?
In Italia dopo aver frequentato il liceo, mi sono cimentato in tantissimi lavori tutti diversi. Dall’animatore, al musicista in orchestre di sale da ballo. Dal commesso nel negozio di musica di mio padre, all’archivista e il centralinista… Per quanto diversi erano tutti impieghi che mi permettevano di mantenere la mia passione per la musica che stava crescendo sempre di più.
Com’è cambiata ora la tua vita? Com’è vivere a Santa Monica? Ricorda un po’ quella dei film… oppure vista da vicino la realtà è differente?
Se guardo indietro e penso a tre anni fa forse mi trovo davanti a un’altra persona. A parte le mie abilità in cucina che sono nettamente migliorate, la visuale sul mondo si amplia abitando in una realtà così varia e purtroppo questa apertura mentale diventa un’abitudine e considerato il piccolo centro dal quale provengo non sarebbe facile tornare alla vita di prima… Anche se chissà?!? Dei film ci sono i paesaggi, le scritte a neon e il silicone. Ma vivere a Los Angeles è un po’ diverso da quello che si vede in TV. E’ una città enorme che ha assolutamente un fascino unico ma anche grandi contraddizioni. Assolutamente da vedere.
Stai riuscendo a realizzare il tuo sogno? Stai suonando nei luoghi dove volevi farlo?
Da quando sono qua ho suonato con ottimi musicisti in locali e studi che non avrei mai pensato nemmeno di vedere. Ho suonato all’House of Blues sul Sunset Strip con Tiffany Madadian. Ho fatto un tour della California con una cantante con la quale collaboro da un paio di anni e con la quale ho suonato anche in Italia, si chiama Anna Su. In più ho collaborato con svariate band per showcase di
etichette discografiche, ho avuto la possibilità di esibirmi in qualche videoclip e da qualche mese ho alcune delle mie canzoni in rotazione su “E entertainment channel”. Non è facile trovare spazio perché essendoci tanta gente, c’è anche tanta concorrenza, ma è davvero stimolante e, inevitabilmente, la qualità ne risente positivamente. Ultimamente sto collaborando scrivendo alcuni articoli per un web-magazine diretto da italiani dedicato all’italian style.
Com’è stato ambientarti a Santa Monica? E che idea ti sei fatto della mentalità americana? Conosci persone del posto o italiani? O magari hai trovato altri stranieri che come te hanno mollatotutto e hanno deciso di trasferirsi negli Stati Uniti?
Nonostante si pensi che l’America sia simile all’Europa in quanto tutti appartenenti alla fetta del cosiddetto mondo occidentale, non è per niente così. Ci sono tante differenze culturali abbastanza difficili da superare. Certe volte per pigrizia o per paura si finisce a stare sempre tra italiani o europei. O anche sudamericani alle volte! L’ideale è trovare un amico americano che ha un po’ di radici o di interessi in Europa così da trovare un punto di connessione tra le due culture.
Contrariamente a quello che si pensa, qui a Los Angeles c’è una grande comunità di italiani. Ci conosciamo un po’ tutti grazie a Facebook (italiani in Los Angeles). E’ una bella sensazione quella di trovarsi ogni tanto a qualche festa e sentirsi un po’ “a casa”.
Cosa consiglieresti a un ragazzo che, come te, stesse pensando di lasciare l’Italia per trasferirsi negli Stati Uniti e trovare fortuna?
Consiglierei di farlo se non per sempre anche solo per un breve periodo. Uscire dall’Italia e poi tornare con idee prese dall’estero… E se qualcuno decidesse di trasferirsi negli Stati Uniti consiglierei di dare un’occhiata al mio blog perché ci sono molte informazioni utili. (Niente a che vedere con le solite guide turistiche: ci sono informazioni su come vestirsi a L.A. Indicazioni sul codice stradale e c’è una webcam sempre disponibile… merita di sicuro una lettura n.d.r.). Il sito è www.nikkoinla.blogspot.com
C’è qualcosa che ti manca e che porteresti qui dall’Italia? E c’è, al contrario, qualcosa che importeresti in Italia dall’America?
Dell’Italia mi manca tutto, certe volte mi viene da ridere a pensare che mi mancano anche le cose brutte. Come le fredde mattinate invernali o la pioggia (cose rare qua). Ma ovviamente quello che si fa più sentire è la mancanza del calore che solo il Paese dove sei cresciuto ti può trasmettere. Un mix di affetti, paesaggi e sapori che solo l’Italia a un Italiano può regalare.
Mi piace essere obiettivo nelle mie considerazioni e troppo spesso sento parlare male a sproposito dell’Italia. Forse perché la gente è troppo polemica e pessimista. Soprattutto perché la situazione italiana non è delle migliori. Ma, a mio parere, l’Italia rimarrà sempre il Paese con il migliore livello di qualità della vita.
Importerei la cultura musicale, l’ottimismo, il patriottismo e la voglia di fare degli statunitensi: poche chiacchiere, molta sostanza e una determinazione che certe volte a noi può sembrare eccessiva, ma qui vale il detto “l’importante è esser convinti”. L’America non è mai stata culturalmente superiore all’Italia. Ma per la sua grande abilità di vendersi e il suo spirito di unione, negli ultimi 60 anni ha influenzato la nostra vita quotidiana. Forse dovremmo riflettere su questo.
Di Simona Cortopassi 04/11/2011