Daniele ha aperto un piccolo hotel a Tulum
Una diploma in tasca, l’entusiasmo dei 23 anni e il terrore di una vita routinaria: questi gli elementi alla base della storia di Daniele, originario di Roma, che 4 anni fa ha intrapreso la costruzione di un’ambiziosa carriera, divenendo proprietario di un hotel Messico.
“Vista da qui l’Italia mi sembra un Paese molto vecchio, che non lascia spazio ai giovani. Non si può pretendere che un ragazzo si accontenti di vivere con 500 euro al mese.
Qui lo spirito d’iniziativa è premiato, non ostacolato”
Cosa facevi quando eri in Italia?
Mi sono diplomato in Grafica Pubblicitaria presso un istituto tecnico e per qualche anno ho “lavoricchiato” in diverse agenzie pubblicitarie. Uso questo termine perché non credo si possa definire un vero e proprio lavoro quello che, pur impegnandoti per molte ore alla settimana, ti viene retribuito con appena 500 euro al mese. Non mi sentivo realizzato e non riuscivo a vedere un futuro né semplice né sicuro in quelle condizioni lavorative.
A che età sei partito e qual è stato l’input decisivo per la tua scelta?
Ho lasciato l’Italia a 23 anni circa. La motivazione alla mia scelta di “mollare tutto” è stata, oltre all’insoddisfazione lavorativa di cui parlavo prima, soprattutto la voglia di conoscere il mondo, di fare nuove esperienze, diverse da quelle limitate che qui mi erano offerte. Più di ogni altra cosa mi spaventava la possibilità di essere destinato a fare la vita di routine che vedevo condurre a tanti tra i miei conoscenti, coetanei e non.
Hai preso tutto e sei andato via. Dove?
In Messico: è qui che vivo ora, precisamente a Tulum, nello stato del Quintana Roo, che si affaccia sul Mar dei Caraibi.
Come mai hai scelto proprio il Messico tra le possibili mete?
Diciamo che non è stata una scelta propriamente pianificata. Non avevo una destinazione precisa, ma mio fratello si trovava già qui per conto del TourOperator italiano per cui lavorava. Fu lui a propormi di venire qui per dargli una mano, visto che in Italia non si riusciva a concludere granché a livello lavorativo. Non avevo mai visitato il Messico: quando sono venuto per la prima volta ne sono rimasto estasiato: è stato amore a prima vista.
Qual è stata la reazione dei tuoi familiari, visto che avevano già un altro figlio così lontano da casa? E i tuoi amici ti hanno incoraggiato o criticato?
I miei genitori sono persone tranquillissime: sono stati felici della mia scelta, anche perché vedevano che ero entusiasta! La reazione degli amici è stata diversa di persona in persona: qualcuno mi diceva “Dopo tre mesi tornerai correndo in Italia, lì è tutto diverso e di certo non ti troverai bene!” Altri invece hanno condiviso la mia scelta, ritenendomi coraggioso e fortunato, assicurandomi che sarebbero venuti a trovarmi. Mantengo i contatti con tutti loro, specie tramite social network.
Di cosa ti occupi ora?
Ho aperto un hotel, l’iTour Mexico www.itourmexico.com: sono solo 6 camere, ma è curato nei minimi dettagli. Mi piaceva l’idea di un piccola struttura ben fatta e mi sono impegnato per renderlo bello e particolare: è un hotel tematico, dedicato alla cultura popolare messicana che mi affascina così tanto. In più ho un piccolo ufficio escursioni all’interno di un altro hotel all inclusive.
Com’è stato il primo impatto? Quali le difficoltà iniziali?
La prima e più grossa difficoltà è stata sicuramente la lingua. Non conoscevo una parola di spagnolo e non parlavo neppure inglese. In breve tempo, però, ho imparato a farmi capire e a comprendere gli altri. Già dopo pochi mesi non avevo più problemi di comunicazione. Un altro fattore critico è stato stato l’adattamento ad una cultura estremamente diversa da quella italiana, costituita da convenzioni, abitudini, orari diversi. Anche questa difficoltà, comunque, è stata superabile in breve tempo.
Sei andato via dall’Italia anche per motivi di insoddisfazione lavorativa. L’organizzazione e le condizioni di lavoro sono migliori in Messico?
Non credo si possa parlare di migliore o peggiore quando si mettono a confronto due culture diverse. La differenza dipende da come tu gestisci la cosa, oltre che dalle condizioni di base che un Paese ti offre. Certo è che i messicani sono dei gran lavoratori, ma seguono tempi e modalità di lavoro diversi da quelli italiani. Loro lo chiamano Mexican Style: le cose procedono in maniera lenta, ma sicura!
Al di là dell’ambito lavorativo, come trovi la gente del posto?
La mentalità messicana è semplicemente stupenda, secondo me. Qui ho imparato che la vita è una cosa meravigliosa e che arrabbiarsi per delle sciocchezze è uno spreco di tempo e felicità. Il mio motto è diventato: “Vivi ogni giorno alla grande e sorridi sempre!” La gente qui è così cordiale… Ho moltissimi amici e non ho mai avuto un solo problema con nessuno di loro. Ho anche avuto una ragazza messicana, proveniente dal Jalisco: lo stato settentrionale produttore di tequila.
Come si passa il tempo libero in Messico?
Io nel tempo libero vado a mare, faccio shopping e vado al cinema, ma soprattutto gioco a calcio! Gioco nei tornei con i miei amici messicani. In realtà, però, il Messico offre infinite possibilità di svago e divertimenti, sempre accompagnati da un clima splendido. Sono molto soddisfatto della mia vita qui.
C’è qualcosa che ti manca e che porteresti qui dall’Italia? E c’è, al contrario, qualcosa che importeresti in Italia dal Messico?
La risposta è scontata: se potessi porterei qui un po’ di cibo italiano. Quello sì che mi manca tanto! Dal Messico importerei invece nel nostro Paese la tranquillità che contraddistingue tutte le persone di qui. Solo quello: non credo che l’Italia abbia bisogno di grandi importazioni.
Un rapporto conflittuale, insomma, il tuo con l’Italia.
No, non è conflittuale. L’Italia è il mio Paese e io penso che non gli manchi nulla per essere davvero una bella nazione. Però sta diventando sempre più vecchia, non lascia spazio a noi giovani, non premia lo spirito di iniziativa. Gli italiani si preoccupano troppo delle stupidaggini e troppo poco dei problemi seri. Mi riferisco anche e soprattutto alle ultime notizie di cronaca politica.
Torni in Italia ogni tanto? Pensi mai ad un rientro definitivo?
Sì, torno a casa più o meno un mese all’anno, per le vacanze, quasi sempre a settembre. Non penso proprio di tornare a vivere in Italia però: qui sto veramente troppo bene!
Cosa consiglieresti ad un ragazzo che, come te, stesse pensando di lasciare l’Italia per trovare fortuna altrove?
Gli consiglierei innanzitutto di non perdere mai di vista il proprio obiettivo e di conservare sempre la voglia di realizzarlo, a prescindere dal posto in cui si trovi. Poi gli consiglierei di viaggiare comunque tanto, tenendo però sempre a mente che, come dice Proust, il vero viaggio non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi.
Di Maura De Gaetano 23/02/2011