Enza, una laurea in ingegneria gestionale e un lavoro come cameriera a Sydney
L’estero come esperienza di crescita: “mollare tutto”, avendo in tasca una laurea in ingegneria, per andare a lavorare come cameriera a Sydney, Australia.
E’ la storia di Enza Mazzaferro, 23 anni, originaria della Calabria, vissuta a Roma per diversi anni, prima di partire con destinazione “l’altra parte del mondo”.
Pochi programmi e tanta voglia di formarsi: Enza è andata via dall’Italia per la semplice voglia di mettersi alla prova, di imparare e migliorare l’inglese, di concedersi un lasso di tempo di completa “ribellione” dagli schemi precostituiti che attendono i neo-laureati che si immettono nel circuito lavorativo.
Cosa facevi in Italia, prima della tua partenza?
Pur essendo calabrese, da alcuni anni vivevo a Roma, dove mi ero trasferita per studiare. Ho conseguito la laurea specialistica in ingegneria gestionale, cosa che mi ha riempito senz’altro di grande soddisfazione: ho fatto diversi sacrifici e rinunce per poter raggiungere questo obiettivo. Quando ho completato il percorso di studi, ho capito che la mia vita sarebbe cambiata: sarei necessariamente dovuta entrare in quel circolo di lavoratori che io definisco “seri”. Avrei cioè dovuto presto rinchiudermi in uno schema costituito da un’occupazione, uno stipendio più o meno stabile, un contratto più o meno vincolante.
Perciò hai pensato di andare via…
Sì, sono partita subito dopo aver conseguito la laurea. Avevo voglia di fare un’esperienza diversa, degna di nota, prima di passare alla fase successiva della “vita regolare”. Volevo, fondamentalmente, girare un po’ il mondo, mettermi alla prova e migliorare il mio inglese. Così ho pensato fosse il caso di concedermi un periodo di completa ribellione. Sono partita con un vago progetto: un anno all’estero, ma sono ancora qui.
I tuoi parenti e i tuoi amici come hanno preso la notizia?
I miei mi hanno dato pieno appoggio. Sapevano da tempo quali erano le mie intenzioni: la mia scelta è stata pensata abbastanza a lungo, anche se messa in pratica solo dopo la laurea. I miei amici, invece, erano più tristi per il mio allontanamento che felici per l’esperienza che sarei andata a vivere fuori dall’Italia.
Riduttivo dire “fuori dall’Italia”: vivi, ora, dall’altra parte del mondo. Come hai scelto la tua meta?
Già: vivo a Sydney, in Australia, ad appena 16mila kilometri da Roma. L’Australia è stata sempre il mio sogno: la terra irraggiungibile. In realtà non mi ero preoccupata di raccogliere troppe informazioni sulla maniera di vivere qui, né mi ero informata riguardo alle possibilità lavorative. Sapevo solo che sarei arrivata all’aeroporto di Sydney. Il resto era tutto da scoprire.
Quali sono stati i tuoi primi contatti, una volta arrivata?
Ho avuto la fortuna di avere qui dei parenti, che vivono ad un’ora di distanza da Sydney. Da loro, nella loro casa, sono stata i primi due giorni: giusto il tempo di riprendermi dal viaggio e di ambientarmi un minimo. Dopo di che sono partita per una vacanza di 10 giorni nella zona della Gold Coast e, tornata, mi sono di nuovo appoggiata da loro qualche altro giorno. Nel frattempo, sono andata in Nuova Zelanda per il fare il visto adatto all’assunzione casuale. L’unico contatto avuto in questo periodo iniziale è stato quello di un ragazzo, conosciuto all’aeroporto di Dubai.
Hai incontrato difficoltà nel primo periodo?
I primi giorni sono stati pieni di difficoltà, è innegabile. Quando ti trovi dall’altra parte del mondo, senza una casa, senza amici e senza un lavoro, nulla è semplice. Bisogna iniziare tutto da zero. Ho stretto quasi subito diverse conoscenze, specie con backpackers, italiani e non. Con la maggior parte di loro ho tutt’ora rapporti più o meno forti.
Di cosa ti occupi ora a Sydney? Quali sono stati i primi passi alla ricerca di un lavoro?
Lavoro in un ristorante italiano. Diciamo che non è stato semplice trovare un’occupazione, almeno secondo i canoni standard australiani. Considerati i tempi necessari in Italia, potrei invece dire di averla trovata molto in fretta. Dopo due settimane di permanenza a Sydney ho iniziato a lavorare. Ho iniziato lasciando curriculum in giro e facendo delle prove in diversi locali. Per 15 giorni sono stata occupata in un ristorante, dopo di che ho ricevuto offerte da altri tre diversi locali e ho potuto scegliere: ho optato per quello che più mi piaceva, anche perché si trovava a pochi passi da casa mia.
Noti delle differenze tra l’organizzazione del lavoro a Sydney e quella in Italia?
Più di qualcuna, direi. Innanzitutto qui si ragiona in settimane e non in mesi. I datori di lavoro sono tutti molto puntuali e precisi: ovunque ti regolarizzano immediatamente con un contratto. Ovunque tranne che nei ristoranti gestiti da italiani! Buon sangue non mente… Qui la maggior parte delle mansioni sono pagate ad ore. Questo vuol dire che più lavori più ti pagano: anche 5 minuti in più vengono calcolati sullo stipendio. Sono convinta che, rispetto agli italiani, gli australiani sappiano apprezzare di più chi lavora bene. Io posso fare il paragone nell’ambito della ristorazione, che ho avuto modo di conoscere in Italia e che qui sto vivendo molto da vicino. La mia solarità e gentilezza nell’approccio con i clienti è stata subito notata e premiata: in pochissimo tempo sono passata dall’essere una runner (che si occupa di rassettare i tavoli, apparecchiare e sparecchiare, portare cibi e bevande) ad essere una order taker (la cameriera vera e propria, munita di tanto di palmare per prendere le ordinazioni), con tutte le responsabilità che il lavoro richiede. Devo stare attenta, per fare un esempio, ad allergie ed intolleranze dei clienti che ordinano, alla presenza di carne di maiale nei cibi destinati ai clienti musulmani e via dicendo.
Al di là dell’ambito lavorativo, noti differenze nel modo di pensare la vita, rispetto agli Italiani? Com’è la gente di Sydney?
La differenza è tantissima. Sydney è talmente tanto una società multietnica, mescolanza di tutte le nazionalità, che non si riesce ad indicarne una linea generale o logica. Ognuno dà il suo apporto, ognuno mette del suo, nel pieno rispetto degli altri. Di certo è gente che si lascia guidare poco dalle apparenze: non si impressionano, come in Italia, dal fatto che tu sia vestito molto bene o molto male, che tu vada in giro nudo, con dei piercing o, al contrario, lindo ed ordinato.
Hai stretto rapporti di amicizia o sentimentali con ragazzi del posto?
Certo: ho stretto molte amicizie. Sono uscita con diversi ragazzi e ragazze, molto spesso in gruppi di persone, ma l’idea di fidanzarmi o sposarmi è decisamente lontana. La stessa cosa varrebbe se fossi in Italia, del resto.
Come occupi il tuo tempo libero?
A dire il vero, escludendo il mio giorno di riposo, non ho molto tempo libero. Soprattutto perché, da qualche settimana, ho deciso di svoltare nuovamente la mia condizione lavorativa. A maggio mi sono resa conto che la vita a Sydney si stava facendo troppo piatta, nonostante ogni sera, dopo il lavoro, uscissi. Mi sentivo sotto pressione nel ristorante in cui lavoravo e stavo probabilmente dimostrando un certo malcontento che non mi appartiene di solito. Ho deciso perciò di trasferirmi in un altra sede dello stesso ristorante, in un paese a 40 minuti da Sydney. Lavoro molte più ore, ma con meno fatica, perché il locale è più piccolo. Tra l’altro qui ora è inverno e sono cambiati i ritmi, in più sono cambiati nel frattempo anche i miei obiettivi: ho deciso di mettere da parte qualche soldo (cosa che prima non avevo assolutamente pensato) durante questa stagione fredda, in cui non c’è molto da fare. Con quello che avrò risparmiato, tra novembre e dicembre prossimi, farò due mesi di viaggio per vedere la costa sud est dell’Australia, che è la più popolata, tra camper e autobus. Voglio visitare anche la Tasmania e l’Indonesia.
Sei soddisfatta della tua vita?
Mi ritengo molto soddisfatta, perché sono riuscita a ricostruirmi tutto da capo e per ben due volte: casa, lavoro e amici. Riuscendo a mettere da parte un po’ di soldi, un inglese ormai quasi perfetto, un’esperienza di vita notevole e una conoscenza abbastanza approfondita di un posto meraviglioso come l’Australia, potrò dire di aver realizzato in pieno in mio obiettivo!
C’è qualcosa dell’Italia di cui senti la mancanza?
Qualcosa sì: porterei in Australia la vita sociale e gli orari italiani. Qui si fa tutto molto presto: si pranza tra le 11.30 e le 12.30, si cena tra le 16.30 e le 20, i locali chiudono molto presto la sera. E poi importerei gli aperitivi italiani, che qui non esistono.
Qualcosa di australiano che, al contrario, porteresti in Italia?
Senza dubbio la giustizia in ambito lavorativo e il flusso migratorio stagionale che fa crescere così tanto questo paese dal punto di vista culturale ed economico: il movimento di persone insomma.
Come ti sembra l’Italia vista da così lontano?
Non riesco a vedere, da qui, l’Italia sotto un punto di vista critico. Riesco solo a vederla come luogo dei miei affetti, delle mie cose, delle mie abitudini che sicuramente mi mancano. Soprattutto ora, che sto lavorando tanto e che mi concedo qualche svago solo una volta a settimana.
Mantieni contatti con i tuoi amici italiani?
Facebook e Skype sono ora indispensabili per me: sono il mio modo per restare in comunicazione con i miei cari, per sentire e sapere cosa succede. In fondo, la mia paura prima di partire era proprio quella di perdermi, durante questo tempo, qualcosa di importante a cui non avrei potuto prendere parte, se non con il pensiero.
Torni in Italia ogni tanto?
Andare e tornare dall’Italia non è proprio semplice da qui. Avevo fatto il biglietto di rientro per giugno, ma l’ho spostato a gennaio: il mio obiettivo non è ancora stato raggiunto e, finché questo non avverrà, non mi sposterò da qui.
Pensi, quindi, ad un rientro definitivo in Italia?
Sì, questo non è in dubbio. Avrei potuto pensare ad una permanenza definitiva in Australia nell’ipotesi di un’assunzione seria, ma a quanto ho visto la cosa non è fattibile.
Cosa consiglieresti ad un ragazzo italiano che stesse pensando di andare a vivere all’estero?
In base alla mia esperienza, l’unico consiglio che mi sentirei di dargli è: “scappa, vai, corri, rincorri, aspetta e fatti aspettare, ma soprattutto scopri il mondo che, anche se così lontano, c’è ed esiste.
Di Maura De Gaetano 14/07/2011