export da incubo
Photo by CHUTTERSNAP on Unsplash

Export da incubo: I 30 errori delle piccole aziende italiane che esportano o che vorrebbero esportare

Certamente vorremmo essere tutti grandi esportatori. In realtà la domanda di made in Italy è forte nel mondo perchè in più rispetto ad altri paesi abbiamo la capacità “artigianale” di costruire con passione prodotti in grado di soddisfare il desiderio di bellezza, o di bontà, o di salubrità.  Questa passione attrae un desiderio di acquisto di prodotti dall’estero molto piu’ che non a casa nostra. In piu’ la miriade di piccole imprese che caratterizza il nostro paese conferisce tutta la flessibilità oggi necessaria, senza rinunciare alla creatività diffusa.

L’Italia è un paese inventivo e duttile, peccato che queste qualità non siano comprese nella visione di molti, troppi imprenditori. E queste qualità non  sono nemmeno percepite dalle strategie che presiedono all’export nazionale, incagliato da decenni in un dogmatismo di luoghi comuni e vecchi schemi.

Esistono profitti potenziali giganti per chi fa export, ma nei fatti l’export delle piccole aziende non decolla. Perche’?

Ecco qui una lista di 30 errori: ma parleremo anche di cause e possibili rimedi.

1: Non scegliere il giusto mercato obiettivo.

2: Attivarsi su troppi nuovi mercati contemporaneamente.

3: Non verificare che il prodotto / servizio soddisfi i bisogni effettivamente esistenti in un mercato nuovo.

4: Non avere chiaro il modello di business aziendale.

5: Non predisporre un chiaro export business plan.

6: Aspettarsi da un consulente in Italia i risultati commerciali che solo un venditore all’estero può ottenere.

7: Non impegnare risorse per trovare agenti e distributori validi e dopo averli trovati non curarli e  sostenerli in misura adeguata.

8: Non saper trarre vantaggio delle facilitazioni comunque disponibili dal contesto istituzionale pubblico.

9: Insufficiente commitment e determinazione dell’imprenditore a raggiungere l’obiettivo di esportare.

10: Presumere che una vendita estemporanea a un cliente estero dimostri l’esistenza di un mercato per i vs prodotti.

11: Non visitare il mercato obiettivo, e non facilitare le visite dei clienti esteri.

12: Aspettarsi che governo, regioni , camere di commercio facciano tutto per voi, compreso finanziarvi, o che i finanziamenti promessi da enti e banche arrivino in tempo utile.

13: Non studiare e documentarsi su cultura e usanze di ogni nuovo mercato estero.

14: Non adattare prodotti e servizi ai bisogni e ai gusti e ai comportamenti d’acquisto dei paesi obiettivo.

15: Praticare sull’estero gli stessi prezzi italiani.

16: Troppa grazia Sant Antonio: non essere preparati al successo inatteso del proprio prodotto.

17: Trattare i clienti esteri come di serie B, soprattutto quando sono pochi e scomodi da gestire.

18: Impegnare una gamma troppo ampia in un mercato che non si conosce.

19: Esporre nelle fiere solo perché c’è un finanziamento, senza ragionare sul quale sia il giusto mercato obiettivo.

20: Non proteggersi dai rischi. Insolvenze in primis: c’e’ una sola cosa peggiore di non vendere, ed è vendere senza essere pagati. Ma sull’estero i rischi imprenditoriali sono molteplici e molto maggiori.

21: Non allocare il minimo di tempo denaro e risorse necessari per aver successo. Roma non è stata costruita in un giorno.

22: Ostinarsi a fare export senza avere una  visione del proprio business internazionale.

23: Non imparare dalle esperienze, sia positive che negative, di altri esportatori.

24: Rifiutare di adattarsi a lavorare e trattare con gente di altri paesi.

25: Non cercare di integrarsi con altre aziende amiche o gruppi esistenti o piattaforme locali.

26: Non sfruttare internet, i social, le risorse disponibili e le nuove metodologie digitali che consentono di raggiungere un gran numero di leads e prospect mirati.

27: Pensare di vendere senza includere nella trattativa la parte finanziaria: incassi e pagamenti spesso contano piu’ del prezzo.

28: Mantenere un sito web inappropriato per il mercato estero.

29: Arrendersi troppo presto. Aspettarsi rapidi profitti senza investire e senza sostenere l’attacco ai mercati esteri.

30: Ultimo ma piu’ importante di tutto: non comprendere come il proprio business model e proposizione di valore si devono adattare al mercato estero.

Non tutti fanno gli stessi errori, e non per tutti sono validi gli stessi rimedi. Ma questo è il quadro generale.

export da incubo
Photo by CHUTTERSNAP on Unsplash

Intanto parliamo della cause.

Esiste una vera pioggia di corsi di formazione per l’estero fatti da ice, enti di formazione, regioni, banche, camere di commercio, academy , società di consulenza, università, associazioni di categoria. Tutti rivolti in teoria alle piccole imprese.

Eppure da decenni la percentuale di pmi italiane che possono definirsi esportatrici è inchiodata al di sotto del 2% .

Insomma la formazione e la consulenza del sistema export italiano non sono di grande aiuto.   Certo è che gran parte di questi corsi sono progettati erogati e fruiti solo in funzione di finanziamenti pubblici.

Forse non è questa la causa. Di sicuro la preparazione export delle piccole aziende italiane è scadente, e il risultato in tantissime ottime imprese è l’export da incubo.

Come si puo’ rimediare?

Rovesciando il tavolo. Reimmaginando l’export.

Bisogna avere il coraggio dire basta a un certo tipo di formazione export . Calata dall’alto, fatta da burocrati, docenti e consulenti di accademia , senza conoscenza della realta della piccola impresa, e spesso senza esperienza reale maturata all’estero.

La soluzione è molto semplice: apprendere imparare condividere e fare pratica export in modo nuovo.

L’export co-working è un esperimento in questo senso, che nasce sul web e si sviluppa con l’interazione online e coi social. Un club, cui si accede su invito, che applica una metodologia basata sul confronto sistematico delle esperienze export di allievi e docenti, che permette alle aziende che lo applicano di compararsi con le migliori e soprattutto di apprendere da queste per migliorare.

Ossia le aziende insieme insegnano e apprendono da altre aziende, e on demand si attivano laboratori con la partecipazione di esperti di settore, di paese, di dominio.

La piattaforma Club Mercati Esteri ospita da alcune settimane i primi esperimenti pilota di EXPORT COWORKING. E’ già attivo il primo di laboratori condiviso di Export Modeling. Nei prossimi giorni aziende, colleghi e operatori che mi hanno contattato – e che ringrazio – riceveranno gli inviti per essere coinvolti nel beta testing (il primo livello di sperimentazione sul campo). A breve apriremo anche l’accesso su invito via web.

Chiamatemi se volete ricevere l’invito al club MercatiEsteri  ed essere tra i primi partner protagonisti di questo modo di approcciare l’estero. Che puo’ aver base solo partendo dall’Italia, perche il 98% delle aziende italiane, pur avendone la possibilità, non esporta.

Cerchiamo insieme di uscire dall’incubo export.

Giuseppe Vargiu

Email: gv@italybureau.it

CONDIVIDI SU:
You May Also Like
bagaglio a mano compagnie low cost dimensioni e peso

IL BAGAGLIO A MANO DELLE COMPAGNIE LOW COST

IL BAGAGLIO A MANO DELLE COMPAGNIE LOW COST – LE REGOLE DA…
Lavorare all'estero in cambio di vitto e alloggio

Lavorare all’estero in cambio di vitto e alloggio

LAVORARE ALL’ESTERO IN CAMBIO DI VITTO E ALLOGGIO Viaggiare all’estero senza soldi…
‏VIVERE IN UNA TINY HOUSE

‏VIVERE IN UNA TINY HOUSE

‏VIVERE IN UNA TINY HOUSE La Tiny House, letteralmente una casetta, ovvero…

LA MAPPA DELLE LINGUE PIU’ PARLATE AL MONDO

LA MAPPA DELLE LINGUE PIU’ PARLATE AL MONDO Questa infografica mostra la…