Girare il mondo mentre si lavora. Ecco il nomadismo digitale, trainato dalle startup
Image by Peggy und Marco Lachmann-Anke from Pixabay

Da un lato la rivoluzione tecnologica e digitale che ha investito le nostre vite e i nostri modi di fare.

Dall’altro la globalizzazione, la diffusione di internet, le distanze che si accorciano.

Se mettiamo insieme questi due elementi possiamo far nascere tante cose, una in particolare: il nomadismo digitale.

Con questo termine ci si riferisce ai professionisti che decidono di non avere un posto fisso dove lavorare ma che, grazie proprio alla tecnologia, riescono a farlo da qualsiasi parte del mondo.

Flessibilità e comodità, ma anche soprattutto discorso economico e di vita, c’è tanto alla base di questa scelta, che si sta facendo strada soprattutto tra i più giovani.

Ma che lavoro fanno i nomadi digitali?

Spesso lavorano come freelance in settori come la scrittura, il web design, lo sviluppo software, il marketing digitale e la consulenza.

Altri ancora gestiscono blog, canali YouTube o altre attività online che generano reddito, oppure collaborano con aziende come remote workers, offrendo competenze specialistiche senza necessità di presenza fisica.

Negli ultimi anni, il settore del gioco online sta attirando sempre più startup grazie a un ecosistema vivace di innovazione e creatività imprenditoriale.

Questo fenomeno coinvolge un numero crescente di giovani talenti e professionisti esperti.

Il successo di questa partnership dinamica dipende da una leadership collaborativa forte, da una gestione dei team altamente efficiente e da una trasparenza costante con i partner commerciali.

Le startup continueranno a espandersi in nuovi mercati e a sviluppare prodotti innovativi per soddisfare le esigenze dei giocatori moderni.

Pertanto, a breve, gli esperti prevedono una maggiore integrazione di blockchain e intelligenza artificiale che avrà bisogno di personale altamente qualificato soprattutto tra i nomadi digitali.

Fenomeno in crescita negli ultimi anni, con una scossa incredibile arrivata dopo la pandemia, il nomadismo digitale coinvolge soprattutto Millennial e Gen Z, attratti dalla mobilità lavorativa e dalla possibilità di viaggiare mentre si lavora.

Le mete scelte sono diverse e vanno da posti lontanissimi (come Bali o Buenos Aires) ad altri più vicini (Dublino, Barcellona, Parigi).

Anche l’Italia si sta attrezzando per sfruttare questo mercato e lo dimostra la catena di strutture strutture The Social Hub, che precedentemente si chiamava The Student Hotel, che offre soluzioni flessibili per nomadi digitali, con spazi di co-working, alloggi e servizi integrati in varie città europee, tra cui Firenze e Bologna.

Spazi di lavoro e di alloggio, ma non solo. Luoghi dove si incentiva l’interazione tra professionisti locali e nomadi digitali, supportando anche il benessere e la crescita professionale.

L’espansione di The Social Hub, con nuove aperture previste in Italia e Spagna, va letta anche in un cambiamento nell’idea di ricezione turistica e lavorativa, in quella che gli esperti chiamano ibridazione dell’ospitalità.

“L’essere Nomade Digitale per me può essere semplificato con il termine: libertà. La possibilità di potermi svegliare dove voglio, da Bali al Costa Rica, dalle coste portoghesi a quelle aarde, è un qualcosa di unico. Quando ho iniziato, oltre 7 anni fa, mi ero appena laureata e durante il mio primo viaggio in solitaria in Messico, ho conosciuto i primi Nomadi Digitali. Sono stati come un miraggio per me”, ha spiegato in questa intervista Francesca Ruvolo, content creator specializzata in viaggi.

È così che scatta la scintilla verso un nuovo modo di lavorare e di esplorare il mondo. Un’idea nuova che forse in molti rimpiangeranno.

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