Progetto Chefren: la scoperta archeologica del secolo è di un team di ricerca tutto italiano.
La più grande scoperta archeologica di questo secolo è a matrice tutta italiana: nel sottosuolo della piana di Giza è stata individuata una gigantesca e misteriosa città; si aprono sconvolgenti interrogativi su chi possa averla costruita.
I risultati della ricerca scientifica verranno presentati al pubblico il 15 e 16 Marzo prossimo a Castel San Pietro Terme (BO) al centro Congressi Artemide, che ha registrato il tutto esaurito a poco più di un mese dalla presentazione on line dell’evento.
Il team di ricerca è formato dall’ex docente di chimica dell’Università di Pisa e noto ricercatore in campo ufologico e della Coscienza Corrado Malanga, dall’ ingegnere delle telecomunicazioni esperto di tecnologia SARS Filippo Biondi, da Armando Mei giornalista d’inchiesta ed egittologo esperto pre-dinastico e da Nicole Ciccolo, esperta grafologa e responsabile comunicazione del progetto di ricerca.
Come suggerito dal nome del progetto, il campo di ricerca è la famosissima piana di Giza l’indagine si focalizza su Chefren, una delle piramidi del complesso monumentale egizio a sud del Cairo.
A questo punto potremmo continuare a far scrivere questo articolo da una qualunque applicazione che utilizza intelligenza artificiale per descrivere il sito archeologico più famoso del globo e la sua storia ma ci renderemmo presto conto che la gran parte delle informazioni riportate da AI, rese al pubblico dalla ricerca archeologica accademica fino ad oggi e date per certe persino dagli addetti ai lavori, da questo punto della storia in poi non sono più da considerarsi attendibili, tale e tanta è la portata di questa nuova scoperta.
Ciò che sappiamo davvero e con certezza della piramide detta di Chefren (il nome egizio è Khafre) è in realtà molto poco se pensiamo che si tratta di uno dei complessi architettonici più studiati al mondo.
Khafre è la seconda piramide più alta di Egitto dopo quella di Cheope (il nome egizio è Khufu), circa 136,4 metri, e originariamente era rivestita di calcare bianco, che rifletteva la luce del sole, rendendola visibile da grande distanza.
Cheope, Chefren e Micerino (Khufu, Khafre, Menkaure) sono le 3 piramidi, oltre alla famosa sfinge e altre piramidi minori, del complesso a 20km dal Cairo, elencate in ordine di altezza.
Khufu è alta approssimativamente 147 metri, si stima che possa essere costituita da circa 2 milioni e 300mila blocchi di granito e calcare che oscillano tra un peso di 2,5 e 70 tonnellate l’uno: la ricerca archeologica e architettonica si è dilettata a ipotizzare nei secoli, possibili spiegazioni, anche molto fantasiose, per descrivere la tecnica costruttiva utilizzata, persino oggi impensabile con i nostri mezzi tecnici.
Si è stimato una datazione della loro costruzione a circa 4500 anni fa ma vedremo presto come anche questo dato venga messo in discussione dalle recenti scoperte Inoltre la funzione di necropol i dei regnanti egizi, dedotta dalla traduzione delle iscrizioni e dai ritrovamenti di mummie e corredi funerari, potrebbe essere un uso degli edifici solo di un più recente periodo e non avere a che fare con la funzione originaria di queste costruzioni.
In pratica la realtà è che oggi non sappiamo con assoluta certezza chi le ha costruite, quando, con quale scopo e come il complesso ha subito numerose modifiche e danneggiamenti già in epoca romana e pre islamica, è stato teatro di usi impropri e campo di battaglia in periodo napoleonico e nella prima guerra mondiale.
Da fine 1700 i primi esploratori esponenti della nobiltà inglese cominciarono a riscoprire i monumenti di Giza e nel 1818 si avviarono i primi scavi archeologici da parte dell’italiano Giovanni Belzoni, più un esploratore avventuriero che un archeologo nel moderno senso del termine; da allora si sono susseguiti scavi archeologici anche poco rigorosi e rispettosi dello stato dei luoghi, concetto di conservazione che appartiene solo aII’archeoIogia moderna, scavi che hanno distrutto parzialmente e modificato irreversibilmente i monumenti.
Di fatto però, anche se attraverso questo primitivo mezzo di ricerca del passato, l’immaginario della cultura occidentale si è nutrito nel corso del tempo delle piramidi egizie, al punto da dar vita a un vero e proprio culto accademico; “culto” custodito dal “sacerdote” egiziano, l’archeologo Zahi Hawass, responsabile del sito, ex ministro del turismo d’Egitto, e ancora oggi sotto la sua supervisione, autorevole custode, internazionalmente riconosciuto, di una delle più antiche fonti di informazione per chiunque si interroghi sulle origini della nostra civiltà Zahi Hawass in tempi recenti ha applicato metodi di ricerca tecnologica innovativa e molto meno invasiva per le indagini del sottosuolo del sito, tuttavia con risultati risibili e non paragonabili a quelli della partnership di ricerca italiana.
I monumenti della piana di Giza non sono mai stati “scoperti” nel senso stretto del termine Sono sempre stati lì, da che se ne ha memoria ne dà prima testimonianza scritta diretta nel 480 a. c. Erodoto di Alicarnasso, in ogni epoca della storia umana a noi nota è stato impossibile non vederli, tanto dal cronista greco allora quanto oggi dai nostri satelliti in orbita.
E proprio dalla tecnologia satellitare e dall’Italia, è arrivato il nuovo impulso alla ricerca archeologica.
A fine 2020, in periodo pre-pandemico, il professor Corrado Malanga tenne un ciclo di conferenze in cui presentò la sua ipotesi di ricerca circa l’origine e la funzione delle piramidi di Giza, analizzando in particolare Cheope (Khufu), basandosi solo su uno studio bibliografico: immagini di repertorio del sito, rilievi di piante e sezioni di altri ricercatori e prove documentali, applicando poi calcoli di fisica acustica e nozioni di ingegneria idraulica per creare un modello interpretativo proprio e originale.
In tali conferenze, basandosi su foto bibliografiche, mise in evidenza, shockando il pubblico, come alcune camere interne e gli esterni erano stati adulterati in epoca recente occultando di fatto alcuni elementi architettonici chiave per la comprensione del “funzionamento” della piramide. Si, ho scritto “funzionamento”.
Secondo questa ipotesi di lavoro le piramidi sarebbero dei veri e propri manufatti tecnologici a funzionamento idraulico che sfruttavano le frequenze sonore generate all’interno delle camere delle piramidi per scopi cosiddetti “terapeutici e religiosi”.
È quanto si apprende dalla prima pubblicazione di Corrado Malanga “Cheope: la fabbrica dell’immortalità” edita da Spazio Interiore.
A seguito di questa pubblicazione nasce la collaborazione con Filippo Biondi che propone di utilizzare la tecnologia satellitare SARS di cui è esperto, per ottenere dei rilievi ad alta risoluzione degli interni della piramide.
Il Radar SAR (Synthetic Aperture Radar) rappresenta un passo avanti nella tecnologia di imaging radar, con applicazioni che spaziano dalla sorveglianza ambientale alla mappatura urbana.
Il Radar satelittare ad apertura sintentica utilizza un sistema di antenne in movimento per acquisire immagini ad alta risoluzione.
A differenza dei radar tradizionali, il SAR combina i dati raccolti in diverse posizioni per creare un’immagine dettagliata dell’area osservata.
Questa tecnologia è particolarmente utile in condizioni di scarsa visibilità, come nuvole o oscurità ed in questo primo studio sulla piramide di Cheope è stato utilizzato per osservare gli ambienti all’interno del granito.
La partnership interdisciplinare tra Malanga e Biondi ha prodotto una pubblicazione scientifica ufficiale:
La tomografia Doppler del radar ad apertura sintetica rivela dettagli nascosti ad alta risoluzione delle strutture interne alla grande piramide di Giza pubblicata nell’ottobre 2022 e approvata da 6 refree e dall’editor in chief della autorevole rivista scientifica Remote Sensing, oltre che una revisione editoriale di Spazio Interiore per il pubblico non addetto ai lavori, supportata dagli esiti della nuova ricerca: “Khnum Khufu, Cheope: la fine di un mistero” di Malanga, Biondi.
A questo punto, con eccezione del successo popolare ed editoriale, restiamo ad osservare per anni la quasi totale inesistenza di riscontro e riconoscimento nel mondo accademico italiano ed europeo di fronte a una scoperta scientifica di questa portata.
Noi comuni mortali continuiamo ad osservare
Giacobbo e Zahi Hawass sulla TV di stato in improbabili documentari nei quali si infilano in angusti cunicoli all’interno delle piramidi inneggiando alla grande scoperta archeologica, ignorando totalmente gli studi di avanguardia ed eccellenza dei nostri ricercatori italiani.
Ed è a questo punto che entrano in scena Armando Mei e Nicole Ciccolo, gli ultimi a far parte della squadra.
L’intuizione e la conoscenza storiografica di Armando Mei e di Nicole Ciccolo inducono il nuovo team di ricerca a puntare questo nuovo potente strumento radar all’interno e nel sottosuolo della piramide di Chefren con esiti che sono stati annunciati nel primo e nel secondo comunicato stampa ufficiale del 6 e 12 febbraio 2025: parliamo della scoperta di pozzi, cunicoli e ambienti nel sottosuolo di Giza che si estenderebbero per chilometri in profondità, nei comunicati si parla di una vera e propria città, probabilmente la leggendaria “Amenti” la mitologica città degli dèi.
Una scoperta sconvolgente che porrà senz’altro, se confermata, la questione della riscrittura della storia antica fino ad oggi, la questione dell’analisi dei motivi dell’eventuale deliberato occultamento archeologico e inimmaginabili scenari circa il futuro della ricerca scientifica e della nostra civiltà.
È notizia del 12 febbraio la collaborazione ufficiale del progetto con Capella space, l’azienda americana leader nel campo dell’indagine radar satellitare e della gestione degli open data per multinazionali e agenzie governative, possiamo solo immaginare dove sia possibile puntare questi potenti strumenti ai fini della conoscenza dei più grandi misteri della nostra storia e civiltà.
Pare proprio, e me lo auguro vivamente, che il muro di indifferenza e silenzio accademico attorno a questa scoperta stia per finire e che il vento stia cambiando anche nel mondo scientifico e culturale.
Il 15 Marzo si terrà la conferenza stampa per giornalisti accreditati nazionali e internazionali in cui verranno resi noti in anteprima mondiale i risultati della ricerca e il 16 Marzo la presentazione per il pubblico.
Speriamo di potervi aggiornare su nuovi sviluppi di questo emozionante percorso di ricerca.
Di Roberta Arzilli