La nuova vita di Dj Faber in Repubblica Dominicana
Se a cavallo degli anni 80′ ascoltavi la radio ti ricorderai di Dj Faber. In quegli anni RDS (Radio Dimensione Suono) era una radio romana, e in quegli anni Faber Cucchetti era una voce nota agli ascoltatori romani e non solo grazie ai suoi programmi “Top 25 Dance Music”, “Dimensione Dance” e “Questa casa non è un albergo”.
E oggi cosa fa Dj Faber? MolloTutto lo ha scovato per chiederglielo.
Ciao Faber, vuoi presentarti ai lettori di MolloTutto che non ti conoscono?
Hola! Mi chiamo Faber Cucchetti, classe 1959, bilancia in bilancia. Durante gli anni ’70 nuotatore con primati e presenze nelle nazionali giovanili, poi pioniere del triathlon tricolore dall’85 con discreti risultati fin al ‘92.
Figlio di quella Rumy che inventò il nuoto sincronizzato in Italia nel ‘75 guidando la prima Nazionale. Forse però, più che per lo sport, sono ricordato per vicende musicali fra radio, vinili e discoteche.
Sono già nonno ed ho tre figli: Fabia (‘90) e Sebastian (‘97) nati a Roma, ed Elena nata a Santo Domingo il 12 novembre 2018.
Di dove sei originario e cosa facevi quando eri in Italia?
Dai 9 anni ho vissuto a Roma, dove, dopo gli allori sportivi, ho raccolto i successi professionali più importanti, da dj e speaker.
Fra l’altro sono stato il “centravanti” del palinsesto di Radio Dimensione Suono dal 1978 al 1989. Tuttora mi esibisco in consolle, tornando in Italia sei o sette volte l’anno per le serate #party80 che organizzo al Piper ed in altri locali con grande seguito di amici nostalgici.
Quando e perché è arrivata la voglia o la necessità di lasciare l’Italia?
Per una vita mi sono concesso solo viaggi con soggiorni abbastanza brevi, legato a Roma per lavoro, ma ad un certo punto arriva il momento in cui i legami stringono troppo e devi reagire per non soffocare.
Nel mio caso l’incantesimo è stato rotto dalla sofferenza per una rottura sentimentale. Anche per un personaggio noto, superati i 50 anni, bisogna riconoscere che in Italia è arduo ricominciare daccapo e trovare nuovi amori. Il mio più caro amico frequentava da decenni la Rep. Dominicana. Strappandomi alla depressione, nel gennaio 2013 mi ha letteralmente messo su un aereo per Santo Domingo, regalandomi una vacanza di tre settimane. Così ho potuto rendermi conto delle differenze che caratterizzano la gente dei Caraibi, frequentando la quale è difficile sentirsi vecchi.
Ma poi perché dire che ho lasciato l’Italia?! Non l’ho lasciata, piuttosto ho raddoppiato le prospettive della mia vita, cercando di prendere il meglio delle due parti.
Perché hai scelto proprio Boca Chica a Santo Domingo?
È importante sottolineare che S.Domingo è la capitale della Rep. Dominicana, una metrópoli caótica, dove non manca nulla, ma ben lontana dal sogno caraibico degli Europei, tanto che il mare non è neppure balneabile.
Boca Chica sta a Santo Domingo come Ostia sta a Roma, sia perché è la sede della spiaggia più prossima, sia perché si trova molto vicino all’aeroporto.
Volando molto spesso verso l’Italia, dopo tante ore di viaggio raccogliere le valige ed avere la tua base a 15 minuti dallo scalo è una importante comodità.
Ho vissuto a Las Galeras, Bayahibe, Las Terrenas, Sosúa e per un anno nell’affascinante Zona Coloniale della stessa Santo Domingo. Ognuna di queste località è molto diversa per pregi e difetti, ma alla fine ho preferito la praticità di un residencial a ridosso dei miei check-in. Dal 2013 ne conto già 37 in arrivo a Las Américas e senza questa pausa Covid sarei già ben oltre i 40.
Sei partito da solo o con qualcuno?
I primi due viaggi da turista sono stati in compagnia di Ennio, il mio miglior amico e partner di lavoro in discoteca fin dal ‘79. Lui aveva già fatto un piccolo investimento immobiliare a Juandolio ma non aveva mai preso in considerazione soggiorni superiori alle tre settimane.
Io invece mi sono entusiasmato sempre più, infettato dalla nostalgia caribeña, e dopo due anni da avventuroso turista solitario, a Roma ho venduto i miei 30mila vinili e tutto il resto dell’armamentario da disc jockey per fare il grande salto e mettere una nuova base qui dove Cristoforo Colombo fece altrettanto, nel 1492 battezzando il Nuovo Mondo.
In che cosa consiste la tua attività?
Avere un importante seguito a Roma mi ha permesso di fare rapidamente da riferimento per tutti quelli che mi stimano e si lamentano per la realtà di casa loro.
Qui in Rep. Dominicana non è facile trovare persone davvero affidabili, molte promesse vengono disattese, quasi nulla è come sembra a prima vista.
Io metto a disposizione le mie esperienze guidando gli amici alla scoperta dell’isola ed evitando loro di incappare in quegli errori di superficialità che potrebbero danneggiarne l’esperienza.
Molti di essi si bruciano per errori grossolani di valutazione e presunzione.
Io mi propongo soprattutto come compagno di viaggio, cioè molto più che una semplice guida turistica.
Chi non si accontenta di fare gregge nei villaggi turistici, mi interpella per fare un progetto, conoscere le bellezze reali e le varie possibilità di vita offerte da questo lato del mondo latino.
Oltre a questo per cosa altro si distingue la tua attività?
Sono un appassionato fotografo, appoggio i sogni di aspiranti modelle e ritraggo la natura caraibica, però offro anche ai miei amici la possibilità di avere immagini uniche del loro soggiorno e delle nostre avventure, con foto e video.
Chissà, con questi scenari ed il mio supporto, diventare eroi della Rete Sociale può essere un’importante prospettiva professionale per loro, anche in vista di nuove attività.
Quali differenze sostanziali riscontri a livello lavorativo rispetto all’Italia?
Qui devi resettare tutte le tue convinzioni ed abitudini italiane, altrimenti vivi male. In grandi città come Santo Domingo e Santiago De Los Caballeros puoi trovare delle analogie con le tue esperienze mediterranee, ma per tutto il resto devi sforzarti di accettare un diverso stile di vita.
Non saremo mai noi ad imporci, piuttosto avremo la necessità di integrarci ed adeguarci. In ogni caso, la stragrande maggioranza di chi viene cerca una maniera per vivere bene senza tanti grattacapi. Può riuscirci se ha una rendita o un gruzzolo da investire, difendendolo con criterio. Invece non conosco nessun immigrato europeo over 50 che recentemente sia venuto qui e abbia fatto carriera lavorando da dipendente.
Com’è avvenuta la tua integrazione in una realtà locale così differente da quella italiana?
Malgrado gli sforzi e la passione, devo ammettere che la mia integrazione è solo parziale. Sono tutt’altro che campanilista, ma nella mia quotidianità ho mantenuto molto di italiano a cominciare dal cibo.
La comunità italiana è ben organizzata e – parlando di cucina – non manca quasi nulla per replicare le nostre ricette, con prodotti locali o d’importazione. Quanto al resto delle abitudini, arrivare qui da Roma o dal Sud Italia è un bel vantaggio: nel quotidiano noi terroni sappiamo interpretare le regole ed adattarci.
Certo, la mancanza di puntualità del Dominicano medio è terribile, le mie giovani clienti molto spesso prenotano e poi non si fanno vedere e neppure avvisano. Mi irrito molto ma poi guardo il cielo, il mare, le palme, i fiori e mi passa.
Hai nostalgia dell’Italia, cosa ti manca?
Il fatto che la mia vita sia cambiata completamente può rendermi poco obiettivo.
La decisione di volare via arrivò quando mi resi conto che il mio percorso professionale in Italia era arrivato ad un punto morto, soprattutto in riferimento alle radio, dove non trovavo più sufficienti soddisfazioni.
La recente tecnologia web mi consente di coltivare comunque i fans italiani anche dalle Americhe, per cui li sento sempre molto vicini.
Assenze? A parte la pesante nostalgia per amici e parenti, le prime frivolezze che mi vengono in mente sono le mozzarelle di bufala, i dolci con la panna, le acque minerali ed i ristoranti etnici, qui praticamente assenti.
Ma guardiamo al bicchiere mezzo pieno: vorrei sottolineare quanto apprezzo di più Roma quando torno, praticamente da turista a casa mia. Ad esempio pensate che il traffico mi pare scorrevole (già, perché a Santo Domingo è spesso infernale), i commessi mi sembrano cordialissimi (mentre qui a volte non brillano), le opere d’arte mi abbagliano e le opzioni in qualunque tema mi sommergono (ai Caraibi non ci sono molte scelte).
Vivere a Boca Chica sotto quali aspetti è meglio che in Italia e sotto quali è peggio?
Non avessi la grande comodità dell’aeroporto sotto casa, non vivrei mai a Boca Chica. La mia prima scelta, da lavoratore, sarebbe tornare nella pittoresca Zona Coloniale di Santo Domingo.
Per altri aspetti mi piacerebbe traslocare nella cittadina di Sosúa, che nell’insieme con Cabarete e Puerto Plata è particolarmente ricca di stimoli, mentre, amando la natura, non posso che ammirare per prima la rigogliosa Las Galeras, sulla punta della penisola di Samaná.
A Boca Chica quasi nulla è meglio che in Italia (ma poi… rispetto a quale lato d’Italia?), però qui posso vivere nella pace di un residence ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al corrispondente alloggio tricolore, mentre il vero impagabile “meglio” lo abbiamo in tutte le coste dell’isola grazie alla natura e alla temperatura estiva perpetua, che permette sempre una capatina in spiaggia ed un tuffo in mare.
Una vita in infradito insomma.
Cosa consiglieresti ad altri italiani che desiderassero seguire le tue orme?
Primo step: vacanza esplorativa in giro per l’isola con la guida di un amico fidato, che ti conosca abbastanza per poterti accompagnate nei luoghi più adatti ai tuoi gusti.
Secondo step: decidere per una zona, quella che ti ha attratto maggiormente, dove trascorrere almeno un mese da residente e non da turista, dando attenzione a chi sta già facendo quel che vorresti fare tu, per provare a capire in cosa emularlo.
Terzo step: parlare spagnolo, affrontare i primi investimenti e rispettare i passi burocratici necessari per allungare la tua permanenza e cominciare a creare il tuo sogno caribeño.
Secondo te che tipo di lavoro/attività/investimento è conveniente praticare per un italiano a Santo Domingo?
Fermo restando che qui se hai una discreta rendita puoi trovare il modo di goderti il panorama, per il resto abbiamo la certezza che non sarai sufficientemente pagato da dipendente e quindi dovrai fare l’imprenditore.
Il mattone rende abbastanza bene, ma va dapprima acquistato con tutte le accortezze possibili e poi gestito con acume.
Fra le mie numerose conoscenze, i maggiori successi li hanno raggiunti quelli che hanno tradotto in dominicano le loro precedenti esperienze professionali europee.
Qui ai Caraibi avere un’arte nelle mani ti evita di dover cercare e formare il personale con affanno, ed avere una famiglia solida ti mette al riparo da micidiali distrazioni.
Poi è vero che sembra sempre estate ma nella realtà lavorativa ci sono precise stagioni turistiche: se non hai la capacità di servire anche il pubblico dominicano, perdere quei pochi mesi di afflusso di clienti dall’estero può fare la differenza fra poter restare o dover tornare in Italia da falliti.
Pensi che ci siano molti italiani che vivono in Rep. Dominicana?
Ne conosco svariati e sono certamente moltissimi. A Boca Chica si notano soprattutto i pensionati, ma si trovano tanti imprenditori. Altrove abbiamo molti compatrioti con attività legate al turismo, soprattutto a Bayahibe, Juandolio e Las Terrenas.
Poi a far numero ci sono i tantissimi che vengono periodicamente e da anni.
Non lavorano ma ne hanno da raccontare di tutti i colori perché sono i più vulnerabili al cospetto delle sirene…
In definitiva, consiglieresti Boca Chica come meta per espatriare o più per una vacanza?
Sono consigli che darei ben separati, personalizzati in base alle caratteristiche del mio interlocutore.
Boca Chica è comoda come base per chi deve lavorare con gli scali aeroportuali e con la capitale, sempre che non debba subire la pressione del traffico negli orari di punta.
È stata famigerata per decenni, ora sta lentamente evolvendo e migliorando ma ha perso quelle pur discutibili caratteristiche che ne decretarono il successo fra i turisti a caccia di avventure amorose.
Oggi la sua spiaggia, con quel tratto di Mar dei Caraibi che sembra un lago, è frequentatissima delle famiglie meno abbienti e brulica di giovanissimi. Diciamo che va bene per iniziare a conoscerlo ma poi c’è tanto di meglio in giro per questo continente in miniatura noto come Repubblica Dominicana.
Di Pamela Conforti
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