Fabio era già “tedesco” ancor prima di trasferirsi in Germania
Fabio ha 43 anni, è originario della provincia di Varese e la sua storia comincia nel 1995.
“Avevo un ottimo impiego come tecnico informatico presso una grossa multinazionale, ero impegnato politicamente e nel mondo del volontariato, ma anche molto frustrato dalla situazione sociale e dal fatto che persino i miei compagni di battaglie trovavano estrema la mia intransigenza sul rispetto delle regole e sulla necessità di coerenza fra parole e azione, cioè che fossi un rompiballe: in pratica ero già tedesco ancor prima di trasferirmi in Germania!”
Fuori programma: destinazione Germania
Avevo mandato curricula dappertutto, a ditte inglesi, statunitensi, francesi e stavo per chiedere il visto turistico sia all’Australia che al Canada. La Germania non era proprio fra i miei obiettivi. Inaspettatamente mi arrivò l’offerta di una organizzazione internazionale attiva nella ricerca astronomica. L’offerta era ottima e quindi feci le valige per Monaco di Baviera. Monaco la conoscevo già per la solita Oktoberfest e mi era subito sembrata una città a misura di essere umano.
Inizio: casa e lingua
Non ho avuto grossi problemi iniziali, visto che un lavoro l’avevo e che sul lavoro si parlava inglese, ma cercare casa in una situazione di crisi degli alloggi e senza parlare una parola di tedesco non è stato facile. La lingua era e rimane il più grosso ostacolo, anche se per le questioni pratiche tutto è reso più facile dal fatto che quasi tutti parlano inglese e molti parlano italiano (!).
Al lavoro: differenze culturali e “straordinari”
Nella mia organizzazione i rapporti sono molto informali, ma amici impiegati in ditte tedesche hanno avuto ben altri problemi, dalle piccole cose come darsi del lei a vere differenze culturali come la questione degli straordinari. Mi ero già accorto che dopo le 17.00 non riuscivo a ottenere risposta se telefonavo ai vari uffici, per non parlare di officine o agenzie. Scoprivo così che i bavaresi scattano come saette alla fine della giornata di lavoro e fare gli straordinari non è visto di buon occhio a differenza dell’Italia, significa che non sei stato efficiente durante il giorno. Incredibile.
Troppo…relax!
E’ stato incredibile anche lo stile rilassato e per nulla frenetico, cosa che però aveva degli inconvenienti, uno su tutti l’orario di apertura dei negozi. Appena trasferito tutti i negozi, tutti, alimentari compresi chiudevano alle 18.00, con un estensione alle 20.00 ogni primo giovedì del mese. Al sabato chiudevano alle 14.00 con la solita estensione alle 16.00 una volta al mese. Non poche volte ho dovuto chiedere ospitalità ad amici perché mi ero dimenticato di fare la spesa. D’estate la situazione peggiorava e l’orario di chiusura era anticipato perché “anche i lavoratori del commercio hanno diritto di andare al lago a fare le grigliate”. Pazzesco, senza contare che la gente, quando veniva a sapere che ero italiano sospirava e diceva “ah gli italiani, voi si che sapete come godervi la vita”. Ma dove?!
Dalla gabbia all’impalcatura: le regole “tedesche”
Se sul lavoro non ho avuto problemi di adattamento, fuori dal lavoro ce ne sono stati eccome.
Entrare nel “giro” tedesco è stato più difficile e le differenze di cultura e mentalità si sono fatte sentire. Anche la questione delle regole (che a me stava a cuore) mi ha causato problemi. Venire redarguito dalla vecchietta perché ho gettato la bottiglia nel contenitore sbagliato o venire “cazziato” dal vicino perché stavo riparando la macchina sul marciapiede di fronte al palazzo invece che nella apposita piazzola non è stato facile da digerire. Col tempo e con l’esperienza ho capito che tutte queste regole, anche apparentemente assurde, invece che una gabbia sono una impalcatura che reggono il sistema di vita della “Città più vivibile del mondo 2010” (secondo la rivista Monocle).
Cosa rimane dell’Italia
In Italia ci vado due o tre volte l’anno, a trovare parenti e amici o per le vacanze. Se ho nostalgia? Difficile averne, specie se si è vissuti a Milano. Certo ci sono cose che mancano e cose alle quali qui non ci si adatta mai, come il cibo e il clima, ma se si riesce ad entrare nel sistema la vita risulta incredibilmente facile. L’Italia poi rimane una fonte di rammarico e frustrazione perché, dopo aver visto come funzionano le cose all’estero, mi sono convinto che l’Italia, per la sua ricchezza umana, di storia, di paesaggio e di cultura potrebbe essere un vero paradiso terrestre.
Intrappolato nella città più vivibile del mondo
A tutti quelli che vogliono trasferirsi nella Germania del sud dico che questo paese è una trappola: se ci si adatta alla mentalità poi non si vuole più abbandonare uno dei luoghi con la più alta vivibilità del mondo.
Insegnare imparando
Continuo a lavorare per l’organizzazione europea e come mezzo di integrazione mi dedico nel tempo libero all’insegnamento delle arti marziali (Pa Kua), lo trovo un modo per incontrare gente e… per parlare tedesco!
Di Emiliana Pistillo 27/07/2012