Laura Fusaro, una giovane veterinaria che deciso di trasferirsi a Lione. Una laurea, la prospettiva di un lavoro sottopagato o precario o, più spesso, le due cose insieme, l’opportunità di allontanarsi per un po’, la curiosità e un po’ di coraggio per costruire una vita fuori dal proprio paese.
Sempre più spesso accade nel nostro Paese a chi, terminati gli studi, pieno di idee e ambizione, rischia di vagare in uno stato di depressione e inconsistenza anche pluriennale, prima di riuscire ad imboccare un percorso lavorativo e di vita che consenta di tirare un sospiro di sollievo carico di gratificazione e stima.
È quello che è successo anche a Laura Fusaro, giovane Veterinaria della provincia di Padova che, con una laurea ed un dottorato di ricerca in tasca, ha deciso di non attendere passivamente che le cose in Italia cambino, pensando magri che l’occasione giusta non è né un treno né un tram che passa davanti, ma un progetto da costruire e vivere: Lione, Parigi e ora un volo per gli Stati Uniti.
Perché, se di giovani con poca voglia di fare e privi di spirito di adattamento si vuol parlare, il suo caso non lo è certamente!
Raccontaci un po’ di te, dove vivi e dove vivevi prima di trasferirti, qual era la tua vita.
Mi chiamo Laura, ho trentadue anni e sono nata in un piccolissimo (e strettissimo!) paesino della Provincia di Padova, Torreselle. Già durante il Liceo avvertivo la necessità di spostarmi in un posto più grande e attivo, quindi mi sono trasferita a Bologna, dove ho frequentato la facoltà di Medicina Veterinaria e poi il Dottorato in Anatomia Patologica. Ci ho passato all’incirca dieci anni, tra una cosa e l’altra. È stato il mio Prof di tesi a darmi l’occasione di espatriare.
La decisione di andare via è stata un istante di follia o una decisione sulla quale hai riflettuto a lungo?
Non ho avuto occasione di riflettere, era una scelta obbligata: o 6 mesi fuori o il mio Dottorato non avrebbe avuto valore internazionale. ANDIAMO. Dove? All’inizio sarei dovuta andare a Barcellona per un periodo di sei mesi; poi i programmi sono cambiati e sono andata a Lione, in Francia, in una famosa industria farmaceutica a sviluppare il mio progetto di ricerca. Lione mi ha fatto innamorare all’istante!
Cosa conoscevi del posto in cui saresti andata?
Non ne avevo mai sentito parlare ma si tratta della terza città francese per estensione e importanza, dopo Parigi e Marsiglia. Città bellissima, viva, dove “ça bouge”, per dirla alla francese, “si muove”, dove cioè si possono trovare mille stimoli culturali, feste, manifestazioni, con molti ristoranti, pub, musei, cinema… città giovane e borghese, lontana dalla bolgia di Parigi ma con lo stesso charme, se non di più.
Dopo i sei mesi sono tornata in Italia, aprile 2010… e lì è cominciata la depressione. Il mio contratto sarebbe scaduto dopo pochi mesi e non c’erano prospettive, se non una borsa di studio di tre anni a 500 euro al mese. No, grazie. Mi sono informata a destra e a sinistra e a settembre ero di nuovo a Lione, iscritta alla scuola di specializzazione in anatomia patologica. Non avevo stipendio, ma ho trovato facilmente un lavoro per mantenermi.
Cosa non ti piace del posto in cui vivi e cosa pensi, invece, che dovremmo copiare noi italiani da loro?
Gli stipendi in Francia non hanno nulla a che vedere con quelli in Italia, si è pagati molto di più e i lavoratori sono tutelati. Non esistono contratti in nero, anche il lavoro che dura una settimana è registrato.
Insomma, ero felice.
Certo, l’Italia manca sempre. Avevo moltissimi amici italiani a Lione, è normale. Manca il cibo, manca il rito del caffè, manca il calore della gente e le amicizie sincere… ma “fuori”, a Lione, si sta bene. Si sta bene perché tutto funziona meglio: l’autobus arriva SEMPRE in orario, la metropolitana funziona bene e ti porta ovunque, non hai mai bisogno della macchina, trovi le bici da noleggiare, i supermercati sono aperti 7 giorni su 7 e quasi 24 ore al giorno, la attività culturali offrono di tutto…
Queste magari sono stupidaggini, ma per me conta poter usufruire di servizi che funzionano. In dieci anni di Bologna non ho quasi mai visto passare l’autobus sotto casa all’orario indicato nel tabellone, mai. Mi chiedo perché in Italia sia tutto così approssimativo. Non ho mai visto cinema offrire sconti decenti agli studenti (a Parigi si va all’opera con venticinque euro, per esempio) né musei a basso costo per chi non lavora.
Perché in Italia non si punta così sull’educazione culturale della gente?
Poi comunque è una bella città, una gioia per gli occhi. Certo, ci sono anche gli inconvenienti di Lione e della Francia: i francesi, per esempio, che sono davvero nazionalisti come li dipingono. Molte volte ho avuto la brutta sensazione di non essere a casa, straniera in luogo straniero. Ma passa, ci sono persone fantastiche anche lì, come qui in Italia ci sono persone spregevoli. La lingua tutto sommato si impara facilmente quindi grossi problemi non ne ho trovati.
CONSIGLIO vivamente questa città.
Dopo 2 anni e mezzo mi sono poi trasferita a Parigi a lavorare per un’altra industria farmaceutica e per finire la mia scuola di specializzazione. Beh, io non ho amato Parigi, per nulla. Ok, bella città ma ostile, molto ostile. E caotica, come tutte le metropoli. Ho resistito un anno, ora sono in partenza per gli Stati Uniti, per il North Carolina con un contratto di post-dottorato, ben pagato e con ottime possibilità di carriera.
Consiglieresti a un ragazzo di andare via dall’Italia?
Ragazzi, andatevene dall’Italia! Approfittate del meglio che c’è fuori, della cultura, dei servizi che funzionano e che vengono incontro alla gente, dell’apertura mentale alle culture diverse per apprezzare di più la nostra.
Approfittate delle condizioni lavorative migliori, degli stage RETRIBUITI, delle occasioni di crescita e dei contratti a tempo indeterminato che molto spesso seguono gli stage e i contratti a tempo determinato (non è stato il mio caso ma questo perché non ho cercato, mi lascio trasportare dalle occasioni che trovo per la mia strada per girare un po’ il mondo)…
Torni spesso in Italia? Quali sensazioni provi?
Ho visto quello che c’è fuori e di tornare in Italia non ne ho, per ora, alcuna voglia. Infatti, torno pochissimo, 1-2 volte l’anno per vedere i miei e i miei amici. Non trovo nessuno stimolo qui, è tutto piatto… ma parlo del mio paesello, magari se abitassi a Roma o a Milano non vorrei più ripartire, non so. In ogni caso, lavoro per me qui non ce n’è.
Come ti appare da lontano l’Italia oggi?
Purtroppo vedo l’Italia come un Paese provinciale, chiuso in se stesso, non aperto alle culture, un po’ xenofobo. La cultura e l’educazione non sono contemplate tra i valori da sostenere e sviluppare. Dovremmo prendere esempio dagli altri e non guardare indietro ai grandi fasti che hanno fatto diventare l’Italia quello che è adesso.
Cosa fai nel tuo tempo libero?
Il mio tempo libero lo occupo in tanti modi: uscite con gli amici, cinema (qui ci sono abbonamenti a 20 euro al mese, convenientissimi), concerti, opera, teatro… tutto quello che probabilmente non potrò fare negli Stati Uniti… E poi in Francia ci sono anche bellissimi parchi!
Per trasferirti quale iter burocratico hai dovuto seguire? (uffici, documenti)
Non è stato difficile, anche perché sono partita tramite l’Università che agevola moltissimi iter burocratici. Ma in linea di massima spostarsi nella comunità europea non richiede grandi sforzi. Diversa è la situazione per andare negli Stati Uniti. Sono già 2 mesi che combatto per avere il Visto, nonostante il contratto già firmato. Qui la burocrazia è lenta e complicata!
Di Silvia Coco 11/09/2013