Marco si è trasferito a vivere e lavorare in Indonesia
Foto di Kanenori da Pixabay

Marco, ingegnere navale, si trasferisce a lavorare in INDONESIA dove i titoli di studio hanno valore.

Marco si laurea in Ingegneria Navale e, spinto dalla curiosità e da un po’ di incoscienza, decide di trasferirsi all’estero perché sa quanto sia difficile fare carriera in Italia.
Dopo 6 anni di esperienza tra Corea, Cina e Giappone adesso riveste un ruolo di grande responsabilità nella Oil&Gas a Jakarta.
Anche se nel suo futuro sogna di avvicinarsi a casa, sembra entusiasta delle sue esperienze all’estero: “Opportunità di lavoro ci sono, sopratutto in campo ingegneristico, manifatturiero, trasporti e finanziario”, ma mi raccomando “meglio essere in possesso di una laurea, tanta pazienza e magari una tavola da surf, Bali è a solo due ore di distanza”.

Parlaci un po’ di te, quanti anni hai, da dove vieni, cosa fai nella vita, che lavoro facevi prima di partire. Ora fai lo stesso lavoro oppure hai migliorato la tua posizione?

Mi chiamo Marco, ho 30 anni, nato a Genova, cresciuto a Viareggio… risultato? Che io mi trovi in Liguria o in Toscana quando mi sentono parlare mi chiedono sempre di dove sono! Prima di partire ero un neolaureato in Ingegneria Navale, con qualche esperienza di lavoro estivo alle spalle, in sequenza temporale cameriere, cameraman, operaio semplice e apprendista disegnatore navale. All’estero ho cominciato come ispettore navale con una compagnia italiana medio-grande e dopo 6 anni ricopro la posizione di responsabile di progetti Oil&Gas nella sede indonesiana.

Cosa ti ha spinto a cambiare Paese e andare in una nazione molto lontana culturalmente dall’Italia?

Simona, se mi permetti, più che cambiare nazione, ho cambiato continente. Ho iniziato nel 2007 trasferendomi in Corea del Sud per 5 mesi, successivamente ne ho trascorsi 14 in Giappone, poi 3 anni in Cina e adesso sono in Indonesia da marzo 2012. Cosa mi ha spinto? Sicuramente un po’ di incoscienza e tanta curiosità. Incoscienza, perché sapevo pochissimo del Paese in cui mi sarei dovuto trasferire, il tipo di lavoro che mi aspettava e soprattutto quanto sarebbe durato il distacco dalla sede centrale. Tanta curiosità per una parte di mondo che non avevo mai visitato e che, al di là dell’ambiente navale, se ne sentiva parlava di rado.

In quanto capitale politica ed economica dell’Indonesia, Jakarta attrae molti stranieri, così come molti immigranti interni. Di conseguenza, ha un sapore cosmopolita e una cultura variegata. Al tempo stesso è una città molto trafficata, e piena di baracche e grandi costruzioni di cemento.

Com’è viverci ogni giorno?

Ti rispondo a questa domanda con un piccolo aneddoto. Un mio collega cinese quando ha saputo che sarei partito per Jakarta mi ha detto sghignazzando “In bocca al lupo per il traffico!”. Io scetticamente ho risposto che dopo tutti questi anni all’estero le avevo viste tutte ma, la prima volta che mi sono trovato “imprigionato” tra le auto e i motorini a due tempi senza neanche muovermi di un centimetro, ho dovuto ammettere che avevo decisamente sottovalutato la situazione! Un traffico simile pare che si trovi solo in India.

La cosa più fastidiosa è la non prevedibilità. Infatti quando devo andare a un meeting in qualche zona lontana dal mio ufficio devo partire sempre con grande anticipo e l’opzione di arrivare leggermente in ritardo è sempre presente! Per fortuna chi vive e lavora a Jakarta lo sa ed è molto elastico per quanto riguarda gli orari: persino i giapponesi, generalmente molto severi sulla puntualità, dopo aver vissuto in questa città sembrano rassegnati e che siano diventati più permissivi! La città di per sé è strana e, come hai anticipato, è un miscuglio di grattacieli e baracche, quindi non a misura di pedone.

Marco si è trasferito a vivere e lavorare in Indonesia
Foto di Kanenori da Pixabay

Sia il traffico sia le infrastrutture ti fanno passare la voglia di spostarti a piedi o altro mezzo che non sia una vettura. Inoltre manca una metropolitana o un servizio pubblico facilmente fruibile da uno straniero. Se a tutto questo ci aggiungiamo lo smog… A parte il fastidio del traffico, l’aspetto più bello della città e in generale del Paese sono gli indonesiani. Sono un popolo solare e molto cordiale, l’impressione è stata buona fin dal primo giorno. Il miscuglio di nazionalità ma anche di religioni inoltre sembra non essere un problema, almeno per quello che ho visto in quest’anno.

Com’è cambiata la tua vita? Sei contento o ti manca l’Italia? È stato difficile ambientarti lì?

La mia vita è cambiata molto ovviamente e non è stato facile abituarsi. Però avendo vissuto in molti Paesi, ho notato che c’è sempre un periodo di “incubazione” ed “educazione” culturale. Che una volta passato ti fa sentire l’ambiente circostante come normale/familiare. O almeno per me è così. L’Italia mi manca tantissimo per quanto riguarda gli amici, i parenti e i luoghi. Inoltre da un anno e mezzo sono diventato zio. E ti assicuro che vedere il nipotino su Skype non è mai abbastanza. Però riconosco che qua ci sono più opportunità di lavoro e di crescita personale.

La cosa che mi piace di più di Giacarta? Le 2 ore di aereo che ti separano da Bali! Anche se i ritmi di lavoro e gli impegni mi hanno permesso di andarci solo una volta in un anno è comunque un pensiero confortante saperla così vicina. Soprattutto se ti piace fare surf. Da mangiare mi porterei in Italia la Sambal. E’ una salsa piccante e dolce che ha come ingrediente principale i gamberetti.

E qual è la cosa che più ti infastidisce? Sento dire che spesso si entra in un hotel o un centro commerciale e si trova la security con i mitra spianati e i metaldetector sempre in funzione, è vero? Ti impressiona o ti dà sicurezza?

Confermo, in passato ci sono stati attentati. Adesso in ogni edificio in cui tu voglia entrare c’è un primo servizio di sicurezza che controlla la presenza di esplosivi in auto. E un secondo per i pedoni per la presenza di armi. Inoltre oltre alla polizia è facile vedere militari che imbracciano mitragliatori se l’edificio è una sede politica. Il fatto di per sé non mi impressiona ma stona con la mia percezione del popolo. Come ti dicevo sono persone cordiali e solari, difficile immaginarle in altri ambiti.. Però probabilmente ci sarebbe da approfondire dal punto di vista storico e culturale per capire le ragioni.

Sei partito da solo o in compagnia? Era la prima esperienza all’estero?

A Jakarta sono con Silvia, la mia compagna di “viaggio”. Ci siamo conosciuti a Shanghai tre anni fa. Per descrivertela un poco, è una veneta doc che parla benissimo cinese! Quando si è presentata l’opportunità di cambiare Paese ne abbiamo parlato e ci siamo buttati in questa nuova esperienza.

Ci sono opportunità di lavoro per gli italiani che vorrebbero “mollare tutto” e trasferirsi lì? Ti sei fatto un’idea su quale tipo di lavoro è particolarmente richiesto? E che tipo di attività o investimento potrebbe essere conveniente praticare per un italiano? Ci si può improvvisare un lavoro o è ancora una realtà retrograda e povera?

Opportunità di lavoro ci sono, sopratutto in campo ingegneristico, manifatturiero, trasporti e finanziario. Molti stranieri che conosco, lavorano in banca, in società di ingegneria, controllo di qualità o, se madrelingua inglese, in ambito scolastico. Uno straniero che volesse trovare lavoro, per quello che ho sentito, è meglio essere in possesso di una laurea.

Ho conosciuto diverse persone che hanno fatto colloqui con aziende locali. Ma il processo di selezione si è fermato al momento della richiesta del titolo di studio. Di fatto il governo e l’ufficio immigrazione richiede che la società dimostri che uno straniero oltre a portare valore aggiunto all’azienda sia in grado e debba trasferire “conoscenza” al personale locale. Venire a Jakarta sperando di trovare un lavoro mi sembra azzardato. Se non si ha almeno un contatto, un supporto in città e informazioni tali da giustificare il lungo viaggio (18 ore).

Come accolgono gli italiani? Tu sei riuscito a fare nuove amicizie o frequenti magari altri italiani o persone che arrivano dall’Occidente?

Come mi è già capitato in altri Paesi, quando dici Italia, brillano gli occhi. Invece quando si parla di Stato italiano, è meglio cambiare discorso: abbiamo perso molto in credibilità politica. Quello che mi stupisce e rincuora invece è sentire di frequente storie di italiani che hanno lasciato il segno nel Paese e nelle persone con cui parli. Come dire, l’italiano da solo, come individuo, è stimato sia dal punto di vista professionale che umano, passando agli italiani con accezione politica no.

Marco si è trasferito a vivere e lavorare in Indonesia
Foto di Kanenori da Pixabay

Qui frequento altri stranieri come, australiani, cileni, russi, svizzeri, olandesi ma ovviamente anche italiani. In posti così remoti, quando senti parlare italiano è più facile attaccare discorso. E’ un po’ come essere tutti sulla stessa barca. Addirittura in Corea mi ricordo che c’erano così pochi stranieri che quando due si incrociavano camminando per strada, anche senza conoscersi, si scambiavano un saluto o un cenno.

Tornerai in Italia o pensi di continuare ad abitare all’estero, magari in altri Paesi stranieri?

Tornerei in Italia solo per stare vicino ai miei parenti, amici e metter su famiglia. Ma non credo che avverrà a breve. Di fatto la distanza è proibitiva per tutti. Nel giro di un paio di anni conto di “avvicinarmi”. Quindi continuare a vivere all’estero ma in zona Europa, fosse anche Turchia o Emirati Arabi andrebbe bene. Il lavoro all’estero ti permette di occupare ruoli e assumere responsabilità che in Italia sarebbe possibile solo in un arco di tempo decisamente più ampio.

Potresti dare qualche consiglio a chi si vuole trasferire? Sia pratico sia rimanendo a livello culturale per prepararsi alla mentalità indonesiana?

Chi volesse trasferirsi a Giacarta, non si aspetti una capitale asiatica moderna e tecnologica: vi consiglio di armarvi di tanta pazienza. Chi volesse andare a Bali o Lombok: mi raccomando portatevi la tavola da surf! Un saluto da Jakarta, Marco.

Per chi si volesse mettersi in contatto con l’Ambasciata italiana di Giacarta questo è il sito internet:
www.ambjakarta.esteri.it/Ambasciata_Jakarta

Di Simona Cortopassi 27/08/2013

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