il successo dei tutor di lingua italiana online
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Stagnazione del “viaggio” e nuovi boom: il successo dei tutor di lingua italiana online

Ricordate gli scambi internazionali a scopo linguistico?

Spero di non colpire qualche corda troppo nostalgica, perché almeno per quanto mi riguarda, i ricordi colpiscono eccome.

Viaggiare in altro paese, da soli o in piccolo gruppo, allo scopo di impadronirsi della lingua “sul campo”. Una modalità di apprendimento a metà tra lo studio e il piacere, qualcosa di meraviglioso per chi ne aveva la possibilità di parteciparvi.

Gli scambi a scopo linguistico erano un settore estremamente popolare (e lucrativo) fino a quando, ormai un anno fa, le condizioni di spostamento sono diventate molto più difficili e la domanda relativa è crollata. Oggi, se pure il paese prescelto per viaggiare ha le frontiere aperte, devi farti 10 giorni in quarantena.

Secondo l’indice della difficoltà linguistica stilata dai consolati statunitensi, le lingue possono dividersi in facili-medie-difficili a seconda di quanto tempo in full immersion fosse necessario per apprenderle.

Due settimane? Lingua facile.

Quattro mesi o più? Lingua molto difficile (ogni riferimento al mandarino è puramente mirato).

E proprio da questa necessità, che il personale diplomatico fosse multilingue, e dai loro programmi interni, che i primi lungimiranti presero spunto per questo modello di business.

Quando andavo a scuola erano chiamate “Full Immersion”. Il libro di inglese (e perfino quello di francese) ammetteva, forse un po’ controvoglia essendo una sorta di concorrenza alla professione dell’autore del manuale, che il modo più veloce per diventare fluente in una determinata lingua era andare direttamente nel paese in cui si parlava la lingua tal de tali, isolandosi per quanto possibile dalle fonti di linguaggio nativo, e lasciare che l’istinto di sopravvivenza facesse il resto.

Non riesci a intenderti con il panettiere in islandese per comprare ciò di cui hai bisogno? Morte per fame. Mettersi in questa posizione garantisce (e garantì) risultati in pochissimo tempo.

E questa fu la fortuna delle associazioni turistiche e di insegnanti che promuovevano queste iniziative, ovviamente con tutto il supporto in caso di emergenza incluso nei pacchetti.

Negli anni Novanta e Duemila, questo modello iniziale si era già evoluto.

Le full immersion in solitaria furono sostituite da viaggi e scambi in gruppo, più redditizi e facili da gestire per gli organizzatori, al costo di una minore efficienza per l’utente finale, che si trovava non più abbandonato a sé stesso. Questo tipo di scambio non garantiva più l’insegnamento totale della lingua, ma andava ancora bene per averne un buon principio di dimestichezza, ed era molto più comodo e divertente per il consumatore finale: l’asse del business si spostava dall’insegnamento al divertimento.

Questo lasciava un po’ insoddisfatto chi cercava un’esperienza vecchio stile, anche per un altro motivo.

Con il diffondersi ubiquo dell’inglese in tutti i paesi sviluppati quale “lingua franca”, le full immersion hanno cominciato a mostrare alcuni limiti. Se puoi andare in Germana e per intenderti con chiunque puoi semplicemente parlare inglese (perché i tedeschi lo parlano perfettamente) allora sarai meno stimolato a imparare il tedesco. Così nacque un tipo di scuole di lingua specializzate: non bastava più andare in un diverso paese, dovevi andare lì a frequentare una scuola di lingua, per un paio di settimane o un mese.

Cosa è successo a tutto questo in tempi di coronavirus?

Il settore si è dovuto rinnovare completamente. Le scuole di lingua nate di cui parlavo si sono dovute reinventare nell’impossibilità di accogliere i loro studenti dal vivo.

Sono nate così le piattaforme online.

Questa è la nuova evoluzione del mercato che ha dato origine a questo articolo. Mentre precedentemente queste “avventure” erano limitate a chi era parte di un’associazione oppure era abbastanza benestante da poter viaggiare in periodi diverso da quello estivo, ora si tratta di una possibilità veramente di massa.

Comodamente da casa, ora, è possibile iscriversi ad una piattaforma online e trovare un insegnante o tutor della lingua desiderata, e prenotare una videolezione di un’ora: ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le fasce di prezzo. La piattaforma si occupa dei pagamenti in sicurezza.

Grazie a questa modalità economica e la facilità d’accesso, la domanda è salita con rapidità straordinaria.

Così, anche la richiesta per diventare tutor di italiano è molto alta e i guadagni da questo lavoro, gestibile come part-time o full-time, sono ragguardevoli (in media, una lezione può venir pagata 15-25 euro l’ora) al punto che sono state organizzate campagne di reclutamento, ufficiali e spontanee.

Una delle piattaforme più famose, che non menzioneremo per non dare troppo vantaggio, organizza un recruiting questo mese con webinar a potenziamento settimanali per istruire su come passare le selezioni.

Chi volesse diventare tutor di lingua italiana online, questo il link per il webinar gratuito.

Per ora, pare che la crescita del settore non si arresti e anzi non si riesce a coprire tutte le richiesta di lezioni proveniente dagli stranieri.

Infatti, pochi sanno che l’italiano è una delle lingue più popolari all’estero: specialmente negli Stati Uniti, Russia e Giappone, moltissimi giovani ragazzi e ragazze sono desiderosi di impararla dopo l’inglese, che ormai è più una lingua di necessità.

Non solo. Questo business non pare doversi sgonfiare nemmeno dopo che la pandemia sarà finita: viaggiare è costoso, e avendo ormai la possibilità di essere bilingue aver raggiunto dimensioni di massa, le cose sembrano poter diventare solo più rosee per gli aspiranti tutor.

il successo dei tutor di lingua italiana online
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Auguriamo buona fortuna a chi dovesse “buttarsi” in questo business.

Di Giorgio Rotoli

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