Il concetto di “paradisi fiscali” è stato negli anni passati e per molto tempo uilizzato per indicare strumenti e comportamenti non condivisi dagli assetti normativi di molti Paesi cosiddetti evoluti e di piu’ ampio rilievo sul piano economico -politico internazionale. Spesso tali Paesi, nel tentativo di proteggere i loro interessi, hanno cercato di porre un argine in ogni modo lecito per impedire ai propri cittadini di sottrarsi ai controlli e dunque alle obbligazioni previste dal rispettivo assetto fiscale .

Paradossalmente, tali tentativi effettuati avverso luoghi pubblicizzati inaccessibili per via della poca se non completa mancanza di trasparenza, ha di fatto contribuito ad alimentare la volontà di impiegare comunque all’ estero, ingenti capitali per fini personali anziche’ in nome di quello collettivo, seppure con fini pienamente legali.

Con il passare del tempo, il fenomeno ha assunto contorni diversi e piano piano l’utilizzo diffuso di strumenti imprenditoriali e patrimoniali alternativi si è sempre più affermato, portando privati ed imprese a considerare come una normalità collocarsi formalmente all estero: dai grandi gruppi internazionali impegnati nella produzione di generi di massa quali automobili , abbigliamento , elettrodomestici, a quelli dei servizi come degli Investimenti immobiliari,delle risorse energetiche, etc., il concetto di paradiso fiscale si è molto ridimensionato per alcuni paesi anche se tuttora rappresenta una problematica ancora irrisolta e controversa.

L’OCSE PUBBLICA LA LISTA NERA DEI PARADISI FISCALI

PARIGI, 26 GIUGNO – L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha pubblicato il 26 GIUGNO una lista di 35 paesi considerati paradisi fiscali – tra cui il principato di Monaco – minacciandoli di sanzioni se entro un anno non avranno riformato il loro sistema fiscale.

Il principato di Monaco non figurava sulla lista nera redatta la scorsa settimana dal GAFI, il Gruppo di Azione Finanziaria sul riciclaggio dei capitali (dipendente dall’OCSE), nonostante il giorno prima un rapporto parlamentare francese avesse indicato il regno dei Grimaldi come propizio a tali attività.
I 35 paradisi fiscali sono accusati dall’OCSE di praticare una concorrenza fiscale pregiudizievole, cercando di attirare i privati e le società che vogliono evitare di pagare imposte nel proprio paese. L’organizzazione non ha indicato quali sanzioni intenda adottare. La lista comprende:

Andorra Bahrein isole Cook Jersey Monaco Panama Seychelles
Anguilla Barbados Dominica Liberia Montserrat Saint-Kitts e Nevis Tonga
Antigua e Barbuda Belize Gibilterra Liechtenstein Nauru Sainte-Lucie isole Turk e Caicos
Aruba isole Vergini britanniche Grenada Maldive Antille olandesi Saint-Vincent e Grenadine isole Vergini americane
Bahamas Guernesey l’isola di Man isole Marshall Niue Samoa occidentali Vanuat

Iniziamo con una significativa citazione di Adam Starchild, guru dei paradisi fiscali, “home is where money is” (la patria è dove si hanno i soldi). E’ questa un’altra conseguenza della globalizzazione: si può anche scegliere la patria che costa meno!

I Paesi off-shore, tuttavia, oggi vengono considerati come sorvegliati speciali da quelli fiscalmente più evoluti. Il timore è che servano da paravento per il riciclaggio del denaro sporco. Così, il G-8 (la società degli otto Paesi più industrializzati del mondo), l’OCSE, l’Unione europea, gli Stati uniti hanno cominciato a passare al setaccio i rapporti che intercorrono tra i propri cittadini e i paradisi fiscali. L’obiettivo è di ridurre quella percentuale tra il 2 e il 5% del prodotto interno lordo mondiale, che, secondo il Fondo monetario internazionale, sarebbe rappresentata proprio da capitali riciclati.

A maggio, il Forum di stabilità finanziaria creata dal G8, ha compilato una lista dei 42 paesi offshore, dai quali passano 500 miliardi di dollari ogni anno, dividendola in tre gruppi: i Paesi che collaborano con le autorità internazionali e hanno serie regolamentazioni (tra cui Svizzera, Lussemburgo, Irlanda e isole del canale della Manica), i Paesi che hanno minore regolamentazione (Montecarlo, Gibilterra, Malta) e quelli che tendono a sfuggire al controllo internazionale (Liechtenstein, Cipro, Libano, molte isole dei Caraibi e del Pacifico).

PIU’ DIFFICILE “FUGGIRE” NEI PARADISI FISCALI

Nel mirino soprattutto artisti, calciatori, atleti, professionisti e imprenditori. Con una norma ad hoc inserita nella Finanziaria non sarà più sufficiente cancellarsi dalla propria anagrafe per potersi sottrarre al regime fiscale italiano. I contribuenti che lo fanno dovranno anche essere in grado di dimostrare che “effettivamente” risiedono in un altro paese e che i loro interessi economici non sono più in Italia. In pratica l’onere della prova che ora spetta al fisco con la nuova normativa spetterà al contribuente.

Già l’anno scorso una circolare invitava gli uffici a effettuare indagini sui cittadini italiani che negli ultimi anni avevano trasferito la loro residenza nei paradisi fiscali. Nella rete erano caduti circa 300 Vip, ma gli uffici hanno incontrato difficoltà in alcuni casi insormontabili. Ora, l’aver portato la residenza anagrafica all’estero, ad avviso delle finanze, non costituisce più elemento sufficiente per sfuggire al prelievo: anzi, deve considerarsi «fiscalmente residente in Italia un soggetto che pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantenga il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia».

Proponiamo, per chi voglia approfondire l’argomento, la lettura della seguente normativa:

– circolare Min. Fin. 140 del 24.06.1999
– DECRETO 4 maggio 1999 – Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato.

LA BLACK LIST La normativa di riferimento

L’articolo 10 della legge 448/98 (Finanziaria per il 1999) ha introdotto nuove disposizioni volte a contrastare la fittizia emigrazione all’estero, per finalità tributarie, delle persone fisiche. In forza di questa norma, si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle Finanze da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale.

L’elenco degli Stati e territori

Con decreto del ministro delle Finanze del 4 maggio 1999 sono stati individuati i seguenti Stati e territori con regime fiscale privilegiato per le persone fisiche:

Alderney (Aurigny)
Andorra (Principat d’Andorra)
Anguilla
Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda)
Antille Olandesi (Nederlandse Antillen)
Aruba
Bahama (Bahamas)
Bahrein (Dawlat al-Bahrain)
Barbados
Belize
Bermuda
Brunei (Negara Brunei Darussalam)
Cipro (Kypros)
Costa Rica (Republica de Costa Rica)
Dominica
Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida)
Ecuador (Republica del Ecuador)
Filippine (Pilipinas)
Gibilterra (Dominion of Gibraltar)
Gibuti (Djibouti)
Grenada
Guernsey (Bailiwick of Guernsey)
Hong Kong (Xianggang)
Isola di Man (Isle of Man)
Isole Cayman (The Cayman Islands)
Isole Cook
Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands)
Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands)
Jersey
Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya)
Liberia (Republic of Liberia)
Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein)
Macao (Macau)
Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia)
Maldive (Divehi)
Malta (Republic of Malta)
Maurizio (Republic of Mauritius)
Monserrat
Nauru (Republic of Nauru)
Niue
Oman (Saltanat ‘Oman)
Panama (Republica de Panamà)
Polinesia Francese (Polynesie Francaise)
Monaco (Principaute’ de Monaco)
San Marino (Repubblica di San Marino)
Sark (Sercq)
Seicelle (Republic of Seychelles)
Singapore (Republic of Singapore)
Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis)
Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines)
Svizzera (Confederazione Svizzera)
Taiwan (Chunghua MinKuo)
Tonga (Pule’anga Tonga)
Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands)
Tuvalu (The Tuvalu Islands)
Uruguay (Republica Oriental del Uruguay)
Vanuatu (Republic of Vanuatu)
Samoa (Indipendent State of Samoa)

LA WHITE LIST La normativa di riferimento

Il decreto legislativo 239/96, che ha modificato il regime fiscale degli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati, all’articolo 6 stabilisce che non sono soggetti ad imposizione gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, percepiti da soggetti residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni.

L’elenco completo degli Stati

Con decreto del ministero delle Finanze del 4 settembre 1996, ripetutamente modificato, è stato approvato l’elenco dei seguenti Stati con cui risulta attuabile lo scambio di informazioni:

Algeria
Argentina
Australia
Austria
Belgio
Bielorussia
Brasile
Bulgaria
Canada
Cina
Corea del Sud
Costa d’Avorio
Croazia
Danimarca
Ecuador
Egitto
Emirati Arabi Uniti
Federazione Russa
Filippine
Finlandia
Francia
Germania
Giappone
Grecia
India
Indonesia
Irlanda
Israele
Jugoslavia
Kazakistan
Kuwait
Lituania
Lussemburgo
Macedonia
Malta
Marocco
Mauritius
Messico
Norvegia
Nuova Zelanda
Paesi Bassi
Pakistan
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Repubblica Slovacca
Romania
Singapore
Slovenia
Spagna
Sri Lanka
Stati Uniti
Sud Africa
Svezia
Tanzania
Thailandia
Trinidad e Tobago
Tunisia
Turchia
Ucraina
Ungheria
Venezuela
Vietnam
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