Davide, soddisfatto del sistema danese sotto molteplici aspetti, ci racconta la sua esperienza.

Davide, 36enne di Lavarone, si trasferisce dal Trentino a Dublino e poi ancora in Danimarca. Soddisfatto del sistema danese sotto molteplici aspetti, ci racconta la sua esperienza a Copenhagen.

Davide, come mai hai lasciato il ridente Trentino?
Cosa ti ha fatto decidere di trasferirti in Danimarca?

Nel 2003 ho avuto una grande occasione, di quelle che ti cambiano la vita. Si trattava di un’offerta di lavoro a Dublino. Non sono stato lì a pensarci perché era mio desiderio ampliare i miei orizzonti e approfondire la conoscenza della lingua inglese, unito al fatto di andare a vivere in una grande capitale europea. Ho accettato immediatamente.

Com’è stato l’impatto con la nuova realtà danese?

Devo dire che dopo soli pochi mesi mi ero reso conto che vivere e lavorare all’estero era ben più facile di quanto avessi immaginato. Decisi in seguito di cambiare città, dato che sentivo una forte affinità con la Danimarca, così mi trasferii a Copenhagen. Dopo otto anni qui, ho imparato ad apprezzare la cultura e il modo di vivere danesi.

Che differenze hai notato nel modo di vivere? Apprezzi qualche aspetto in particolare?

Apprezzo moltissimo il rapporto che esiste tra i cittadini e lo Stato, cosa che non è in Italia. I danesi si sentono parte integrante dello Stato, sono responsabili e percepiscono la cosa pubblica non come un’entità astratta ma come qualcosa che appartiene loro e di cui prendersi cura. Un altro esempio è il sistema fiscale: in Danimarca il sistema è molto rigido ma allo stesso tempo molto semplice. Ogni residente sul territorio danese ha il suo numero fiscale privato che permette tutte le operazioni grazie a un sistema di identificazione on line, cosa molto semplice e chiara. Se ad esempio volessi aprire un’attività e la mia partita iva, non devo far altro che utilizzare questo sistema, e prima di fine anno, visitare il sito dell’Agenzia delle Entrate danese dove dichiaro quanto penso di guadagnare l’anno successivo e il corrispondente ammontare delle tasse: in tempo reale, ottengo il calcolo di quanto dovrò versare mensilmente. A fine anno quando so quanto effettivamente ho fatturato e quante spese ho sostenuto, aggiorno i dati e nel caso avessi versato più del dovuto ricevo un bonifico o un assegno entro il mese successivo. L’aliquota per le aziende in Danimarca si aggira intorno al 25%. Come conseguenza moltissimi cittadini, soprattutto giovani, riescono a diventare imprenditori e – nei casi più felici – a creare prodotti di successo. Skype (uno degli ideatori è danese) è solo uno degli esempi più eclatanti, ma quello che è conta davvero è che possa nascere quel tessuto sociale e imprenditoriale di grafici, stilisti, consulenti o gestori di siti per il commercio online che, grazie alla semplicità del sistema, sono riusciti a crearsi un lavoro. Una riforma che semplifichi gli adempimenti fiscali, unita ad uno Stato che assiste i contribuenti in modo efficace – anziché reprimere e punire – forse non è la soluzione a tutti i problemi, ma di sicuro è uno dei tanti ingredienti che può favorire la crescita a lungo termine, una delle cose di cui l’Italia ha più bisogno.

Di cosa ti occupi a Copenhagen?

Qui in Danimarca lavoro come Project Manager per un DMC locale (organizzo meeting e incentives in Scandinavia e Nord Atlantico). Inoltre coordino Italia Futura Danimarca, il gruppo e’ formato sia da Italiani espatriati ma anche da danesi che hanno vissuto in Italia. Riteniamo che grazie alla nostra esperienza possiamo dare un contributo intellettuale all’Italia in un periodo così delicato. Pertanto stiamo lavorando a delle proposte che a breve porteremo all’Agenda Italia 2013. Per farla breve Italia Futura e’ un movimento liberale nato qualche anno fa con lo scopo di studiare delle proposte al fine diminuire lo “spread” tra Stato e Cittadini. Dal momento che la classe politica attuale non ha colto, si e’ deciso di metterci noi a fare politica e portare avanti il lavoro iniziato. La stampa non ci sta trattando bene, veniamo definiti “il partito di Montezemolo”, quando invece e’ (e per fortuna) un movimento fatto da diverse persone con diversi background ma con il comune obbiettivo di dare serietà e senso civico alla politica italiana (L.C. Di Montezemolo avrà scritto forse 10 editoriali in 4 anni). Leggo sui quotidiani che siamo gli amici di Casini e Fini quando più volte si e’ da sempre dichiarato che si vuole portare un rinnovamento. Ed e’ impossibile parlare di rinnovamento se poi si sta con i protagonisti degli ultimi 20 anni. Forse la verità e’ che non sappiamo nemmeno noi chi siamo, perché siamo così presi dal lavoro sulle proposte che vogliamo portare e dalle emergenze, come fisco, disoccupazione e valore della cultura, che devono essere risolte, che non ci siamo ancora preoccupati di “eleggere il leader” o di stringere alleanze con le esistenti forze politiche. Insomma abbiamo un programma fatto di punti concreti sul quale stiamo lavorando (cerca agenda Italia 2013 per saperne di più) e abbiamo già tanto da fare così.

Ti manca qualcosa dell’Italia?

Dell’Italia mi mancano molte cose, la spontaneità e la voglia di scherzare degli Italiani. Il caffè veloce al bar e le quattro chiacchiere col barista.

Pensi mai con nostalgia all’ Italia? Ci torneresti?

E’ difficile rispondere alla domanda “torneresti in Italia”, qui faccio un lavoro che mi soddisfa, mia moglie ha un’ottima carriera e i miei figli usufruiscono di un sistema scolastico che non solo potrà permettere loro di laurearsi contando solo sulle loro forze, ma che insegna loro il senso critico. Certo, in un periodo così duro per l’Italia mi verrebbe voglia di venirci a vivere per portare quello che ho imparato durante questi 10 anni di permanenza all’estero.

Di Luisa Galati 25/03/2013

 

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