Vivere e lavorare in Inghilterra dopo la Brexit
Photo by John Cameron on Unsplash

Vivere e lavorare in Inghilterra dopo la Brexit: cosa cambia per gli italiani in UK dal 29 marzo 2019 ?

In questi giorni torna in voga il tanto discusso argomento Brexit. Si tratta infatti di un punto cruciale – di svolta, nel bene o nel male lo sarà – quello in cui il Premier inglese Theresa May e i vertici di Bruxelles decideranno finalmente come gestire i rapporti dopo il divorzio tra Gran Bretagna e Unione Europea.

Con una svolta chiamata trattato. Sancito l’accordo che fisserebbe le norme del partneriato (come vuole definirlo la May) tra i due colossi, potremo dire che il Regno Unito non fa più parte dell’UE.

Anche se il dibattito si è acceso notevolmente nelle ultime settimane, sono ancora numerose le perplessità dei cittadini europei, tra cui moltissimi italiani, che vivono in UK.

 La situazione attuale

Venerdì 29 marzo 2019 alle ore 23,00, la Gran Bretagna lascerà l’Unione Europea, con un biglietto di sola andata.

Con questa data precisa, categorica, il premier inglese Theresa May annuncia, come si legge su Daily Telegraph, il rinnovo della decisione: zero passi indietro, che nessuno fermi l’attuazione della Brexit. Il paese non farà più parte dell’UE.

Ma il Premier ha anche espresso l’impegno di non voltare le spalle ai tanti cittadini italiani che vivono da anni in UK, lavorano e pagano regolarmente le tasse. Nessuno pensa ad una espulsione di massa dal paese, nessuno può dimenticare l’importanza della presenza concreta dei cittadini UE, e il loro utile contributo alla sua crescita. Sta di fatto che, belle parole a parte, nella pratica molte cose cambieranno, e non sembra facile l’appplicazione di una linea più leggera, e  a volte nemmeno cosi coerente con il disegno Brexit, che mira – anche –  a ridurre i flussi migratori.

Intanto è iniziato ieri 14 novembre –  e si protrarrà fino al Natale –  il dibattito alla Camera dei Comuni per discutere degli emendamenti, ben 470 presentati dal Partito Laburista, alla Withdrawal Bill, ovvero la Legge che ha dato vita al provvedimento Brexit. Le modifiche presentate dai laburisti nascono dall’idea di alleggerire, snellire le conseguenze che l’uscita del Regno Unito dall’UE comporterà inevitabilmente per i cittadini europei che vivono nel paese, ma anche per i britannici che viaggiano e vivono stabilmente in uno dei paesi UE.

Nonostante ciò gli emendamenti non hanno alcun potere sulla negoziazione con Bruxelles la quale, dovesse fallire, ovvero in caso di braccio di ferro tra i due blocchi, renderebbe nulli tutti gli sforzi dell’opposizione.

Davis David, Ministro Brexit, ha sottolineato tuttavia che sono stati fatti passi in avanti nel dialogo tra la Gran Bretagna e UE e che entrambe le parti devono mostrare una maggiore flessibilità, allentando la presa delle richieste reciproche. Un mancato accordo danneggerebbe entrambi.

Intanto la sterlina cala ancora, mentre l’euro cresce, stagliandosi ieri a 0,892 nel (cambio valuta sterlina). L’euro cresce anche sul dollaro.

Come cambia per gli italiani che vivono in UK

Si consiglia a tutti gli italiani che vivono in Gran Bretagna di effettuare l’iscrizione all’AIRE il prima possibile. Secondo i dati, infatti, su 600.000 presenze in territorio britannico, solo 261.585 italiani hanno registrato la propria residenza inglese. È un dato che deve far riflettere.

L’esperto inglese Adrian Berry, specializzato in materia di libera circolazione in UE, in un’intervista a Londra Italia, ribadisce di effettuare l’iscrizione all’AIRE prima che l’uscita del Regno Unito divenga effettiva. In quel momento infatti, verranno messi in atto dal Governo Britannico dei controlli sull’immigrazione. In quel momento, gli italiani potranno dimostrare la residenza legale in UK attestata ancora prima dell’uscita dall’Unione, grazie all’iscrizione all’AIRE. Per essere chiari, solo chi ha effettuato la dichiarazione potrà dimostrarlo effettivamente alle istituzioni. Questo potrebbe fare un’enorme differenza. Soprattutto in caso di mancata negoziazione tra UK e UE.

Nel caso in cui un italiano con permesso di soggiorno valido, per esempio, perdesse il lavoro in territorio britannico dopo l’uscita dall’UE, riceverebbe un trattamento pari a quello riservato agli australiani: dovrebbe trovare una nuova occupazione entro 60 giorni, al contrario sarebbe invitato a lasciare il paese.

Vivere e lavorare in Inghilterra dopo la Brexit
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Con l’uscita dall’UE in caso di mancato accordo, gli italiani rischiano di perdere anche il diritto sanitario permanente.

Cambieranno anche le condizioni per gli studenti che ad oggi possono usufruire dell’esenzione dalle tasse universitarie – di cui è inoltre previsto un aumento notevole – e l’accesso ai finanziamenti bancari relativi alle stesse.

Si applicheranno infatti, in maniera indiscriminata, le regole valide per i cittadini dei paesi extra UE, con aumento delle tasse e caduta dei benefici.

Ma l’aspetto che porterebbe indietro all’età delle nazioni, consiste nella eventuale reintroduzione del sistema dei visti entro i confini europei per motivi di soggiorno lavorativo o di studio, e non è ancora chiaro come verrebbe gestito per esempio il soggiorno di tipo turistico.

Si dovrà richiedere un visto per una vacanza di due settimane? Il governo britannico smentisce, non esiste questa possibilità, ma nonostante le rassicurazioni dopo la lettera di May inviata ai cittadini europei, non si dispongono risposte certe a riguardo. Sicuramente, un mancato raggiungimento degli accordi non porterebbe nulla di buono in materia di visti.

Verrebbero reintrodotte le antiche frontiere e di conseguenza reintegrato il sistema della dogana, con gravi ripercussioni sul commercio e la circolazione dei prodotti.

Inoltre, dopo il 29 marzo, subiremo una complicazione anche in materia di trasporti.

Infatti per la circolazione aerea se oggi viene gestita dall’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea, dopo l’uscita dell’UK e in assenza di soluzioni alternative, potrebbe crearsi un vuoto che darebbe vita a slittamenti, cancellazione e ritardi se non assenza di voli disponibili per il 2019.

Molte compagnie aeree, vedi Ryan Air, hanno preventivamente dichiarato di non avere alcuna responsabilità in caso di chiusura dello spazio aereo dopo il 2019.

Eventuali gravi disagi anche per le compagnie farmaceutiche: previste difficoltà nell’approvigionamento di medicinali legate al rallentamento sulle frontiere, in quanto le aziende non avrebbero il permesso di adottare farmaci europei e rischierebbero anche di perdere la licenza di esportazione dei medicinali in Europa, sempre in caso di mancato accordo. Quindi sarebbero invogliate a lasciare la Gran Bretagna e volgere lo sguardo altrove.

Allo stesso modo esiste il rischio dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, un aumento pari a circa il 45% per latte e formaggio, e 37% per le carni, 10% per capi di abbigliamento, tabacco e bevande. Il reinserimento della dogana comporterebbe il rischio di scaffali vuoti nei centri commerciali. Le famiglie più povere rischiano di spendere 500 sterline di più all’anno.

Per finire, la grande novità del Roaming like at Home, che consente di chiamare, inviare sms mantenendo la tariffa nazionale, introdotta il 15 giugno e valida per i paesi dell’UE, potrebbe non essere valida per il Regno Unito dopo la data di uscita dall’Unione.

Un articolo di Donatella Conte 

www.eazycityblog.com

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