Alberto Piovesan ha comprato un terreno per farci un ristobar con cucina italiana e swahili
Alberto Piovesan, dopo qualche anno dalla sua prima idea di trasferirsi all’estero per riscoprire una vita più vera ed emozionante, passa dal paesaggio di provincia veneziano alla natura dell’isola di Zanzibar.
Contatto Alberto tramite mail, e aspetto un po’ prima di ricevere risposta…
Eccola:
Ciao Alberto, come hai deciso di andare a vivere all’estero?
Jamboooooooooo Luisa… scusa per l’attesa ma qui la connessione ad internet non e’ facile, l’elettricità va e viene… siamo in Africa.
Allora cercherò’ di darti le notizie riguardanti il mio trasferimento, sperando che possano essere utili a chi eventualmente le leggera’… intanto ti ringrazio per darmi la possibilità’ di raccontare a qualcuno la mia esperienza.
Io ho deciso di trasferirmi scegliendo in principio di abbandonare l’Italia e non dandomi una meta precisa ma spaziando su tutto il globo e raccogliendo informazioni che mi venivano date, dal Sudamerica all’Oriente in generale passando appunto dall’Africa.
Erano ormai cinque anni che cercavo di trovare il momento giusto per andarmene dal mio paese ritenendolo ridicolo e senza sbocchi, per andare incontro ad una nuova realtà’ che sicuramente mi avrebbe portato a fare tre passi indietro sulla scala evolutiva del progresso, ma con questo mi avrebbe regalato la possibilità’ di assaporare nuovamente il gusto di riuscire a raggiungere quotidianamente un traguardo reale e realmente necessario, come il cibo, l’acqua, la natura, la terra, il conoscere persone posti, animali, fiori, piante e colori che fino a questo momento non mi era stato dato il privilegio di fermarmi a gustare. E allo stesso tempo avrei abbandonato un teatro di falsità’ e insoddisfazioni che alla fine mi avrebbero avvolto nel continuo vivere una vita decisa da altri; ogni giorno un pericolo nuovo anche solo all’interno dei nostri supermercati, ogni giorno una tragedia nuova o una nuova cosa che non si può’ più’ fare. Tutto ciò mi aveva portato ad un anarchia mentale che mi faceva odiare profondamente tutto ciò’ che facevo e tutto ciò’ che mi stava intorno. Mi sentivo in aspettativa di vita, e il tempo passava.
Come hai scelto poi Zanzibar?
Il motivo che mi ha veramente dato la spinta a partire e’ stata la morte di mio padre a novembre. Questo mi ha dato la forza e la libertà’ di decidere finalmente per me.
Non fraintendere, la morte di mio padre mi ha distrutto ma mi ha anche fatto capire che dovevo fare qualcosa per me se volevo veramente, come dico io, “SENTIRMI”… e qui a Zanzibar ho cominciato a riuscirci.
Zanzibar e’ stata selezionata come meta perché’ tra quelle possibili era quella verso cui mio padre aveva manifestato più’ entusiasmo e ho seguito il suo istinto.
E com’è stato il primo impatto con questa realtà’?
Non sono venuto qui a fare il Mszungu (Bianco) con i soldi che vuole investire sul turismo (anche perché’ con uno stipendio precedente da operaio tanti soldi nn ho di fondo).
Ho passato tre mesi a camminare scalzo per la “shamba zanzibarina” parlando e conoscendo persone di giorno e di notte senza incontrare nessun pericolo ma solo lo sguardo curioso delle persone che mi guardavano con grandi sorrisi e caldi mi dicevano “Karibu, Mambo vipi “(benvenuto, ciao come va ?).
Così’ ho deciso che avrei vissuto qui.
Che attività’ hai intrapreso a Zanzibar?
Ho concluso pochi giorni fa per un pezzo di terra a Michanvi – costa est dell’isola, con uno dei mari migliori di tutta Zanzibar!
Non sono sulla costa, ma sono vicino al villaggio Kae e pingue (villaggi africani non turistici).
Quello che vorrei realizzare qui, oltre alla mia casa, sarebbe un discoristobar con cucina italiana e swahili, e magari ci aggiungerei un paio di bungalow da affittare, ma tutto ciò’ dev’essere accessibile ai locali e ovviamente di conseguenza ai turisti.
Dal punto di vista economico penso sia una buona idea, soprattutto considerando la zona i cui mi trovo, visto che i primi “bar” di svago si trovano a 20 km di distanza: al sabato sera le strade si riempiono di ragazzi che fanno l’autostop il più’ delle volte tornando a casa.
Hai pensato a come realizzerai la tua attività’? Vorresti far aumentare il turismo nella zona in cui hai preso casa?
No, non vorrei cambiare di molto quel che è già’ ora.
Il posto si chiamerà Zeru Zeru visto che da mszungu ormai il mio nome qui e’ diventato in swahili “zeru zeru” (zanzibarino albino). Il mio programma di integrazione sembra aver funzionato.
Non lo voglio fare per diventare ricco ma solo per poter vivere tranquillo.
Altri programmi per il futuro da realizzare?
Mi piacerebbe un giorno riuscire a migliorare la situazione scolastica e sportiva dei bambini e ragazzi del villaggio, dato che scrollargli di dosso un po’ d’ignoranza li può’ aiutare a migliorare la condizione di tutta una famiglia qui a scuola gli raccontano che Parigi e’ sotto una cupola!
Bada che non farei questo perché’ sono un missionario, ma solo per appagare un’egoistica voglia di non sprecare la mia vita.
Immagino non torneresti in Italia…
Per ora non ci penso, vivo quest’avventura in questo splendido posto che mi sta dando tantissimo a livello emotivo.
Ti lascio con un saluto in swaili “Hamna Noma … Hasante sana”.
Di Luisa Galati 10/05/2011