Freddie ha scelto di mollare tutto e lavorare con le ONLUS in Kenya

Freddie del Curatolo 44 anni giornalista professionista, diviso tra Genova, Milano e Como decide di trasferirsi in modo definitivo a Malindi dove lavora nel Sociale.
Freddie fa parte di un’associazione che lotta per non far scomparire le tradizioni e la cultura di una piccola etnia del Kenya e di adozioni a distanza.
“Ho atteso che la mia vita fosse apparentemente perfetta e che io mi sentissi realizzato, prima di fare il salto. Mi sono dovuto calare in una realtà differente, ma non è stato difficile. Il Kenia è un luogo che insegna molto al mondo.”

Ciao Freddie, in che località vivevi in Italia?

Tra Genova, Milano e Como

Da quanto tempo ti sei trasferito e in quale paese?

Definitivamente dal 2005, in Kenya a Malindi.

Eri già stato in Kenia prima del tuo trasferimento definitivo?

Da ragazzo, con mio padre che vi si è trasferito nel 1988.

Hai un motivo in particolare per il quale hai scelto il Kenya per cambiare vita?

Perché dal primo viaggio ho capito che era in sintonia con la mia filosofia di vita.

Come mai hai deciso di andare via dall’Italia?

Ho maturato la decisione negli anni, ma è troppo facile fuggire quando va tutto male. Ho atteso che la mia vita fosse apparentemente perfetta e che io mi sentissi realizzato, prima di fare il salto.

E’ stato difficile ambientarsi al nuovo ambiente?

Mi sono dovuto calare in una realtà differente, ma non è stato difficile. E’ un luogo che tira fuori la tua vera essenza e quando scopri che sei in sintonia con la Natura e la primordialità delle cose, è fatta.

Che tipo di lavoro facevi in Italia, come mai hai deciso comunque di cambiare vita e partire per l’estero?

Quando arrivi a realizzare i tuoi sogni (il mio era il giornalismo, pubblicare libri e ho anche pubblicato un disco come cantautore), inizi a pensare alla serenità interiore, e allora non c’è lavoro o appagamento economico o di successo che conti, devi vivere bene la quotidianità, con meno condizionamenti e compromessi possibili. Ho lasciato i miei lavori senza rimpianti.

I tuoi parenti e amici più stretti cosa ti avevano consigliato di fare?

Di tornare a farmi vedere ogni tanto.

Di cosa ti occupi ora esattamente?

Prevalentemente del Sociale. Seguo un progetto per far studiare bambini di quartieri disagiati attraverso il gioco del calcio e gestisco adozioni a distanza per conto di due Onlus. Faccio anche parte di un’associazione che lotta per non far scomparire le tradizioni e la cultura di una piccola etnia del Kenya, i Mijikenda. Per guadagnare da vivere ho un portale internet www.malindikenya.net.

Sei soddisfatto del tuo lavoro?

Molto. Finalmente posso non avere ansie di non guadagno, perché mi so accontentare e posso vivere all’africana con poche centinaia di euro al mese senza che mi manchi nulla.

Com’era la tua giornata tipo in Italia?

Lavoravo 16 ore al giorno, tra redazione, computer e serate con la band.

Vivi da solo o hai una tua famiglia?

Nel 2005 ho portato mia moglie in Kenya e abbiamo due figlie nate qua. Lei però purtroppo l’anno scorso ha deciso di tornare in Italia con le piccole. Io ora ho una nuova compagna italiana che ama questo posto come me.

Quali sono i tuoi hobby?

Viaggiare per il Kenya con la mia compagna fotografa, safari e scoprire nuovi luoghi.

Come ti trovi a Malindi, la consiglieresti ad altri Italiani per una vacanza o per viverci?

Il consiglio che do sempre è quello di venire a fare una “vacanza-studio” per vedere il Kenya con gli occhi di chi vorrebbe viverci, non con quelli edulcoranti del turista. Lo consiglierei a chi non ha più bisogno di molti orpelli occidentali.

Hai avuto difficoltà nel trasferimento?

Poche. C’è un po’ di corruzione, per il resto è un Paese molto ospitale.

Come ti immagini tra 20 anni?

Su una spiaggia con la barba bianca, a mangiare pesce appena pescato.

Sei rimasto in contatto con i tuoi parenti e i tuoi amici Italiani?

Grazie a internet oggi è più facile.

Che ne pensi di Facebook, Skype, ecc.., li utilizzi?

Prima non li utilizzavo, adesso sono indispensabili. In Skype, ad esempio, vedo le mie figlie.

Cosa ti manca della tua città, ne hai nostalgia?

Solo qualche specialità gastronomica e qualche concerto dal vivo.

Sapresti descrivermi tre aspetti culturali del Kenia?

La cultura Mijikenda, che è quella che ho sposato, si basa su tradizioni antiche e il culto degli antenati. Io ho sposato la loro causa perché si basa sulla saggezza degli anziani, sul potere della natura e sul rispetto reciproco. Con una bellissima cerimonia (una delle foto mi ritrae con loro) mi hanno dato il nome di battesimo tribale Mbogo Kimera. “Mbogo” vuol dire “bufalo”. Sulla costa keniota si ha a che fare anche con la cultura araba (islamici moderati) e quella indiana. Il bello di Malindi è che etnie e religioni vivono in armonia tra loro, specialmente cattolici e islamici. E’ un luogo che insegna molto al mondo.

Cosa ti piace di più’ del Kenia?

I ritmi tranquilli, il clima, la predisposizione della gente all’accoglienza.

Ci vivono molti Italiani a Malindi?

C’è una comunità di 3000 italiani a Malindi.

Che differenza di vita c’è tra l’Italia e il Kenia?

Ho scritto una poesia che s’intitola Mal d’Africa e parla proprio di questo: l’inizio recita “Immaginate un luogo in cui il cielo non vi sovrasta, vi attraversa. L’aria non si respira, si assapora, il tempo scorre non corre e il sistema nervoso si sistema, non s’innervosisce. Un luogo in cui la gente non vi incrocia, vi saluta, dove tutto è vero, anche le cose spiacevoli, perché tutto è vita”. Capito?

Sei più tornato in Italia a trovare famiglia e amici?

Torno una volta all’anno, in media. Per qualche settimana. Ma mi prende subito la nostalgia… il mal d’Africa!

Immagina il tuo futuro, dove sarà?

Spero proprio in Africa, magari più a sud del Kenya.

Torneresti mai a vivere in Italia?

Da sette anni non sono mai tornato, se non per brevi periodi in vacanza. Ora dovrò tornare ogni tanto per vedere le mie bambine.

Sito: www.malindikenya.net
Email: info@malindikenya.net

Questo testo: MAL D’AFRICA lo ritengo una sorta di mio biglietto da visita.

Di Maria Valentina Patanè 16/04/2013

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