Flavio D’Inca, un lodge a Putre

Sono le 22.00 in Italia quando contatto, via Skype, Flavio D’Inca, 51 anni, milanese di nascita e da più di vent’anni in giro per il mondo; sono le cinque del pomeriggio in Cile, dove, insieme alla moglie Patrizia, anche lei di Milano, Flavio risiede da tre anni e dove è riuscito a costruire il Terrace Lodge, un’accogliente struttura turistica situata a Putre, nella regione di Arica y Parinacota, nell’estremo nord del paese che confina con Bolivia e Peru.

Come siete arrivati in Cile?

È una storia lunga: prima di arrivare a Putre ci siamo trasferiti più volte.

Allora andiamo con ordine

Si. È iniziato tutto vent’anni fa quando ho iniziato a sentire una sorta di allergia per il caos di Milano. La città mi andava stretta, avevo bisogno di luoghi incontaminati dove poter costruire qualcosa di mio: lavoravo come addetto commerciale per un’agenzia fotogiornalistica, ma ho sempre avuto il desiderio di mettermi in proprio.
Già a quel tempo amavo viaggiare, visitare posti nuovi, mi sfiorava spesso l’idea di trasferirmi definitivamente fuori dall’Italia, ma la compagna con cui ero fidanzato all’epoca, non era incline agli spostamenti! Così, dopo una rottura sentimentale, ho incontrato Patrizia…..Le ho detto: “Se sei disposta a seguirmi in giro per il mondo, ti sposo! E così è stato! (ride).
Prima del matrimonio, siamo andati a fare un’ispezione in Malesia, che io già conoscevo.

Dove esattamente?

Nell’arcipelago di Pulau Langkawi. Affascinati dal luogo, abbiamo deciso di trasferirci lì e grazie all’affitto di un piccolo quadrato di terra vicino alla spiaggia, abbiamo deciso di gestire un’attività turistica. Parte del primo anno è servito a ottenere permessi e visti sia per la residenza che per la gestione dell’esercizio: io di giorno facevo il fotografo per gli alberghi della zona, mentre di sera con Patrizia, gestivamo una trattoria con cucina italiana. L’accoglienza degli abitanti è stata buona. Purtroppo nei primi anni 90 c’è stato un periodo di recessione economica in Europa e il flusso di turisti è diminuito. Anche la Malesia ha risentito della crisi e abbiamo iniziato ad accarezzare l’idea di trasferirci altrove.
Siamo rimasti lì per quattro anni.

E poi?

Abbiamo venduto l’attività e abbiamo deciso di provare a mettere su qualcosa in Portogallo, precisamente in Algarve. Ancora a metà degli anni 90, il sud del paese era una meta piuttosto sconosciuta e il costo della vita si manteneva abbastanza basso.
Abbiamo utilizzato il denaro proveniente dalla cessione dell’attività in Malesia per acquistare un piccolo lembo di terreno e un rudere che abbiamo trasformato nella nostra abitazione. Inizialmente sono stato assunto come commesso da un negozio di articoli fotografici e ho potuto sfruttare la mia professionalità acquisita negli anni; poi mi sono proposto come fotografo ad una struttura alberghiera che gestiva alcuni campi da golf della zona. L’idea è piaciuta subito e ho ripreso a scattare.
Dopo un paio di anni la ditta per cui lavoravo è entrata in crisi e io sono stato licenziato. Mi son messo in proprio, sempre come fotografo, e ho lavorato e vissuto benissimo fino alla recessione del turismo, provocata dall’attentato dell’11 settembre. Siamo rimasti in Algarve per sette anni. Lavorare era diventato quasi impossibile nel mio settore, così abbiamo deciso nuovamente di spostarci.

La meta successiva?

Dopo aver venduto terreno e abitazione, siamo approdati in Francia, nella zona a sud di Bordeaux. Dal punto di vista della qualità della vita, ci siamo trovati subito molto bene. L’aver vinto un concorso per iniziare una nuova attività come fotografo non ha purtroppo risolto i problemi di un mercato del lavoro molto chiuso.
Abbiamo ottenuto la residenza in tempi brevissimi: dopo trenta giorni eravamo residenti francesi. Dall’acquisto di un’abitazione, è passato poco tempo prima che ci accorgessimo che non potevamo restare, causa scarsità di impiego. Ho provato a propormi, anche qui, come fotografo ma purtroppo non ho ottenuto successo.
Quello che mi ha colpito della Francia è stato l’ottimo compromesso tra tenore di vita alto, burocrazia efficiente e cultura sviluppata. Non per niente è ancora il Paese preferito dagli EXPATS (espatriati) di tutto il mondo.

E veniamo al quarto trasferimento.

Ovviamente prima di partire, come al solito, mi sono informato su quale potesse essere un paese dove i costi degli immobili fossero alla nostra portata e dove, teoricamente, fosse facile aprire qualcosa in proprio.
L’occhio è caduto sulla Lituania, che in quegli anni era appena diventata indipendente dall’Unione Sovietica: i costi della proprietà e della vita ci sono sembrati accessibili. Era un paese in costruzione e quindi disposto ad accettare aiuti anche dagli “stranieri”: decidiamo, quindi, di reinvestire nei settori ristorazione o turismo.
Non ti ho ancora detto che Patrizia è un’ottima cuoca! (da lontano sento la voce squillante di Patrizia che ride di gusto. ndr)

Una volta sul posto, iniziamo la ricerca del locale ma ci troviamo di fronte ad un sistema immobiliare e a una mentalità ancora in parte di stampo sovietico: i locali nelle zone più popolate e ad alto tasso turistico sono enormi e costosi, mentre quelli più adatti al tipo di struttura che avevamo in mente sono dislocati in zone con passaggio quasi pari a zero. Finalmente troviamo una struttura consona alle nostre esigenze con annessa abitazione e ci muoviamo per la licenza.
Ma ci blocca la nostra futura vicina di casa che è contraria all’apertura di un locale pubblico adiacente alla sua abitazione (in Lituania –anno 2003- in alcuni casi, il cittadino privato poteva decidere della sorte degli esercizi pubblici, ndr).
Sfuma, così, il sogno di un’attività commerciale in Lituania! Stabiliamo che per un po’ posiamo permetterci di fare i turisti (in realtà, anche se saltuariamente, insegno in una scuola privata lituana, italiano e inglese di base) e, dopo aver pensato ad una nuova terra dove abitare, rifacciamo le valigie…..questa volta però in un luogo dove ci sia luce solare per gran parte della giornata e dell’anno, siamo pur sempre mediterranei, non siamo tipi da Paesi baltici!

Prima di arrivare al racconto dell’esperienza cilena, Flavio mi fa notare come in tutti i suoi trasferimenti ci sia di mezzo una proprietà da acquistare e rivendere, sempre con un margine favorevole di guadagno: un terreno o un’abitazione hanno sempre rappresentato un paracadute, un’ancora di salvataggio da sfruttare in caso di emergenza.

Ed arriviamo al Cile, dove risiedete attualmente?

Quando eravamo ancora in Lituania, io e Patrizia siamo partiti a fare un sopralluogo di due mesi nella zona ovest del Sudamerica, girovagando tra Perù, Cile e Bolivia. Dopo questo pellegrinaggio, abbiamo deciso di tentare di stabilirci nella zona montagnosa di Parynacota, il cui capoluogo è Putre.

Avete incontrato difficoltà per costruire il Terrace Lodge ?

Ottenere residenza provvisoria (la definitiva è in tramite) e i permessi è stato un incubo, nonostante il governo cileno si sia sempre dimostrato piuttosto aperto nei confronti degli europei: le pratiche furono ulteriormente rallentate quando si è trattato di trasferire il denaro dalla Lituania, in quanto esistono ancora delle leggi piuttosto dure sul riciclaggio nate durante la dittatura di Pinochet. Ma con moltissima pazienza ce l’abbiamo fatta e abbiamo partecipato a dei bandi governativi per il lo sviluppo della zona ottenendo circa un 25% di sussidi a fondo perduto sul progetto totale. Il bello del Cile è proprio questo: ci sono molte opportunità, molte possibilità di attuare progetti di vario tipo e non c’è discriminazione nei confronti degli “stranieri” che tentano di costruire qualcosa. Le difficoltà, a volte, sono di tipo burocratico-amministrativo; infatti abbiamo potuto aprire una società anonima grazie all’aiuto di una signora italiana (ora amica e collega) residente in zona da tanti anni. Dopo pochi mesi la società è solo nostra grazie all’ottenimento della residenza provvisoria. Tra pochi mesi dovremmo ricevere quella definitiva.
Io e Patrizia abbiamo costruito la nostra struttura turistica dal nulla. Terrace Lodge www.terracelodge.com ha cinque stanze (sette nel progetto iniziale) per gli ospiti e un piccolo appartamento per noi: si lavora molto bene, anche se da quando c’è stato il terremoto , lo scorso febbraio, il flusso turistico si è leggermente ridimensionato. Ma non ci lamentiamo. Le prenotazioni non mancano e stanno aumentando. Ciò che manca è la mano d’opera, soprattutto quella qualificata.

Avete avuto difficoltà materiali legate al terremoto, nella vostra zona?

No. Il sisma non ha toccato la regione in cui ci troviamo noi, anche perché si è sviluppato molto lontano da qui, a quasi tremila chilometri.

E per quanto riguarda l’episodio dei 33 minatori cileni, l’avete vissuto da connazionali?

In realtà non abbiamo seguito molto la vicenda, ma mi è capitato spesso di scendere a valle per i rifornimenti e di ascoltare la gente del luogo parlarne ed emozionarsi.

Come ti documenti sui posti in cui andate?

Tramite Internet faccio una vera e propria radiografia del paese: mi informo su quasi tutto, sul clima, sul tasso di criminalità, vedo se ci sono già strutture turistiche in zona e se ci sono possibilità di sviluppare progetti autonomi con l’aiuto del governo locale.

Vi capita di prendere contatti con le comunità italiane di residenti all’estero?

In realtà no, perché sarebbe come portarsi dietro la coperta di Linus. Per farsi accogliere da un paese d’adozione, per me è necessario non portarsi dietro la mentalità del paese di provenienza. Piuttosto è capitato di contattare singoli individui per scambiare qualche informazione in più sul posto.

Ma non ti manca proprio niente dell’Italia?

Non metterti a ridere….ma lo sai cosa mi manca? I pasticcini dopo pranzo, leggere il giornale in piazza, andare la domenica in giro per i vicoletti e altre piccole cose alle quali non penso quasi più. Ah! Mi mancano anche i pranzetti tra amici, che qui sono un ricordo, soprattutto perché in Cile si mangia male!

Hai mai pensato di raccogliere tutte queste tue esperienze e di farne qualcosa di utile anche per gli altri viaggiatori?

Certamente. Anche se il tempo scarseggia, perché a mandare avanti il Terrace Lodge siamo soltanto io e Patrizia. Sto raccogliendo tutte le informazioni e le esperienze acquisite in questi anni di trasferimenti per scrivere un manuale sulle migrazioni. Sarà anche un piccolo diario di ciò che ci è capitato in oltre venti anni da emigranti. Il lettore, potenziale emigrante, potrà evitare errori fatti da noi, che non avevamo il manuale sottomano…
E magari, perché no, una volta scritto, possiamo inserirlo anche su mollotutto.com

Perché no? Arrivederci Flavio e come si dice da queste parti “In bocca al lupo per tutto”.

www.terracelodge.com

Di Letizia Tiscione 21/10/2010

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