Luca, trasferirsi a vivere e lavorare come fotografo a Singapore. Quando si inizia a viaggiare sin dalla più giovane età, è difficile decidere di fermarsi e soprattutto decidere di fermarsi nella propria nazione originaria. Luca, oggi 33 anni, è un viaggiatore da quando ne aveva 21: da allora non si è mai fermato. Partito da Asolo, in provincia di Treviso, senza nessun’esperienza di lavoro all’estero, né tantomeno di lingua, ci racconta la passione che lo spinge a viaggiare da ormai 10 anni.
Trasferirsi a vivere e lavorare come fotografo a Singapore
Di cosa ti occupavi in Italia, prima di partire?
Ho fatto diversi lavori. Principalmente ero fotografo e macchinista per la produzione di documentari, nella ditta di un mio amico. Quando ero un po’ più libero dagli impegni lavorativi, aiutavo anche i miei nella loro azienda.
Eri mal pagato? Il tuo lavoro non ti piaceva? Insomma, perché hai scelto di mollare tutto e vivere viaggiando?
No, no, al contrario: quello che facevo mi piaceva e pure molto; ero anche pagato bene. La mia non è stata una scelta dettata da motivazioni lavorative: era solo voglia di esperienze ed aria nuova! A 21 anni, 3 anni prima di lasciare definitivamente l’Italia, avevo fatto il mio primo viaggio. Un mese, da solo, in Uruguay: ero rimasto affascinato. A 23 anni sono tornato per un altro mese in Uruguay. Diciamo che queste sono state delle vacanze, ma delle vacanze che hanno cambiato completamente la mia prospettiva di vita.
A 24, quindi, hai mollato tutto…
Precisamente! A 24 sono partito per lavorare come fotografo sulle navi da crociera. Mi sono lanciato così, ad occhi chiusi: un pazzo! Mai stato su una nave prima e non parlavo una parola di inglese. Ma la voglia di conoscere il mondo era più grande della paura di affrontare gli ostacoli della lingua e della paura di non potercela fare. Sono rimasto sulle navi fino a 28 anni.
Una volta tornato a terra, sei rimasto in Italia?
Macché. Una volta che ti sei affacciato al mondo esterno, è praticamente impossibile restarsene fermi e buoni in Italia. Sceso dalla nave, ho fatto esperienze stagionali in Spagna, sempre lavorando come fotografo; poi come multi-media assistant e fotografo a Vienna per l’allestimento di una mostra. Dopo questi lavori, sono dovuto tornare in Italia, ma non ho resistito a lungo: prima di nuovo in Spagna, a Mallorca, e poi ho deciso di andare dall’altra parte del mondo: due mesi a Phuket, in Thailandia. Ora mi sono trasferito da un po’ a vivere e lavorare come fotografo a Singapore.
In che modo interpretano questa irrefrenabile “voglia di mondo” i tuoi amici e parenti?
Insomma… Si sa che i genitori italiani tendono sempre un po’ a tenere i propri figli sotto l’ala protettrice della famiglia. Ti vorrebbero sempre a casa, lì con loro: così non ti succede nulla… Ma non vivi neppure però! Diversa la reazione degli amici: sono sempre molto felici per me. Anche perché, così, hanno la scusa di avere un amico da andare a trovare per farsi qualche bel viaggio all’estero.
Quello di cui ti occupi, anche qui, è sempre la fotografia?
Diciamo di sì, anche se nello specifico ricopro, di volta in volta, mansioni diverse. In Thailandia, mentre cercavo un’occupazione più o meno stabile, ho fatto un po’ di lavori free lance e servizi fotografici per gli hotel. Per diversi problemi però, primo fra tutti quello del visto, non sono riuscito a trovare nulla di “serio”.
L’idea di mettersi in proprio c’è e la voglia è grande, ma c’è bisogno di organizzarsi bene: non è così semplice come può sembrare. Per il momento, quindi ho scelto di cambiare di nuovo paese: adesso mi sono stabilito a vivere e lavorare come fotografo a Singapore, ho trovato un lavoro come photo manager. Somiglia a quello che facevo anni fa in nave: gestisco un gruppo di fotografi che fanno foto ai turisti in visita presso le attrazioni turistiche del luogo (zoo, bird park…).
Qui a Singapore i problemi di visto non sono a carico mio, poiché sono stato richiesto dalla compagnia ed è dunque essa che si occupa di tutto. Hanno provveduto a formalizzare la mia lettera d’assunzione, mettendo a posto tutti i documenti che il governo di Singapore richiede.
Quindi non hai nessuna preoccupazione burocratica a Singapore?
Non proprio: io mi preoccupo comunque di andare avanti e indietro per portare tutta la documentazione necessaria. Qui sono molto molto fiscali! Però ,a quanto vedo, questa fiscalità dà i suoi risultati: la città funziona alla grande!
Ma cosa ti ha spinto verso Singapore? Avresti potuto scegliere una qualunque altra meta, data la tua propensione a viaggiare sempre e ovunque.
Sì, ma infatti è stata una casualità, diciamo. Tramite contatti con colleghi e datori di lavori precedenti ho saputo di questo lavoroa Singapore. Ho fatto un po’ di interview via telefono con la società e… mi hanno assunto! Arrivato qui, l’inserimento è stato perfetto. La gente é così ospitale! A Singapore mi son sentito subito accettato e rispettato.
Pochi problemi di inserimento… Ma avevi già dei contatti a Singapore?
Avendo viaggiato così tanto, qualche amico o collega lo si ritrova sempre. La lingua potrebbe essere un ostacolo, ma non è una difficoltà insormontabile, perché quasi tutti parlano inglese. Mi sento a casa, come ho già detto.
A quanto sembra dalle tue parole, l’ambiente di Singapore è più che ospitale.
Sì, lo è. L’abisso tra la mentalità italiana e quella della gente del posto è immenso. Qui le parola d’ordine sono “positività”, “rispetto”, “sorriso”. Vedere la gente che cammina, in auto, in moto, a piedi, sempre con il sorriso è una cosa che in Italia non esiste.
Provate a rifletterci: osservate, quando andate in giro per strada, le altre persone alla guida, osservatene l’espressione del volto. Su 100 guidatori che incontrerete, forse appena 10 sorrideranno, e solo perché sono al telefono. E’ triste la mentalità italiana: io la tradurrei con poche, semplici parole: “Cerca il modo di fregare l’altro. Fai soldi, fai soldi, fai soldi. Stai attento a cosa pensa la gente di te.” Davvero: sono queste convinzioni che mi hanno fatto venir voglia di andare via, più di qualunque altra cosa.
Sei soddisfatto della tua vita a Singapore? C’è qualcosa che ti manca dell’Italia?
Sono più che soddisfatto: non mi manca nulla, se non gli affetti. Mi manca il poter vedere i miei nipoti. Porterei qui qualche amico, per condividere questa esperienza a Singapore. Mi piacerebbe anche poter andare a qualcuno dei concerti o festival estivi che ci sono in Italia.
In sintesi, quindi, l’Italia in sé e per sé non ti manca…
No, direi di no. Vedendola da qui, la nostra nazione, sembra un bel paese… da visitare! Non per viverci! L’abitudine a lamentarsi e basta di molti italiani, l’arrivismo, la non fiducia negli altri, annullano tutte le bellezze del paese. Non voglio essere drastico, non voglio generalizzare: non tutti sono così, ma la grande maggioranza sì.
Un rientro definito in Italia, come lo vedi?
Lontano, forse impossibile. Non penso mai a tornare in Italia. Ci sono paesi dove si può vivere decisamente meglio. Perché dovrei accontentarmi?
Cosa consiglieresti ad un ragazzo italiano che stesse pensando di mollare tutto e cambiare vita?
Gli direi: “Sei ancora lì?? Muoviti e metti il naso fuori dall’Italia. Osserva il mondo intorno a te e scoprirai che si può vivere molto meglio di come vivi ora!”
Di Maura De Gaetano 20/01/2011