Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a Miami

Maila, ex assistente di volo, ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti a Miami con la famiglia, ora sono in una fase di transizione ma la condizione economica e sociale dell’Italia dell’ultimo quinquennio la hanno spinta a provarci.

“…Attualmente io e mio marito stiamo cercando lavoro. Nelle compagnie aeree prima di tutto, ma più in generale nel campo dell’ospitality  management che poi e’ il nostro campo  da circa un ventennio. Cercare un lavoro, e’ un lavoro gravoso soprattutto quando hai risorse limitate.

Non pensavamo di ritrovarci a 40 e 47 anni a rimetterci in gioco, ma la vita non e’ una strada dritta ed in discesa. Non e’ stato facile chiudere tutto, fare le valigie ed andare, ma in Italia il lavoro non c’è e noi siamo anche genitori…”

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a MiamiCiao, raccontaci un po’ di te. Come ti chiami, di dove sei e cosa facevi quando eri in Italia?

Ciao mi chiamo Maila. Sono romana ma ho vissuto al nord per lavoro dai 23 anni. Faccio l’assistente di volo dal 1998. Facevo anzi…

Quando e perche’ e’ arrivata la voglia o la necessita’ di lasciare l’Italia?

Diciamo che viaggiare da tutta una vita, aiuta parecchio ad allargare i propri orizzonti. Io non ho iniziato a fare l’assistente di volo per viaggiare, io viaggiavo già ed e’ per questo che lo ritenevo un lavoro compatibile con le mie abitudini e le mie inclinazioni.

Posso dire che avevo 14 anni la prima volta che ho messo piede negli Stati Uniti e mentre giravo per New York con un misto di stupore ed incredulità mi sono detta che un giorno io in America c’avrei vissuto. La condizione economica e sociale dell’Italia dell’ultimo quinquennio mi hanno dato la spinta per provarci.

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a Miami Perche’ hai scelto gli Stati Uniti ed in quale citta’ vivi?

Io e mio marito abbiamo il permesso di soggiorno e lavoro per gli USA. Bisogna sempre ricordarsi che emigrare non solo non e’  facile di per se’, ma soprattutto non lo e’ se non si posseggono i documenti che consentono di essere legittimati a vivere e lavorare nel posto che si sceglie.

Per ora abbiamo scelto Miami, ma solo perché un punto di approdo serviva e a seguito di una serie di valutazioni abbiamo ritenuto di poter cominciare da qui. Ma come si dice in gergo “we are available to relocate“.

Non abbiamo parenti in USA quindi, anche se abbiamo le nostre preferenze su clima e ci piace moltissimo l’idea della cittadina di mare, se il lavoro giusto  lo troviamo nel Nebraska  andiamo anche la’.  Senza problemi di sorta.

Avevi gia’ vissuto all’estero per lunghi periodi?

Certo, a Los Angeles quando avevo 20 anni. Ho tentato l’ingresso all’ISEF di Roma appena finito il Liceo e non ce l’ho fatta, non ho passato le selezioni.

Non ero sicura di voler frequentare un’altra facoltà, quindi invece di spendere soldi inutili per iscrizione e libri altrove, ho fatto la valigia e sono partita da sola. One way ticket.

Ho passato i 9 mesi più formativi della mia vita, mi sono mantenuta con dei lavoretti in modo da non gravare sui miei genitori in Italia, ho frequentato dei corsi di specializzazione in fitness, pronto soccorso, rianimazione cardio polmonare, aerobica , corsi che avrei comunque dovuto frequentare a corollario della formazione ISEF .

Quando  sono rientrata in Italia, ho passato le selezioni all’Isef ed ho iniziato la mia avventura universitaria a Roma con un bagaglio di esperienze enorme.
L’America era sempre nel cuore e nella testa però.

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a MiamiIn cosa consiste la tua attività ?

Attualmente io e mio marito stiamo cercando lavoro. Nelle compagnie aeree prima di tutto, ma più in generale nel campo dell’ospitality  management che poi e’ il nostro campo  da circa un ventennio. Cercare un lavoro, e’ un lavoro gravoso soprattutto quando hai risorse limitate.

Non pensavamo di ritrovarci a 40 e 47 anni a rimetterci in gioco, ma la vita non e’ una strada dritta ed in discesa. Non e’ stato facile chiudere tutto, fare le valigie ed andare, ma in Italia il lavoro non c’è e noi siamo anche genitori.

Dobbiamo pensare per una intera famiglia ed a lunga scadenza oltretutto, visto che i nostri figli non sono neanche prossimi ad una indipendenza personale ed economica.

Quali differenze sostanziali hai avuto modo di riscontrare a livello lavorativo rispetto all’Italia?

Le differenze sono enormi. Qui vieni giudicato per quello che sai fare, punto. L’American resume (il CV) non contiene informazione di genere : non si scrive il sesso, l’eta’, l’altezza’ il peso.

Chi lo riceve  esprimerà un giudizio sulle informazioni di carattere professionale che darai di te e se verrai convocato per una interview il tuo selezionatore non sapra’ se hai 65 anni o 30, la taglia 40 o la 56, se sei bello o no.

Questo e’ un approccio che considero molto serio. La raccomandazione qui esiste e si chiama referral, ma lo spirito con cui e’ intesa è completamente diverso. Io ti segnalo per la mia Azienda se tu vali e sei capace. Se   ti segnalo io che li’ ci lavoro,  ci metto la faccia.

Il referral e’ alla luce del sole, e’ una pratica quasi caldeggiata, perché così  una azienda che di default ha stima di chi lavora per lei, sa che una persona raccomandata ha sicuramente delle ottime qualità che recheranno un vantaggio all’unita’ produttiva. Non so se e’ chiaro il concetto e la percezione diametralmente opposta rispetto alla raccomandazione italian style…

Cosa altro hai notato della società americana?

Il discorso e’ complesso. L’economia non e’ quella degli anni 90, direi che l’american dream ha fatto il suo tempo. Chi ha avuto la fortuna di realizzarlo, bene, buon per lui, ma oggi e’ molto più’ difficile. Sicuramente per professioni di un certo calibro, qui il lavoro c’è.

Ho un amico che ha fatto il ricercatore alla Sapienza per 3 anni a 650 euro. Poi s’è preso la sua bella laurea in Neuroscienze, ha rispolverato la Green card che teneva chiusa in un cassetto, e’ arrivato in Florida ed in tre mesi e’ diventato Professore universitario.

Ha 40 anni, gira in ciabatte per le aule, guadagna bene, lavora il giusto ed ha trovato gratificazione ai suoi studi. Per chi non ha skill di questo genere, non e’ così facile , pero’ sicuramente il mercato del lavoro resta più dinamico. Io in Italia ho inviato circa 400 CV dal 2010 e non ho fatto un solo colloquio.

Qui almeno i colloqui li faccio, poi ovviamente non essendo Rita Levi Montalcini un po’ di tempo ci vorrà perché possa trovare la giusta collocazione. Gli USA restano terra di immigrazione, hanno avuto la loro ondata violenta di crisi, ma ne sono usciti.

Anzi forse ne stanno ancora uscendo, ma certamente senza i tempi biblici a cui siamo abituati noi in Italia. La sicurezza e’ un tema. Le aule delle scuole hanno porte blindate che gli insegnanti aprono da dentro e ad ogni ingresso /uscita degli alunni c’e’ un dispiegamento di polizia che fa rabbrividire.

Cio’ premesso dove viviamo noi e’ molto tranquillo. Spesso le cittadine di mare lo sono. Non si può dire lo stesso dei grossi centri urbani e dei suburb soprattutto quelli degradati (le periferie).

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a MiamiCome e’ avvenuta la tua integrazione di una realtà locale sostanzialmente differente da quella italiana?

Gli americani sono abituati all’immigrazione. Io ogni tanto cammino per strada e finisco per domandarmi quanti americani puri ci siano visto che vedi gente di ogni tipo e che parla qualsiasi lingua.

Per nessuno questo rappresenta una stranezza. Per un italiano e’ ancora più facile perché siamo ovunque e, per banalizzare, anche reperire il cibo a cui siamo abituati noi, e’ semplicissimo perché i supermercati vendono pasta, parmigiano ed olio di oliva con la stessa naturalezza con cui vendono fagioli messicani, baguettes francesi, sushi giapponese o dulche de leche argentino.

Io poi sono abituata agli USA, credo di esserci stata più di 50 volte in vita mia.
Sono mentalmente integrata nel loro tessuto da sempre  perfettamente consapevole dei pregi e dei difetti di questo Paese.

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a MiamiVivere negli USA sotto quali aspetti e’ meglio l’Italia e sotto quali aspetti e’ peggio?

Bella domanda.
La prima risposta che di getto mi viene riguarda la Sanità.
Sfatiamo il mito che se non hai una assicurazione muori per strada perché l’ospedale non ti cura. Non è così.

L’ospedale ti cura ma poi arriva la fattura . Salata.
Il problema della sanità c’è ed esiste ed è una di quelle cose che probabilmente non manderò mai giù.

Credo fortemente che la salute non possa diventare un business e qua purtroppo lo è.

La cosa che reputo più grave è che anche con una polizza assicurativa valida, restano comunque fuori tantissime spese e, su tutte, quella del pronto soccorso. Qui c’è gente che si è rovinata per pagare le “Bills” dell’ospedale.

Obama con la sua ObamaCare ha in parte mitigato gli effetti disastrosi dell’avere milioni di americani senza coperture ma come tutte le polizze di stampo ” governativo ” (poi c’è l’universo delle private che è un vero ginepraio) non è facile accedervi.

Il sistema sanitario italiano resta nonostante tutto imbattibile.
Di contro qui carburanti e bollette costano l’esatta metá che da noi.

Gli  affitti sono cari, seppur molto più commisurati ai redditi di quanto non avvenga da noi.
Il  precario a 800$ al mese non esiste negli Stati Uniti. Neanche il signore che frigge le patatine al Mc Donald’s guadagna così poco.
Quindi direi che tolto il tema sanità non trovo altri grossi motivi per preferire l’Italia.

Cosa consiglieresti ad altri italiani che volessero seguire le tue orme?

In generale agli italiani consiglio cio’ che ho sempre consigliato: smettere di lamentarsi  facendo la buca sul divano di casa tenendo saldamente il telecomando in mano. Io ho un fratello giornalista che per fare il suo mestiere come voleva farlo, in maniera etica ed indipendente, dopo laurea, master e 12 anni di gavetta a partita iva, e’ andato in Australia. Ora ha un suo programma radiofonico, è sposato e vive stabilmente a Melbourne.
Siamo contenti di essere degli emigranti ? Non lo so, devo ancora capirlo.

Ma se non hai più niente, se rischi di non poter dare un presente a te e un futuro ai figli, forse vale la pena provarci . Io e mio marito con i bambini siamo ancora in piena start up, come si suol dire ” ci siamo provando ” .
Spesso passiamo le notti a fissare il soffitto a domandarci se abbiamo fatto bene.

Ma non avevamo scelta che provarci . Era un tentativo che ci dovevamo.
Tutti dicono “me ne voglio andare” poi nessuno lo fa. Noi l’abbiamo fatto e speriamo di trarne un bilancio positivo tra qualche mese. Ora il trasferimento e’ troppo recente e sei in quella fase convulsa in cui dietro hai lasciato il baratro e davanti hai l’ignoto.

Ci tengo a puntualizzarlo perché troppo spesso si pensa con leggerezza a chi fa una valigia e se ne va ed invece è una scelta sofferta e difficile. Solo facendolo capisci esattamente cosa significa.

Noi siamo dimagriti più di 5 kg dallo stress degli ultimi mesi.
A me non serviva ma a mio marito si!
Quindi agli italiani direi: motivazione, buona volontà e pervicacia.

Non bisogna mollare perché soprattutto all’inizio l’idea di rifare le valigie e tornare indietro e’ fissa.
Noi stringiamo i denti tutti i giorni.
Per una famiglia normale, senza beni al sole senza capitali e senza aiuti in loco e’ un One Shot: o la va o la spacca.

Consideri l’Italia un ricordo, hai nostalgia, cosa ti manca quando sei via?

Mi mancano i miei genitori che comunque ero abituata a non vedere per mesi visto che stanno a ROMA ed io a 600 km.
Mi manca da morire la mia cagnetta EMI che intanto e’ da loro, finché la nostra vita non avrà preso un indirizzo più ordinato.

Mancano alcuni amici, anche se essendo molti di loro nel trasporto aereo hanno la possibilità di montare su un volo e venire a trovarmi.

Mi manca la mia tranquillità e la mia certezza. Qua ogni giorno e’ una ricerca ed una scoperta, devi entrare in un sistema che non è il tuo e capirne i meccanismi.
A parte questo non mi manca nulla.
Internet, Skype e i social colmano molte distanze.
Quando a 20 anni ero a Los Angeles da sola, manco i cellulari c’erano. Lì si che era dura davvero. Era atroce delle volte, altroché.

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a MiamiChe tipo di lavoro pensi sia conveniente praticare per un italiano o una famiglia a Miami?

L’ideale sarebbe portarsi il Know how da casa. Facevi il medico ?
Prova a fare quello.
Eri un fotografo ? Prova quella strada.

Come hai affrontato e risolto il problema del visto per gli USA?

I visti di lavoro vengono concessi anche in base alla propria attività, alla professione. O in alternativa alla capacità di investire ingenti somme di denaro negli Stati Uniti.

Ovviamente io sono una assistente di volo, non sono un soprano, un ingegnere nucleare o un biologo molecolare e non ho soldi da portare qua, quindi un visto di lavoro difficilmente lo avrei ottenuto.
Ho la fortuna di avere la Green Card, tutta la famiglia ce l’ha  e quindi posso vivere e lavorare qua.

Che tipo di attività, lavoro o investimento pensi sia interessante per un italiano a Miami?

Se si intende lasciare l’Italia un po’ alla ventura si può iniziare a lavorare nel classico ristorante.

Lo abbiamo fatto tutti credo. Io stessa a Los Angeles a 20 anni senza arte ne’ parte, quello facevo.
Anche i ristoranti ovviamente chiedono persone “legali ” ma qualcuno più sportivo si trova sempre.
Siamo sempre li’: dipende da cosa si ha a casa, dipende da cosa non si ha e da cosa si è disposti a rischiare pur di provare a cambiare vita.

Prima di tutto ci vuole una motivazione forte per stravolgere le proprie abitudini. Non tutti, ce l’hanno. Ad alcuni non serve averla perché hanno situazioni di lavoro più stabili e salvaguardate. Poi ci sono quelli che vogliono cambiare ma  spesso, sono inchiodati da pigrizia e paura.

Maila ex assistente di volo si è trasferita con la famiglia a MiamiConosci molti italiani che vivono a Miami?

Molti italiani dici?
Se ti dico che la chiamo Fregene  ti basta?

Consideri la meta che hai scelto il luogo giusto per espatriare o può andar bene per poco più che una vacanza?

Io non credo esista il luogo giusto dove espatriare. Credo piuttosto che ognuno di noi conosca il proprio grado di saturazione rispetto a ciò che fa, a dove vive, a come vive.

Io se avessi avuto una zia con una panetteria ad Auckland, disposta ad insegnarmi il mestiere, sarei andata la’ .

Vorrei che fosse chiaro che se non sei un imprenditore o uno che dispone di capitali, ovunque tu vada e’ una sfida, e’ spesso una ultima chance, un tentativo disperato.

Io credo in tutta onestà che Miami beach sia un posto per persone benestanti. Il regime fiscale e’ molto vantaggioso per chi ha soldi da investire ed il mattone tira di brutto.

Molti italiani che conosco qua fanno gli immobiliaristi, i palazzinari in gergo o se preferisci, gli affittacamere.
Magari era la stessa cosa che facevano in Italia ma dovendo subire una pressione fiscale quadrupla e senza grossi riscontri sui propri investimenti. Qui per loro e’ l’eldorado.

Per me e per la mia famiglia l’eldorado non c’è.
Siamo soli, senza capitali, con la sola voglia di provare a regalare a noi e ai figli un altro futuro, lontano da quella palude melmosa che è diventata l’Italia.

Se ci riusciremo non lo so, so che più di questo, umanamente, non possiamo fare. Male che va potremo dire di averci provato.

Email: maila.castaldo@gmail.com

Se qualcuno all’ascolto fosse interessato a darmi (darci) una chance io sono qua.

Di Massimo Dallaglio

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