Massimo e Giulia sono partiti con il Working Holiday Visa per lavorare in una fattoria australiana

Una coppia italiana di 29 e 27 anni, partita ad aprile 2011 per l’Australia con lo zaino in spalla dopo avere chiuso l’impresa in Italia.
Massimo e Giulia (Massimo ingegnere gestionale del Politecnico di Milano e Giulia laurea in Economia e Marketing all’Università degli Studi di Milano Bicocca) vivevano in Calabria quando nel marzo del 2011 buttando giù un idea scherzosa hanno deciso di richiedere il visto Working Holiday partendo per Victoria già i primi di Aprile e andando così a lavorare in una fattoria, per poi dirigersi a Gold Coast, ed ottenere il visto permanente a Perth. “Era un po’ di tempo che non eravamo soddisfatti del lavoro in Italia, pochi stimoli e soddisfazioni, lavoravi tanto per ottenere poco.”

Ciao ragazzi, da quanto tempo vi siete trasferiti?

Dopo la prima idea buttata lì quasi per scherzo, abbiamo passato una settimana a cercare informazioni, poi abbiamo preso la decisione e richiesto immediatamente il visto Working Holiday, che ci dava la possibilità di lavorare per un anno e cercare uno sponsor per un visto permanente.
A Marzo 2011 ci è venuta l’idea e i primi di Aprile eravamo già al di sotto dell’equatore.
Abbiamo puntato inizialmente sul Victoria, con l’idea di stabilirci poi a Melbourne che ci sembrava più vicina al clima italiano e aveva buone opportunità.
Il nostro visto inoltre aveva una durata di 12 mesi ed era rinnovabile di altri 12 mesi a condizione di lavorare per 88 giorni in una fattoria. Per cui abbiamo deciso di atterrare il primo giorno direttamente in una cittadina di campagna, in modo da toglierci subito questo ‘peso’. Siamo quindi andati a Mildura (nel Victoria appunto).

In quale città vivete attualmente?

Dopo il lavoro in farm a raccogliere zucchine e arance, Melbourne non ci attirava più e ci siamo diretti a Gold Coast. Poi per ottenere il visto permanente abbiamo cambiato di nuovo città e ci siamo stabiliti a Perth.

Eravate già stati in Australia?

Non eravamo mai stati in Australia, né mai avevamo preso informazioni. A differenza di paesi come gli USA, l’Australia non la vedi nei film e quindi non hai una chiara idea di come possa essere.

Come è stato il primo impatto con l’Australia?

All’inizio siamo arrivati in una cittadina di campagna e abbiamo dovuto lavorare come braccianti per cui il taglio con l’Italia è stato netto e radicale. Inoltre i primi periodi dormivamo in un motel, per cui per cucinare dovevamo andare al parco ed usare i barbecue pubblici. Tuttavia l’abbiamo affrontata con spirito e abbiamo iniziato a goderci le albe e i tramonti, a ridere e scherzare mentre la schiena faceva male e a mangiare tonnellate di Nutella. Abbiamo trovato lavoro tramite un’agenzia statale chiamata Madec che si occupa di indirizzare le persone verso le fattorie che hanno bisogno. I nostri farmers erano persone molto per bene e disponibili, quindi l’esperienza è stata positiva.
Quando siamo arrivati in città ambientarsi alla vita non è stato un grosso problema, l’importante è stato capire che gli australiani sono persone molto discrete e decisamente educate. Ad esempio noi siamo abituati a interromperci e a parlare sopra l’uno sull’altro, mentre gli australiani ti ascoltano in religioso silenzio e anche se ti devono contraddire lo fanno con molto rispetto e “fair play”. Una volta capito il loro modo di comunicare, ambientarsi tra loro è gradevole.
Inoltre sono molto schematici ma sinceramente penso che sia un pregio, che li aiuta a mantenere l’ordine della società.

Come mai avete deciso di andare via dall’Italia?

Era un po’ di tempo che non eravamo soddisfatti del lavoro in Italia, pochi stimoli e soddisfazioni. Lavoravi tanto per ottenere poco. Il sistema ci stava opprimendo e le prospettive ci sembravano decisamente scarse, sopratutto sul lungo periodo.

Cosa ne pensate del lavoro in Italia?

In Italia il lavoro c’era ma le prospettive di un futuro migliore si riducevano sempre più e si trattava di accontentarsi sempre di qualcosa di meno. Non è così che sognavamo di passare la nostra vita lavorativa: non potevamo accettare l’idea che per i prossimi 10-15 anni sarebbe stato sempre uguale, nella migliore delle ipotesi.

Come hanno preso la vostra partenza i vostri parenti e amici?

La maggioranza ci diceva di non partire, perché comunque lasciavamo un lavoro affidabile in Italia. Sopratutto alcuni parenti hanno cercato di convincerci in tutti i modi che stavamo facendo un errore. Altri, invece, ci hanno dato forte carica e supporto che sono stati di grande aiuto!
Quando poi eravamo nella fattoria abbiamo dovuto semplicemente spegnere il telefono visto che il messaggio principale era ‘ma come pensate di farvi una vita se raccogliete zucchine? Tornate prima che sia troppo tardi’. Alcuni invece ci dicevano di tenere duro che ne sarebbe valsa la pena, ci chiedevano sempre aggiornamenti e ci tiravano su il morale, anche solo con un semplice commento a una foto.

Com’era la vostra giornata “tipica” in Italia e com’è adesso?

In Italia uscivamo di casa più o meno alle 7.30 – 8.00 e lavoravamo fino alle 7-8 di sera con in mezzo la pausa pranzo. Lavorando per un’impresa di costruzioni gli orari erano molto flessibili.
Ora invece Massimo esce di casa verso le 6-6.30 e finisce verso le 4 di sera.
Giulia invece sta contemporaneamente studiando e lavorando.
Questi orari ti permettono di vivere appieno la seconda parte della giornata, con una corsetta sulla spiaggia o un barbecue mentre il sole tramonta sull’oceano indiano.

Di cosa vi occupate ora esattamente?

In questo momento Massimo fa il supervisor in un’azienda di costruzioni, con l’obiettivo di diventare project manager. Giulia invece studia per diventare progettista di case ed edifici commerciali, nel frattempo fa un po’ di dopo scuola ai bambini. Il nostro obiettivo è quello un giorno di tornare a lavorare insieme.

Siete soddisfatti del vostro lavoro?

Il lavoro è decisamente gratificante, il salario è buono e ti da un buon potere di acquisto. Le persone sebbene lavorino a ritmi serrati sono decisamente accomodanti e rilassate. Come dicevamo prima c’è molto rispetto per le persone e nessuno viene sfruttato più del necessario, la frase che si sente in giro è “people are people”!
Inoltre una volta che sei riuscito a fare il primo difficilissimo passo nel mondo del lavoro, entri in un meccanismo per cui a momenti non sei più tu a cercare lavoro ma il lavoro a cercare te, con proposte monetarie impensabili in Italia.

Quali sono vostri hobby?

I nostri hobby sono trekking, mountain bike, surf, wakeboard. Ma per il momento siamo molto focalizzati sullo sport nazionale australiano: il barbecue!

Come vi trovate in Australia, lo consigliereste ad altri Italiani per una vacanza o per viverci?

L’Australia è un paese meraviglioso, dove le persone hanno ancora un valore in quanto tali e dove chi lavora trova tutte le soddisfazioni che cerca. Chi è disposto a darsi da fare troverà un terreno fertile e una società in cui vivere felice; chi viene per fare il furbo è meglio che risparmi i soldi del biglietto.

Avete avuto difficoltà nel trasferimento?

Non abbiamo effettuato un vero trasferimento radicale da una casa italiana a una casa australiana. Diciamo che a Southport (Gold Coast) abbiamo cercato di stabilirci con buoni risultati nella ricerca della casa, che è stata veloce e soddisfacente, ma con scarsi risultati nella ricerca del lavoro a causa della mancanza del visto permanent e presumibilmente della zona a carattere strettamente turistico.
A Perth, invece, abbiamo iniziato un vero ‘settlement’ grazie alle politiche di immigrazione del WA che ci hanno spinti fin qui promettendo lavoro e visto permanente. Queste condizioni infatti si sono verificate velocemente: il visto è arrivato in pochi giorni e Massimo ha trovato in breve un lavoro adatto alle sue competenze e ai suoi studi. L’unica difficoltà che abbiamo incontrato è stata la ricerca di una casa in affitto, che qui a Perth è davvero difficile a causa della scarsità di offerta e dell’alta domanda. Giulia si è dedicata a tempo pieno a questa ricerca e abbiamo trovato una sistemazione.
Il trasferimento, logistica a parte, è stato dolce finchè la sensazione era di incertezza riguardo al visto. In fondo ti senti un po’ in vacanza.. Quando poi è arrivato il visto permanente abbiamo avuto la consapevolezza di fare sul serio e qualche sentimento di distacco è arrivato, soprattutto a Giulia. Ma è tutto gestibile e superabile con l’atteggiamento positivo.

Come vi immaginate tra 20 anni?

A parlare quasi esclusivamente in inglese anche con i nostri figli e con un passaporto con il simbolo di un canguro sulla prima pagina. E magari a fare qualche vacanza nella nostra terra d’origine godendoci solo gli aspetti positivi!

Che ne pensate di Facebook, Skype, ecc.. li utilizzate per comunicare?

In effetti facebook, skype & co. rendono la comunicazione facile, frequente ed economica. Sono un valido aiuto per non sentirsi troppo isolati e soprattutto sono utili per chi abbiamo lasciato in Italia per non immaginarci con uno sfondo monocolore bensì nel contesto reale in cui ci troviamo.

Cosa vi manca della vostra città, ne avete nostalgia?

Diciamo che mancano gli incontri serali con gli amici con le gambe sotto il tavolo e le nostre abitudini sportive che qui ancora non abbiamo potuto portare avanti per svariate ragioni. E poi, ovviamente, bello o brutto che sia il posto in cui nasci è sempre rassicurante e ti resta nel cuore…

Cosa ti piace di più’ dell’Australia?

I cieli di questa terra sono favolosi e i panorami stupendi non sono visivamente inquinati da cartelloni pubblicitari che martellerebbero la mente.
3 abitudini che ci piacciono dell’Australia sono il BBQ, il fatto di vivere appieno gli spazi all’aperto e la sportività generale della popolazione.

Ci vivono molti Italiani in Australia?

La comunità italiana è molto forte in Australia e si trovano italiani di tutte le generazioni. E’ strano trovare persone che si dicono italiani ma hanno riferimenti culturali completamente diversi dai tuoi, tuttavia ti accorgi che l’Italia di 50 o di 30 anni fa era molto simile a quella attuale e non siamo cambiati poi cosi tanto.

Immaginate il vostro futuro, dove sarà?

In Australia!

Tornereste mai a vivere in Italia?

Certo, l’Italia è un paese meraviglioso, probabilmente il più bello al mondo. Il problema sono gli italiani, dai politici all’uomo comune. Tutti interessati al proprio magna magna, poco rispettosi del lavoro degli altri e sopratutto tutti interessati a campare di rendita. Tutti vogliono meritocrazia ma nessuno vuole rinunciare ai propri privilegi.
Questi comportamenti, se un tempo erano sostenibili perchè tanto l’economia andava avanti lo stesso, ci stanno guidando verso una profonda povertà e involuzione. Non si può mai dire cosa ci riserva il futuro, magari tra qualche anno le cose cambieranno e potremo farci un pensierino, ma dubito che sarà così.

Di Maria Valentina Patanè 04/04/2013

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