Matteo ha mollato tutto e deciso di vivere in Spagna a Barcellona nel Raval
La prima volta che io e Barcellona ci conoscemmo fu a fine maggio dell’anno scorso. La solita vacanza tutto – risparmio con l’amico di sempre. Le offerte di volo per questa cittá si possono trovare per esempio su volo24.it a prezzi ridicoli e se ci si accontenta di una mezza pensione non nel centro, ci si può fare un fine settimana anche con meno di 300 euro.

Appena atterrati, usciti dall’aereo, un sole entusiasta ci baciò il viso con forza.
Un buon inizio, pensai, dopo undici mesi trascorsi in un dannato ufficio, una settimana di sole è il minimo sindacale che pretendo dalla vita. E così, sistematici nella nostra stanzetta senza troppe pretese (né, d’altro canto, noi ne avevamo), ed essendo già quasi sera, ci preparammo per il nostro primo incontro con la movida spagnola. Senza piani precisi, girammo un po’ senza né capo né coda, un po’ allo sbaraglio, dalle parti delle Ramblas. Forse è il modo migliore per divertirsi: girare per pub, locali, discoteche e bar senza una meta precisa.
La vita notturna spagnola è all’altezza della sua fama: pazza. Anzi, “loca”, indefessa fino all’alba e decisamente “spiritosa”. Io e Carlo andammo a dormire, complice anche la stanchezza del viaggio, ben stanchi.
Poco male, si era in vacanza e la sveglia era un crimine.
Il giorno dopo, pantaloncini, costume e via, in spiaggia: direzione Barcelloneta.
Fortunatamente la lingua non rappresentò un problema. Praticamente parlare italiano lentamente è più o meno comprensibile a chiunque, venditori, tassisti o chiunque abbia a che fare col pubblico. La mattina generalmente la trascorrevamo così, al mare. Dove ci si rilassava e si faceva amicizia davvero facilmente. Italiani ce ne sono tantissimi e gli spagnoli sono aperti e socievolissimi.
Nei giorni seguenti, per le nostre serate, ci aggregammo ad un gruppo di amici romani, molto simpatici.
Il pomeriggio, invece, lo dedicavamo alla scoperta delle bellezze della città.
Barcellona, poi, sa offrire un ventaglio di attrazioni veramente ad ampio raggio, dai più classicamente storico-artistici ai più contemporanei.
Al di là della vita notturna, decisamente vivace e oltre le righe, il Barrio gotico è sicuramente una perla da visitare anche di giorno, con tanto di macchina fotografica pronta all’occorrenza. Curioso leggere insulti in catalano su lenzuola stese dai balconi. Sono per gli schiamazzi notturni, mi spiega Andrea, romano de Roma residente a Barcellona ormai da anni. Il quartiere è, a onor del nome, tutto in stile e muratura gotico, pieno di caffé, locali, libreria e persino un museo su Picasso.

Altro spettacolo che mi ha profondamente colpito a Barcellona e la Sagrada Familia.
Un delirio di horror vacui, un miscuglio – e spesso guazzabuglio – di arti e stili diversi che talvolta s’accostano ridicolmente. Talvolta son colpi di genio. La faccia, rientra fra quest’ultima: meravigliosa, nella sua narrazione della vita di Gesù, dalla nascita alla morte. Ma è tutta la chiesa un intero racconto della Cristianità secondo questo stile artistico certo discutibile, ma che non lascia indifferenti. La fila di turisti e i costi d’entrata, 9 euro, non scoraggino: val la pena entrare, secondo me.
La vita notturna e non si svolge sulla Rambla, la lunghissima e larga via che collega il porto a Plaza de Catalunya. Ai lati, bar e locali, artisti di strada e gente che si incontra, beve, ride. Solo un consiglio: avere sempre un occhio di riguardo al portafogli, questa è storicamente anche zona di borsaioli. Molti i mimi, tutti bravissimi.
All’altezza del numero 91, non mancare di fare una visita al Mercato della Boqueria.
Si vendono tutti i beni alimentari che si desiderano, in uno spazio organizzato e pulito. Eppure travolto dal clima e dal vociare divertente dei venditori catalani, che nel vendere, urlano, parlano fra di loro e offrono uno spettacolo quasi teatrale, come in un bazar arabo.
Se invece si desiderano seratine più tranquille, fra locali un po’ più selettivi e di tendenza, il Quartiere Raval, talvolta noto anche col suo vecchio nome di Barrio Chino, è il luogo ideale. Nonostante il suo lontano passato di quartiere turbolento (storicamente quartiere operaio, di prostituzione e malaffare) è con gli anni diventato, al contrario, un locale “in”. Dove trovare le discoteche o i locali più chic.
Se a questo aggiungiamo che a Barcellona si mangia decisamente bene (la base della cucina appartiene comunque alla sfera mediterranea e dunque, nella sostanza, non si discosta di tanto dai nostri gusti) capirete com’è che una settimana, per diamine!, c’è sfuggita come sette ore!
Tornato a casa, Barcellona m’era ormai entrata nelle vene.
Nei giorni seguenti mi capitò di piombare in una sorta di apatica nostalgia. Come se Barcellona fosse stata sempre la mia città ed io catalano di nascita. «Sei stato in vacanza – mi dicevano tutti – è normale che quando si è in vacanza il divertimento e la spensieratezza alterano la percezione di una città. Viverci è un altro conto». Quando sentivo questo discorso, mi montava un fastidio da dentro perché sapevo che non era così. Sapevo dentro di me che era la “mia” città.
Così cominciai a studiar spagnolo e a leggere un po’ di annunci di lavoro.
Fortunatamente la lingua si apprende abbastanza rapidamente e i rudimenti si maneggiano già dopo un mesetto. Proprio vero che italiano e spagnoli son cugini.
Ad ogni modo, ripartii a giugno: le offerte di lavoro per la stagione estive c’erano e pensai di prendere una stanzetta e mandar curriculum a destra e a manca. E dopo due settimana, primo impiego: cameriere. Per cominciare, non mi lamentai, era pur sempre un inizio. Per raggranellare i soldi necessario per pagarmi una stanza, vivere e in seguito avrei fatto valere il mio diploma di perito elettronico.
Sono passati nove mesi da quella scelta.
Oggi ho dismesso il papillon di cameriere e faccio il consulente informatico. Vivo nel Raval e da qualche tempo vivo una bellissima storia con Marisol. A Barcellona trovo tutto quello che il mio paese in Abruzzo e le città più grandi nei dintorni non sapevano offrirmi: uno scenario vario, multiculturale, vivo. La sera si ha sempre il pretesto per un’uscita e frequentare i mille posti sempre affollati. Anche se ovviamente non si fa mai tardi più di tanto, giacché il giorno dopo bisogna andare in ufficio. Altro discorso il fine settimana, dove con Marisol e alcuni amici, anche italiani, un gruppetto fisso, folleggiamo nei locali fino all’alba.
L’Italia mi manca poco o nulla
Vivaddio, il clima a Barcellona è mediterraneo, possibilità di mangiar bene ce ne sono a palate e i collegamenti con Roma sono praticamente quotidiani. Forse l’unico affetto che mi farebbe desiderare tornare più spesso è mia madre, ma come detto, ci si vede una volta al mese, non è questa gran tragedia. Certo, oggi la crisi si sente anche qui, anche se non forte come in Castiglia, ma la sensazione di aver fatto la scelta giusta per una mia serenità interiore sovrasta qualunque conto sulla calcolatrice di qualunque contabile.
Matteo D. 05/04/2013