Claudio Brufola: La passione per la fotografia lo ha accompagnato fin da ragazzo e si è tramutata in professione.
Claudio Brufola: romano, classe ‘54, professione reporter. Una passione, quella per la fotografia, che lo ha accompagnato fin da ragazzo e che si è tramutata in professione. Un lavoro che richiede passione, capacità, sacrificio e tanta curiosità intellettuale, in grado di regalare “grande soddisfazione personale e la possibilità di vivere pienamente i propri sogni e le proprie aspettative”.
Claudio sei riuscito a fare della tua passione un lavoro, cosa difficile al giorno d’oggi. Qual è stato il tuo percorso professionale? Cosa ti ha spinto a diventare un reporter?
Il caso e la mia innata curiosità, ritengo. Ho iniziato durante i corsi universitari a fotografare microbi e virus attraverso il microscopio. Ovviamente il “campo” era troppo stretto e ho voluto aprire la mia finestra sul mondo. Negli anni settanta, fortunatamente, ancora non esisteva il digitale e per realizzare un servizio fotografico, non era semplice trovare molti bravi fotografi corrispondenti in ogni angolo del mondo, per cui ho iniziato a viaggiare per diversi committenti, fotografando ciò che mi veniva richiesto di volta in volta. Essenzialmente mi definirei un fotografo corporate, ovvero colui che si occupa di raccontare storie di aziende che, nel mondo, hanno lasciato la loro impronta di progresso e di sviluppo, creando anche benessere sociale. Ho avuto anche esperienze di “fotografia stanziale”, ma il banco ottico e le ristrette pareti di uno studio, non si confacevano alla mia voglia di conoscere e condividere, per cui intrapresi la strada del fotogiornalismo o reporter che dir si voglia.
La tua è una professione che unisce il lavoro al piacere. Al piacere di viaggiare, di stare a contatto con tante culture e tanti mondi. A quando risale il tuo primo viaggio “significativo”?
Hai perfettamente ragione, la professione del fotogiornalista è un mix di lavoro e piacere, ma ritengo che moltissimi tipi di lavoro abbiano questa caratteristica. Non sempre però il viaggio è sinonimo di “avventura” con la prerogativa di piacere, molto spesso è sacrificio, denso anche d’ imprevisti.
Dovrei andare in là, forse troppo con la memoria, ma a naso direi che fu quando partii con la mia Fiat 127 rossa alla volta di Sant’Arcangelo di Romagna, assieme ad una collega giornalista, facemmo un servizio su Tonino Guerra, il celebre sceneggiatore dei nostri più autorevoli registi di cinema, per un mensile che non ebbe poi molta fortuna, chiuse dopo un paio d’anni.
Come vedi nulla di particolarmente avventuroso, ma significativo dal punto di vista umano, una grandissima persona ed un artista unico nel suo genere.
C’è un’esperienza che ti è rimasta particolarmente impressa?
Alcune più di altre, ma dovendo scegliere, direi il mio primo viaggio in Siberia. In quel caso fu veramente un’avventura. Come si può ben immaginare, furono molte le difficoltà tecniche, ma fortunatamente, senza nessun intoppo, portai “a casa” il lavoro. Andai a fotografare i pozzi di gas naturale della russa Gazprom che riforniscono l’Europa e che si trovano a ridosso della città di Novy Urengoy, nella provincia siberiana di Yamalo Nenets.
La tundra siberiana è un ambiente veramente unico che non ti permette di sbagliare, le sue leggi naturali non danno la possibilità di appello.
Come si diventa reporter?
Uno dei nostri grandi maestri, rispondendo ad un allievo che gli chiedeva appunto come diventare un fotografo, gli rispose: “apri una drogheria e poi fai il fotografo”. Questo per dire che, se vuoi iniziare questa professione, devi aver presente che a spingerti avanti ci saranno solo soddisfazioni per nulla materiali, oltre a tanti sacrifici.
Quali sono i requisiti essenziali per diventare un buon reporter?
Come per ogni lavoro: passione, capacità, sacrificio e tanta curiosità intellettuale.
Quali sono le difficoltà di un reporter al giorno d’oggi? E le soddisfazioni più grandi?
“Mala tempora currunt”. L’attuale situazione economica di profonda crisi, specialmente in Italia, vede questo settore molto penalizzato. Se poi aggiungiamo la nostra scarsa cultura fotografica, il patatrac è fatto. L’editoria è in crisi profonda e sul web non si sta meglio per quanto riguarda l’uso e la vendita di immagini. Tieni conto che molti colleghi con nomi notissimi e con splendide carriere, ora non disdegnano di realizzare servizi fotografici per magazine con stili narrativi molto lontani dai loro, un segno dei tempi.
Posso ben immaginare. Ma raccontaci, come si svolge una tua giornata? E quanto tempo impegna il tuo lavoro?
Dipende ovviamente dagli impegni; se sei “sul campo” o se stai realizzando e preparando il progetto. Ogni lavoro che devi realizzare, tempo permettendo, necessita di una preparazione a monte. Per cui ricerca di notizie, contatti, informazioni accurate.
Giornate in cui si realizza un servizio vero e proprio sono poche e molto concentrate per abbattere costi e spese, che altrimenti non vedresti ricompensate dal pagamento che ti viene poi riconosciuto dal giornale o dall’azienda che ti commissiona il lavoro.
Oggi è tutto più difficile, la spendig rewiew ci ha costretto a pensare in fretta e ad agire di conseguenza.
Quali sono i pro e i contro del tuo lavoro?
Questo lavoro è sinceramente di grande soddisfazione personale, hai possibilità di vivere pienamente i tuoi sogni e le tue aspettative. Se ci fosse meno burocrazia e adempimenti più semplici per lavorare, sarebbe da consigliare. Oserei fare considerazioni più che indicare veri ostacoli alla professione. In primo luogo, penso alla diffusione della tecnologia digitale che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione democratica. Rivoluzione che, da parte di noi fotografi, è stata gestita male. Oggi tutti pensano che basti premere il pulsante di scatto per ottenere il risultato desiderato. Cioè, si è diffusa la convinzione che la competenza di un fotografo professionista non sia più indispensabile o che sia quantomeno secondaria.
Poi c’è Facebook e più in generale i social network , che hanno letteralmente cambiato il linguaggio fotografico.
I nostri committenti percepiscono la fotografia in modo diverso rispetto al passato, avendo davanti a loro altri modelli, rappresentati da quello che vedono quotidianamente su Internet.
La qualità, in altri termini, non si distingue più ed è scarsa. Per fortuna, esistono ancora aziende che credono nelle differenze che un professionista può loro garantire.
In tutti questi anni di attività, qual è stato il tuo reportage più bello?
Ti posso rispondere con la domanda che segue, ovvero quello che ancora non ho fatto!
E quello che invece desideri fare e non hai mai fatto?
Ne avrei molti. Dovendo mettere in fila e senza fare molte miglia, vorrei raccontare la quotidianità di un Papa in Vaticano e non, renderlo visibilmente “uomo”, ma ora non credo sia possibile, dovremo aspettare ancora qualche anno.
Sicuramente durante questi anni avrai avuto modo di vedere tanti luoghi, esistono ancora posti che riescono a sorprenderti?
Ogni volta è una continua sorpresa, se sai vedere e non solo guardare, se riesci ad osservare con gli occhi di bimbo, allora il mondo è una continua sorpresa.
Viaggiare e girare il mondo lavorando, è un sogno per molti. Tu che sei riuscito a realizzarlo, cosa consiglieresti a chi vorrebbe apprestarsi a farlo?
Di farlo, appunto.
Di Nicole Cascione 02/01/2013