Marco Ferrarese dà ripetizioni di italiano a Penang e lavora in remoto per due etichette metal e hardcore italiane.

Marco Ferrarese, classe 1980, ha un passato di musica e di tournée, in Europa e Usa, insieme alla sua band. Quando il suo gruppo si è sciolto, Marco non ce l’ha fatta a cercarsi un lavoro normale nella sua ormai troppo stretta Voghera, ed ha dato spazio allo spirito di avventura che l’ha spinto ad andare a insegnare italiano in Cina per poi non riuscire più a fermarsi e proseguire il suo cammino verso l’Australia, passando per il sud est asiatico.
Ogni tanto si ferma, per lavorare o per una donna ma poi qualcosa in lui lo spinge a ripartire alla ricerca di un altro posto dove spendere un po’ della sua vita.
Marco condivide le sue esperienze sul blog www.monkeyrockworld.com
ed ha anche scritto un libro in cui racconta la sua avventura in Cina.

So che in passato il viaggio faceva comunque parte della tua vita ma poi un giorno hai deciso di partire e di non tornare. Quando è stato? È cos’è che ti ha spinto a prendere questa decisione?

La prima volta che lasciai l’Italia avevo 13 anni e andai in Svizzera in treno, a Ginevra, a una marcia della pace. Mi ricorderò sempre di quel piccolo viaggio.
Successivamente, ho girato tutta l’Europa e gli Stati Uniti suonando la chitarra coi The Nerds Rock Inferno, band hardcore punk, e quell’esperienza mi ha sicuramente rovinato. Il tour, la vita in furgone, il muoversi quotidianamente da una città all’altra per suonare un altro concerto, questo tipo di vita mi ha totalmente deteriorato. Già prima era difficile stare fermo,dopo si e’ rivelato impossibile. Quando i miei compagni di gruppo decisero che dopo 10 anni era ora di mettere la testa a posto, a inizio 2007, io tornai in America, deciso a restarci. Dopo 3 mesi di disavventure e aver capito che gli americani e le loro false promesse non facevano più per me, sono tornato in Italia a lavar piatti e servire caffè in un bar della Torino bene, gestito dal mio migliore amico. Lì, quasi per caso, decisi di mettere a frutto il mio talento: le lingue straniere e ancor oggi non so bene come, a ottobre dello stesso anno mi ritrovai nella Cina del Nord Est a insegnare Italiano in una università locale…

Hai trovato subito il luogo adatto per iniziare a costruirti una nuova vita o la cosa ti ha preso un po’ più di tempo?

Diciamo che il luogo mi ha trovato, Qinhuangdao, in Hebei, un posto abbastanza orribile. L’esplorazione e’ venuta durante e alla fine di quell’anno, comunque non ho mai cercato di costruirmi una nuova vita perché io mi stanco facilmente di ogni posto. Ora sto in Malesia per via di una donna, ma ci sto da troppo tempo, e sto contando i giorni che mi separano da una nuova partenza.

Che cosa stai facendo in Malesia per mantenerti?

Purtroppo in questo paese e’ difficile mantenersi, essendo uno dei governi più razzisti del mondo. Pensa che a un amico che ha appena sposato una cinese malese rifiutano addirittura di dare il permesso di soggiorno e lavoro, se non paga una tassa ulteriore… ovviamente se la ragazza fosse stata musulmana questo non sarebbe successo… ma tant’è.
Penang non è un posto dove è facile lavorare per un bianco.
Io sono tornato a studiare, purtroppo, e me la cavo con qualche ripetizione di Inglese e editing di ricerche accademiche, in più lavoro in remoto per due etichette di dischi metal e hardcore italiane, la Cruz del Sur di Roma e la FOAD di Torino.
Non ho problemi a dire che faccio fatica a tirare alla fine del mese, e vivo con meno di 200 euro al mese, pagando un affitto e dovendo fare tutto il resto. Ho sicuramente visto tempi migliori, ma stringo i denti e guardo avanti.

Quali sono le principali differenze che hai riscontrato nella vita di tutti i giorni e nel lavoro rispetto all’Italia?

Lo chiedi alla persona sbagliata, io odio il lavoro e qualsiasi forma di autorità, per questo da sempre ho cercato di lavorare in proprio e di continuare a fare cose all’interno della scena musicale underground, che mi da’ più libertà di espressione.
Per il resto, non vedo molte differenze, qua come in Italia alla gente piace comandare e mettere i piedi in testa agli altri. Riguardo alla situazione universitaria, e’ piuttosto terribile, con moli di lavoro spropositate… e una produzione di cervelli da sottosviluppo.

Hai qualche progetto per il futuro?

Si, lasciare la Malesia, e iniziare un viaggio di ritorno a casa via terra. Molti altri progetti a breve e lungo termine, ma sono un po’ bloccato dalla situazione corrente. Credo vorrei cercare di lavorare un po’ da qualche parte in Asia e di racimolare qualche soldo per iniziare il journey to the West.

Sei mai tornato in Italia?

No, in tre anni. Ho una famiglia in Italia comunque che ha sfruttato l’occasione e mi e’ venuta a trovare due volte. Credo che nel 2012 ritornerò, alla fine di un viaggio via terra, principalmente per sistemare e vendere delle cose materiali che non mi servono più, e spostarmi poi in Sud America per iniziare lì una nuova esplorazione.

Che cosa ti manca del tuo paese?

Vuoi la verità? Il pranzo di Natale. Per il resto, niente.

Hai qualche consiglio per chi vuole intraprendere un cammino simile al tuo?

Si. In linea di massima, la globalizzazione ha reso il mondo piatto e privo di attrattive, quindi i problemi che troviamo a casa li troviamo ovunque, se non anche peggio, perché le culture differenti (soprattutto asiatiche) hanno assorbito l’Occidente in maniera troppo rapida, prendendone il peggio, il consumismo più bieco e il desiderio unico di far soldi e avere status sociale. Insomma, la solita frittata da cui ho cercato una fuga dall’Italia.
Consiglio quindi di avere una mente molto aperta, cercare di entrare a contatto con le poche persone che ancora conducono stili di vita differenti, cercare di aprire gli occhi e cercare quei posti dove e’ ancora possibile entrare a contatto con la natura nel modo più puro. Soprattutto, lasciare a casa i propri preconcetti e il desiderio di fare carriera e successo, perché lo spazio non c’è per tutti, e cercare di addormentarsi la sera pensando “pero’, questa maniera di pensare non è poi così male… forse dovrei imparare qualcosa, metterlo in pratica nella mia vita…”. Altrimenti, se andate in Cina cercando di mangiare gli spaghetti o in India con le mollette sul naso, meglio se ve ne rimanete in Italia e ve lo togliete dalla testa, perché non migliorerà la vostra situazione attuale.

Secondo il ministero degli affari esteri sono oltre 4 milioni gli Italiani che hanno deciso di abbandonare il loro paese natale per costruirsi una vita altrove. Durante questi anni da espatriato ne hai incontrati parecchi? Ti sei fatto un’idea di cosa li accomuna e di cosa li ha spinti ad abbandonare la loro vita in Italia?

No, al contrario, pochissimi. Saranno probabilmente i posti che ho visitato io che non attraggono l’Italiano medio… quelli che ho incontrato generalmente erano over 40 , spessissimo over 50, e molte volte in fuga asiatica (diciamo thailandese) per rifarsi una vita con giovani “donne” locali.
Qualcuno che crede di fare dei buoni business con la moneta di qui sempre favorevole, alcuni turisti… generalmente l’Italiano medio finisce ad aprire un ristorante sulle isole del Sud Est Asiatico, specialmente in Thailandia, moltissimi a Bali…ho conosciuto tantissimi calabresi immigrati ad Adelaide, in Australia, ma quella e’ una situazione particolare perché tutta la cittadina di Caulonia si e’ praticamente trasferita li’ tra l’inizio e la meta’ del 1900… Vedo comunque sempre più inglesi, tedeschi, francesi, americani… anche gli spagnoli ci battono, in numero. Alcuni bei cervelli italiani sono sparsi a studiare in varie università del mondo, questo anche bisogna dirlo.

Se avessi avuto una valida alternativa in Italia saresti partito lo stesso?

Non lo so, probabilmente avevo anche tante valide alternative, ma proprio avevo desiderio di andarmene e vedere altre cose. Non riuscivo più a svegliarmi la mattina con l’ombra di un sorriso. Probabilmente se le cose con la mia band fossero andate meglio, sarei anche rimasto, e avrei viaggiato il più possibile. Quando poi ho capito che stare in giro e’ facile e più economico che vivere in una casa (in qualsiasi parte del mondo, non solo in Italia), alla fine credo che me la sia cercata, questa scelta.

Ogni tanto pensi a tornare a vivere in Italia?

Con sommo dispiacere nel dirlo, quando i miei genitori avranno dei problemi di salute gravi, credo che si’, tornerò a stare in quella bieca provincia padana per qualche tempo. Sto cercando appunto di fare tutto il possibile prima che questo accada. Per il resto, mi rattrista pensare a un bellissimo paese come l’Italia e a come e’ ridotto, e mi dico che forse e’ meglio continuare a fare il nomade.

Qual’è l’episodio che ti ha colpito di più in questi tuoi anni di vagabondaggio?

Probabilmente lo svegliarmi la mattina e vedere che, a dispetto di qualsiasi sfondo geografico, in fondo ai miei occhi quel demone e’ ancora li’ che urla. Più forte di qualsiasi cosa esotica, stramba o estrema che io abbia visto in questi ultimi 3 anni; dall’intensità che hanno avuto, mi paiono già almeno dieci.

Di Giacomo Savonitto 04/11/2010

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